Gust sbarca su PlayStation 4 portando con sé l’esperienza maturata in ben sei episodi della sua serie Atelier, pubblicati sulla precedente home console di Sony. La volontà di allontanarsi da quanto trattato in passato è chiara appena superata la schermata del titolo di Atelier Sophie: The Alchemist of the Mysterious Book, probabilmente nella speranza di assicurarsi la freschezza di un nuovo inizio. La precedente trilogia, comunemente nota come Dusk, ambientava le avventure dei suoi protagonisti in un mondo decadente e sull’orlo di un’apocalisse ambientale, circostanza che cozzava prepotentemente con l’atmosfera ingenua e distesa tipica degli altri episodi, votate principalmente al dipanamento di intrecci dalle velleità squisitamente “slice of life”. Non appena l’industria dell’animazione giapponese è stata letteralmente invasa dall’estetica “moe” e dal filone narrativo “ragazze carine che fanno cose carine”, di riflesso anche la controparte videoludica dell’officina creativa del Sol Levante ha vissuto la medesima trasformazione.
ALCHIMISTE CARINE, PROTAGONISTE DI J-RPG GRAZIOSI
Archiviato definitivamente quanto visto nei tre prequel (che hanno di fatto abbattuto la serie, con sconfortanti risultati di vendita in madre patria), Atelier Sophie si propone come un grande ritorno alla spensieratezza e ai blandi ritmi di una narrativa senza pretese di alcun tipo, allietata da un cast di personaggi non particolarmente brillante, ma comunque capace di tenere in compagnia durante le fase di raccolta degli ingredienti. Per chi si fosse sintonizzato solo ora sulle frequenze di questa serie J-RPG, Atelier propone dall’ormai lontana prima console PlayStation un gameplay focalizzato principalmente sul crafting, ovvero la creazione di oggetti ed equipaggiamenti per mezzo dell’alchimia. Non a caso tutte le protagoniste sono state fino ad ora accomunate proprio dalle loro abilità col calderone magico, caratteristica essenziale e che giustifica gran parte delle situazioni.
Sophie ha ereditato la sua attività dalla nonna e vive nella cittadina di Kirchen Bell, circondata da volti amici e da un mondo lussureggiante tutto da esplorare. La vita tranquilla della giovane viene scossa dalla comparsa di un libro magico, capace di levitare in aria e di parlarle come se fosse senziente: da qui, in un lentissimo crescendo di missioni secondarie, crafting e la conoscenza di tanti altri personaggi interessati ad aprire un’attività commerciale nella cittadina, si farà la conoscenza di Plachta, una misteriosa alchimista vissuta 500 anni prima e la cui anima si è destata per un motivo ben preciso.
Atelier Sophie si propone come un grande ritorno alla spensieratezza
“SCAMBIO EQUIVALENTE?” MA NON FATEMI RIDERE!
La trilogia di Dusk aveva già ventilato la possibilità di semplificare la risoluzione delle missioni e migliorare l’accessibilità di ogni evento a tempo tramite dei comodi segnalatori, ma in Sophie questa filosofia è stata applicata fino all’estremo: addirittura è possibile completare l’avventura senza sottostare all’imprescindibilità della seconda giocata. Una corsa verso la semplificazione e alla ricerca di freschezza che si concretizza anche in un sistema di crafting decisamente più abbordabile di quello visto nei prequel, tanto completo quanto difficile da fare proprio al 100%. Discorso praticamente invariato anche per il sistema di combattimento a turni, evoluzione di quello visto nella trilogia di Dusk, ma molto meno reattivo e interessato da molteplici automatismi che fanno quasi rimpiangere quanto visto nelle battaglie di Atelier Shallie e Atelier Escha & Logy. Schierando quattro personaggi nell’arena, ad ogni comando inserito è possibile selezionare se porsi in posizione attaccante o difensiva, andando così a influenzare le azioni automatiche che i personaggi compiono di turno in turno. Un passo indietro clamoroso rispetto al passato, capace di far sollevare più di qualche sopracciglio soprattutto nelle fasi avanzate, quando ci si spinge nelle zone esplorabili più pericolose facendo prevalentemente leva sull’alchimia, più che su una vera pianificazione strategica o sull’abilità dimostrata sul campo di battaglia.
La stratificazione ludica tipica della serie, perlomeno, rimane invariata, tanto che anche alla ventesima ora di gioco può capitare di trovarsi d’innanzi a un tutorial pronto a spiegare qualche nuova meccanica: in tal senso, la possibilità tardiva di migliorare l’equipaggiamento e potenziarlo sommando l’alchimia e le abilità del fabbro Logy (!) e la stilista Leon risultano fondamentali per poter uscire vivi dalle battaglie nelle fasi avanzate di gioco. In ogni caso nulla che possa impensierire davvero i veterani della serie, che possono anche mettersi a dura prova con la modalità di difficoltà aggiuntiva “Despair” inclusa al lancio.
Atelier Sophie è stato concepito tenendo bene in mente le capacità di PS Vita
Atelier Sophie: The Alchemist of the Mysterious Book segna l’inizio di una nuova identità per la serie, probabilmente mirata ai neofiti e propedeutica alla ricerca di una nuova fanbase, dopo la progressiva perdita di popolarità coincisa con la pubblicazione dei tre capitoli della precedente trilogia. Per certi versi questo episodio del franchise sembra viaggiare col pilota automatico, ma la conferma di un sequel in arrivo in Giappone entro la fine dell’anno sembrerebbe confermare la bontà di questa rinnovata politica. Staremo a vedere.