Sono passati sei anni da Borderlands 3, sia nel mondo reale sia in quello narrativo: come se la cavano Borderlands 4 e Gearbox con una formula più orientata all’open world?
Sviluppatore / Publisher: Gearbox Software / 2K Games Prezzo: 69,99€ Localizzazione: Completa Multiplayer: Online Cooperativo PEGI: 18 Disponibile Su: PC (Steam, Epic Games Store), PS5, Xbox Series X|S, Switch 2 Data di Lancio: 11 settembre (PC), 12 settembre (PS5 e Xbox), 3 ottobre (Switch 2)
Ahh, Borderlands. Una serie di cui mi sono innamorato fin da subito, quando nell’ormai lontano (ahimè) 2009 sentì un gruppo di miei amici che ci stava giocando su Mumble – era davvero un’era geologica fa – e, incuriosito, decisi di provare questo sparatutto cooperativo un po’ pazzo.
Ho sempre avuto un rapporto di amore e odio con gli hack ’n slash tradizionali, la cui teoria mi ha sempre attirato ma la pratica un po’ meno, ma Borderlands? Passai decine e decine di ore a giocarci, e ovviamente appena uscì Borderlands 2 ero lì in prima fila, e ci sarei rimasto per cinquecento ore. Certo, non è sempre stato un rapporto facile. Borderlands 3 fu un misto di amore e odio. Lo spinoff Tiny Tina’s Wonderlands mi lasciò l’amaro in bocca. E Borderlands 4? Beh, Borderlands 4…
BORDERLANDS 4 È IL CANTO DI UNA SIRENA
Il nuovo capitolo della serie di videogiochi di Gearbox Software abbandona Pandora e i pianeti nei dintorni per portarci su un nuovo corpo celeste: il pianeta di Kairos, nascosto per secoli alla vista del resto dell’universo fin quando una certa sirena dalle ali di fuoco ha teletrasportato una luna nella sua atmosfera, infrangendo il campo di mimetizzazione e rivelando Kairos al resto dell’universo. C’è però un motivo se questo pianeta era nascosto: a dominarlo è infatti il temibile e immortale Cronocustode, a capo di un Ordine il cui scopo principale è impedire che chiunque possa accedere alla Cripta (che in realtà è “una” Cripta: in giro per il mondo di gioco ci sono tre Cripte minori).
NUOVO PIANETA, NUOVA STORIA, NUOVI CATTIVONI A CUI SPARARE
Restiamo però un attimo sul fronte narrativo, dato che in Borderlands 3 proprio quello era stato una delusione piuttosto grossa per molti giocatori (e per quanto non sia severo nei suoi confronti come altri, anche per me). Da questo punto di vista devo dire di essere stato colpito positivamente da Borderlands 4 e dal lavoro fatto nel tratteggiare i cattivi: per quanto occasionalmente si faccia sentire, il Cronocustode tende a restare sullo sfondo per gran parte dell’avventura, lasciando il posto ai suoi secondi in comando; e se Idolatra Sol è il classico sbruffone incompetente e un po’ comico, Lictor l’Abietto e Callis sono avversari ben scritti. Bene anche la gestione del ritmo, che nel predecessore soffriva grandemente per i continui ritorni alla Sanctuary III e per il vero e proprio freno a mano che l’avventura tirava dopo la scoppiettante puntata su Promethea e la corsa per salvare Rhys e la Atlas, mentre qui riesce a tenere sempre un buon livello e, soprattutto, a gestirsi meglio i tempi dei dialoghi.
CENTRARE L’AVVENTURA SUL CACCIACRIPTA RENDE PIÙ COINVOLGENTE LA STORIA
MISSILI? GRAZIE, LI ODIO!
Ma passiamo al gameplay. Intanto, Borderlands 3 avrà pur avuto i suoi difetti, ma da questo punto di vista aveva fatto un enorme passo in avanti rispetto a Borderlands 2 (che già veniva superato da The Pre-Sequel) e Borderlands 4 continua sulla stessa strada, mantenendo e raffinando l’ottimo gunplay del predecessore, e lavorando sul lato del movimento, che era un po’ il punto debole del predecessore. Qua invece fra doppi salti, rampini, planate e dash, il combattimento diventa molto più agile e a mio avviso molto più divertente, anche perché tutto questo permette di sfruttare meglio la verticalità a nostro vantaggio: mettersi a planare per il campo di battaglia mentre spariamo dall’alto ai nemici con una shotgun della Torgue non cesserà mai di essere soddisfacente.
TANTE PICCOLE AGGIUNTE SERVONO A RENDERE ANCORA MIGLIORE IL GAMEPLAY

Che ci crediate o no, questo è il SECONDO reattore esposto con cui mi trovo ad avere a che fare da una distanza decisamente non di sicurezza.
Se correre, saltare e volare per il campo di battaglia seminando morte e distruzione è divertentissimo, devo dire di essere rimasto occasionalmente perplesso dall’intelligenza artificiale dei nemici. Per carità, Borderlands non è che abbia mai avuto nemici particolarmente brillanti, e visto il genere di gioco in realtà va anche bene così, ma ogni tanto mi è capitato di trovare davanti al mirino nemici che si muovevano in maniera erratica e insensata, quando non addirittura (raramente) stavano fermi immobili a farsi sparare. Anche i boss mi hanno convinto meno di quanto avrei sperato: quelli principali legati alla storia, o quelli delle Cripte, sono di buona qualità e non li ho affatto disprezzati, ma da questo punto di vista Borderlands 3 aveva fatto un lavoro migliore in termini di varietà, di qualità dei combattimenti, e anche di impatto sonoro: sì, anche qui ci sono belle tracce, ma si fatica ad arrivare ai livelli che raggiungevano anche boss minori (Killavolt, per dirne uno).

Quando tutti i nemici diventano buchi neri alla loro morte, un fucile da cecchino è il tuo miglior amico.
Infine, qualche parola sull’endgame. Solo “qualche” parola perché in realtà… non c’è tantissimo da dire: nella build al lancio, l’endgame consiste nello scalare i livelli Cacciacripta Superiore (Ultimate Vault Hunter nell’originale), nei quali si sale sconfiggendo una serie di miniboss del mondo di gioco al grado attuale, il che ci permetterà di accedere a una missione Jolly, cioè una missione della campagna dalla difficoltà più alta e in cui tutti i nemici hanno modificatori prestabiliti – occhio, perché se uscirete dal gioco a metà missione dovrete ripartire da capo.
NIENTE BOSS INVINCIBILI, PER IL MOMENTO. ARRIVERANNO IN FUTURO
CHE BEGLI OCCHI. NO, DAVVERO! DAMMELI!
Gearbox non è mai stata maestra dell’ottimizzazione, e Borderlands 4 non fa eccezione. Chi riconosce il mio nome in cima a questa recensione saprà anche che la mia macchina da gioco non è al top, ed effettivamente se andiamo a guardare i requisiti minimi di Borderlands 4, siamo lì se non poco sotto; la cosa si è riflessa anche nelle impostazioni consigliate, che mettevano rigorosamente tutto al minimo. Sostituire la RTX 3060 con una Radeon RX 9070 ha ovviamente portato a notevoli miglioramenti, e gli screen che vedete qui intorno sono successivi a questo cambiamento. Chiaramente, anche così i 16 GB di RAM e (soprattutto) il processore, un Ryzen 3600, ancora tirano indietro; mi perdonerete, ma non me la sono sentita di cambiare tre quarti del PC nel bel mezzo di una recensione. Dunque, anche con la RX 9070 le impostazioni consigliate non hanno restituito un’esperienza fluida, con i 60 FPS a 1080p e impostazioni alte non garantiti. Questo finché non ho attivato FSR 4 e Frame Gen, che hanno migliorato sensibilmente la situazione, però… sto recensendo Borderlands 4, non la tecnologia di AMD!
- I settaggi consigliati su una RTX 3060…
- …e su una RX 9070. Che differenza!
L’OTTIMIZZAZIONE NON È MAI STATA UN PUNTO FORTE DI GEARBOX, E BORDERLANDS 4 NON FA ECCEZIONE
In Breve: Nel complesso, Borderlands 4 è indubbiamente un passo in avanti rispetto a un predecessore che aveva lasciato l’amaro in bocca a tanti, del quale ha limato e migliorato i punti di forza del gameplay, fornendoci allo stesso tempo una storia e dei personaggi molto più convincenti. Qualcosa si poteva fare meglio, questo sì, ma nel complesso il gioco centra quello che deve centrare, e i fan della serie ci passeranno senza dubbio parecchie decine di ore. Qualcuno, come me, probabilmente anche di più…
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 5 3600, 16 GB di RAM, GeForce RTX 3060 / Radeon RX 9070, SSD
Com’è, Come Gira: Stilisticamente e dal lato del design dei personaggi e del mondo di gioco, Borderlands 4 non se la cava affatto male. Il problema è che tutto questo è inserito in una cornice la cui ottimizzazione lascia a desiderare. Per fortuna esiste l’FSR 4…