Extinction - Recensione

PC PS4 Xbox One

Tagliamo la testa al toro e immaginiamoci fin da subito Extinction come fosse la trasposizione videoludica non ufficiale del manga L’Attacco dei Giganti, farcita di scontri a terra in stile God of War, un parkour ispirato ad Assassin’s Creed ed enormi avversari da scalare sulla falsariga di Shadow of the Colossus. Intrigante sulla carta, ma da giocare un po’ meno: vediamo il perché.

ARCADE

La storyline di Extinction è molto superficiale, per lo più raccontata tramite righe di testo recitate prima e dopo le missioni della campagna. La premessa è un’invasione di orchi che sta decimando la popolazione: un attacco impossibile da respingere a causa delle dimensioni di alcuni di questi avversari che – per l’appunto – sono giganti capaci di distruggere palazzi interi e qualsiasi sistema difensivo. L’unica speranza per i sopravvissuti è rappresentata dal nostro alter-ego, Avil, un guerriero addestrato in segreto da un maestro di cui si scoprirà lentamente l’origine grazie ad alcuni flashback animati al termine di ogni capitolo. L’espediente narrativo da cui nascono le vicende che, almeno in teoria, dovrebbero spingerci a “scoprire cosa succede poi” è il ritrovamento di un minerale orchesco capace di cambiare le sorti della guerra. Qui mi fermo, perché rischierei di rovinare un canovaccio già striminzito e che certo non rappresenta l’ossatura su cui è stato costruito il gameplay.

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immaginiamoci fin da subito Extinction come fosse la trasposizione videoludica non ufficiale del manga L’Attacco dei Giganti

Tornando a monte, dopo aver lanciato una nuova partita dal menu iniziale di Extinction ci si ritrova in un mondo tridimensionale, con grafica distinta da un cel-shading appena accennato ma soddisfacente, pieno di edifici scalabili verticalmente e hotspot a livello del suolo, attorno ai quali la popolazione residente si riunisce per essere tratta in salvo. Come per magia, in prossimità di questi punti di raccolta spawnano piccoli gruppi di nemici delle nostre dimensioni che cercano di uccidere tutti gli umani presenti, mentre lontano dalle mura della città appaiono gli enormi Ravenii, più lenti ma decisi a raggiungere i confini dell’agglomerato per distruggerli. La campagna single player ruota attorno a questi due elementi, discostandosene molto poco, ed è intervallata sovente da livelli generati proceduralmente. Il nostro compito è salvare quanti più cittadini possibile e fermare gli orchi giganti prima che abbattano il 100% del costruito; ci sono delle piccole varianti del tipo “resisti 6 minuti” o “salva 14 civili”, ivi compresi degli obiettivi secondari come “non morire mai” o “uccidi un Ravenii con gli arti mozzati”, ma la sostanza è sempre quella.

CI VUOLE IL FISICO

Se i nemici della nostra taglia crescono per varietà e tipologia di ingaggio ma si eliminano sempre e comunque con serie di combo semi automatiche (quasi da button mashing), sbarazzarsi di quelli grandi è un po’ più complesso ed è possibile solo decapitandoli con un fendente caricato da una barra che si riempie combattendo. Per arrivare al colpo letale, però, bisogna prima distruggere alcuni pezzi di armatura che da un lato impediscono l’accesso al collo dell’orco e dall’altro forniscono l’energia di cui sopra. Una volta spogliati della cavigliera, ad esempio, i Ravenii posso essere colpiti sul polpaccio al fine di amputargli la gamba e farli cadere; questa ricrescerà nel giro di pochi secondi, sufficienti comunque per salirgli sulla schiena così da raggiungere lo spallaccio, distruggerlo, quindi mozzargli l’avambraccio e via così, finché non si è pronti per sferrare l’attacco finale.

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La storyline di Extinction è molto superficiale

Esistono diverse tipologie di armature, spesso combinate tra loro: alcune per cui basta un colpo, altre che necessitano di più fendenti, altre ancora vulnerabili solo in particolari situazioni o addirittura indistruttibili. Tramite la pressione di un grilletto si attiva un bullet time che permette di prendere la mira e attaccare, mentre con l’altro si lancia una frusta elastica che si aggancia ad alcuni elementi del gigante, dandoci la spinta per compiere salti enormi o scalate apparentemente impossibili. Questo è quanto, tanto che bastano tre minuti di un video di gameplay per riassumere a grandi linee tutte le meccaniche proposte da Extinction.

ANGRY BIRDS

Uccidendo gli orchi o salvando i civili si acquistano punti esperienza che permettono la crescita del personaggio, anche sbloccando nuove abilità come la possibilità di riprendersi immediatamente dopo un attacco, allungare il tempo del bullet time, eseguire doppi salti e planate, o aumentare la barra della salute, ma ai fini della campagna in single player sono miglioramenti di poco conto. Il discorso è ben diverso, però, se l’intenzione è quella di completare tutti gli obiettivi secondari e raggiungere il 100%. Extinction, infatti, punta tutto su questo fattore, in maniera non dissimile da quanto visto in Angry Birds e soci. Abbattere i Ravenii è una cosa alla portata di tutti, ma farlo salvando ogni civile entro un tempo limite mentre si difendono gli edifici dalla furia nemica non è impresa facile. Lo stesso si può dire per tutte le missioni extra che – tra sfide giornaliere, modalità orda, classifiche e livelli procedurali assortiti – garantiscono una longevità potenzialmente infinita a chi dovesse appassionarsi alle meccaniche messe sul piatto dai ragazzi di Iron Galaxy.

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Tramite la pressione di un grilletto si attiva un bullet time

Un esempio su tutti lo merita il discorso parkour: per portare a termine una missione non è essenziale eseguire salti perfetti, magari coordinandoli all’utilizzo della frusta e al bullet time del colpo caricato, visto che il livello di difficoltà è piuttosto contenuto e quando si muore si rinasce senza rischiare mai il game over. Per superare le varie sfide, però, ogni secondo è fondamentale: sbagliare l’aggancio con un hotspot o trovarsi nella condizione di dover ripetere un wall run andato male significa dover ricominciare tutto dall’inizio come nel più classico dei trial & error. In quest’ottica, va detto che il sistema di controllo è piuttosto impreciso, e che a questo si aggiunge un problema di compenetrazione di poligoni che – seppur non frequentissimo – rischia di portare alla noia nel giro di poche ore.

CUI PRODEST?

Giudicare Extinction in maniera sommaria come un titolo da evitare sarebbe comunque sbagliato: per fare il verso all’incipit di questa recensione, se state cercando un God of War dovete sapere che non lo troverete; se volete tuffarvi di testa dalla torre più alta della città come in Assassin’s Creed qui non potrete farlo; se vi eccita l’idea di abbattere pericolosi colossi come nel capolavoro di Fumito Ueda qui non troverete una sfida neanche lontanamente paragonabile. Se, però, siete videogiocatori a cui piacciono gli arcade un po’ grezzi e non storcete il naso davanti alla ripetitività delle meccaniche pur di raccogliere tutte le stelline e raggiungere il Platino, allora Extinction può fare al caso vostro. Ecco, per la cronaca è bene ribadire che io non sono un videogiocatore di quel tipo.

Extinction è un arcade a metà strada tra Shadow of the Colossus, Assassin’s Creed e God of War che però non riesce nell’impresa di sintetizzare gli aspetti migliori di questi tre capisaldi in un’IP convincente. Si fa del sano parkour, si combattono tanti piccoli mob quasi schiacciando a caso sul pad e si decapitano giganti corazzati solo dopo avergli distrutto l’armatura e amputato gli arti necessari a raggiungere la testa, il tutto cercando di mettere in salvo i sopravvissuti all’invasione orchesca e accumulando punti esperienza per aumentare le proprie abilità. Se la campagna ha poco da offrire, sia come ordito narrativo che come sfida, il vero cuore del gioco è nella sua anima da Angry Birds, laddove ogni missione presenta diversi obiettivi secondari che richiedono abilità e dedizione per essere portati a termine. Se vi piace quel genere di gameplay aggiungete tranquillamente un punto al voto che leggerete a fondo pagina, altrimenti passate oltre senza paura.

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Pro

  • Abbattere i giganti è piuttosto divertente.
  • La longevità è potenzialmente infinita, grazie a sfide giornaliere e classifiche.
  • Comparto grafico soddisfacente.

Contro

  • Meccaniche ripetitive.
  • Storyline appena abbozzata.
  • I livelli procedurali sono davvero insipidi.
6.8

Sufficiente

Il fatto che la moglie abbia accettato di avere un marito con dei seri problemi di dipendenza da giochini elettronici, la dice lunga sui compromessi ai quali è dovuto scendere pur di evitare che la sua collezione di cartucce finisse misteriosamente nel bidone della spazzatura. Il suo sogno è quello di arricchirsi facendo un lavoro appagante, anche se chi lo conosce sostiene che sarebbe disposto a diventare semplicemente ricco. Nel mentre, trascorre la domenica mattina facendo le pulizie di casa, ipotizzando cosa accadrebbe se alla sua porta bussassero Elena Fisher e Liara T'Soni, insieme.

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