Final Fantasy VII Rebirth – Recensione

PS5

Abbiamo avuto il piacere e l’onore di recensire in anteprima Final Fantasy VII Rebirth, perdendoci in un nuovo, spettacolare mondo assieme a un gruppo di vecchi amici. Ecco com’è andata.

Sviluppatore / Publisher: Square Enix / Square Enix Prezzo: € 80,98 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PlayStation 5 Data d’uscita: 28 febbraio 2024

Quando terminai Final Fantasy VII Remake nel 2020, ricordo di aver provato una sensazione struggente. Era l’inizio di una strada in salita, popolata da tanti dubbi sul futuro di un progetto forse eccessivamente ambizioso. Quando potrò continuare l’avventura, e su quale macchina? Passano gli anni, e Final Fantasy VII Rebirth si apre con un flashback giocabile dove Cloud racconta ai suoi compagni di viaggio il tragico incidente di Nibelheim, tracciando con spietata dovizia di particolari gli avvenimenti che daranno vita alla discesa agli inferi di Sephiroth, trasformandolo da celebrato eroe a minaccia planetaria.

È un incipit squisito e drammatico, che introduce nuove meccaniche mentre viene impostata la rotta del viaggio che attende il gruppo di eccentrici eroi. A livello di game design, però, si tratta di un contenuto lineare, concettualmente non troppo distante dagli spazi limitati che caratterizzavano il capitolo precedente; che si parli di dungeon o dei grigi vicoli scavati nei bassifondi di Midgar, l’opprimente ambientazione urbana di Final Fantasy VII Remake ha imposto percorsi chiusi e ben delineati. Finito il racconto, la squadra varca le porte della cittadina di Kalm per incamminarsi nuovamente sulle tracce della elusiva nemesi, barattando cemento e mura con rigogliosi spazi aperti. È qui che mi sono innamorato del mondo di Final Fantasy VII. Di nuovo, dopo quasi trent’anni.

LA RESURREZIONE PLANETARIA DI FINAL FANTASY VII REBIRTH

Il mondo di Final Fantasy VII Rebirth è senza dubbio il mio preferito tra quelli creati dalla recente Square Enix, agli antipodi della patetica “fiera del corridoio” che è stato il deludente sedicesimo episodio. Senza giri di parole, è il frutto di un team che ha dimostrato di aver compreso, elaborato ed espanso l’iconica sekaikan di Final Fantasy VII. Cloud e compagni corrono, si arrampicano e nuotano lungo un viaggio che li porterà attraverso enormi regioni (Corel è semplicemente colossale), respirando un senso di libertà per certi versi inedito nella serie, lasciando volutamente fuori l’inarrestabile cosmogonia online di FF XIV.

Il mondo di Final Fantasy VII Rebirth è senza dubbio il mio preferito tra quelli creati dalla recente Square Enix

C’è una decisa diversità nella topografia dei vari biomi, con la relativa linearità dell’altopiano iniziale destinata a cedere il passo a conformazioni più arzigogolate e verticali, spesso esplorabili ricorrendo alle capacità uniche dei chocobo autoctoni, e il colpo d’occhio non delude mai. I colori sono inappuntabili e la ricerca meticolosa (solo applausi scroscianti per quello che vi aspetta dalle parti di Cosmo Canyon) dei particolari nelle aree abitate è francamente maniacale: assieme a un accompagnamento sonoro che scalda il cuore, il risultato complessivo risulta assolutamente stupefacente. Purtroppo un mondo tanto bello non riesce a sottrarsi del tutto a una gestione delle attività secondarie derivativa, con tanto di torri da attivare e una serie di compiti ricorrenti che, passata la curiosità iniziale, inizieranno a sapere di già visto. Devo ammettere però che la cosa non mi ha mai infastidito più di tanto durante le circa settanta ore trascorse per completare il gioco, cercando di fare il più possibile nel tempo concesso per questa recensione.

I chocobo sono fondamentali. Nel gioco ne troverete di diverse pigmentazioni, ognuna con caratteristiche specifiche.

Tra rari nemici da sconfiggere e tesori sepolti che attendono solo di essere fiutati e disotterrati dalle nostre pennute cavalcature, ho trovato piacevole avere a disposizione una robusta serie di compiti da svolgere in rapida successione per salire di livello efficacemente senza ricorrere al grinding, intascando al contempo oggetti utili e concorrendo alla stesura del dossier locale. Questo è scrupolosamente aggiornato dal cyborg Chadley, l’NPC che nell’avventura precedente elargiva Materie particolari risolvendo sfide immerse nella realtà virtuale. Soddisfare le sue richieste rivelerà progressivamente nuovi punti d’interesse e importanti missioni collaterali; tra queste spiccano l’intrigante (le “regole” cambiano in base alla regione) caccia alle parti di un esoterico manufatto e lo studio dell’Esper che presiede ogni area.

Un mondo tanto bello non riesce a sottrarsi del tutto a una gestione delle attività secondarie derivativa

Sconfiggetelo nelle sfide VR di cui sopra e guadagnerete il diritto di chiamarlo in aiuto equipaggiando la sua Materia, tuttavia è prima consigliabile scovare e analizzare gli altari nascosti per addolcire un combattimento inizialmente insormontabile e mettere le mani su un’evocazione più potente. Andare a caccia di segreti frutta inoltre appositi punti ricerca da consegnare a Chadley in cambio di Materie dotate di poteri spesso unici come il salto, per giocare a fare i Dragoon alla faccia di Kain Highwind: ogni regione offre un proprio campionario, quindi vale la pena darsi da fare.

UN VIAGGIO CORALE

Anche nel level design dei dungeon i progressi sono evidenti, con mappe più articolate e interessanti di quelle viste in FF VII Remake. A volte le circostanze renderanno mutevole la formazione del party, donando un pizzico di varietà supplementare all’esplorazione grazie a percorsi cuciti attorno alle abilità del personaggio di turno: Yuffie, ad esempio, potrà volteggiare nel vuoto lanciando un rampino, mente Cait Sith dovrà risolvere puzzle ambientali grazie ai muscoli del suo moogle. Tutto attorno, infiniti reagenti da raccogliere, ché Final Fantasy VII Rebirth pone una forte enfasi su un trasmutatore che si renderà disponibile all’inizio del gioco. Questo serve a creare istantaneamente equipaggiamento e oggetti curativi, una trovata riconducibile al calderone alchemico di Dragon Quest che risparmia la seccatura di spendere Gil e tempo facendo la spola presso negozi e distributori. Il sistema di combattimento è stato ampliato, conservando però qualche vecchio peccatuccio. Tra questi segnaliamo una telecamera sempre troppo vicina al personaggio utilizzato e la scarsa leggibilità dell’azione che spesso penalizza i duelli con i boss, intenti a soffocare l’arena con effetti speciali, bersagli periferici difficili da inquadrare e una rapidità sulle prime disorientante. Ammetto di aver ricominciato più volte una manciata di boss fight, sacrificando il primo tentativo per inquadrare le opzioni belliche del mio avversario e capire effettivamente cosa stesse accadendo ai miei poveri guerrieri.

 MAI è l’assistente di Chadley, e vi assisterà nelle battute di caccia più impegnative. La sua voce squillante è l’unico punto debole in un doppiaggio altrimenti inattaccabile.

Come sempre è facile alternare il protagonista da controllare durante la pugna, ma è necessario un po’ di impegno per ottimizzare il comportamento degli alleati comandati dalla CPU, orfani di un sistema simile all’apprezzato Gambit di FF XII e, dunque, condannati a usare autonomamente solo gli attacchi base se non equipaggiati con rare Materie comportamentali che li spingeranno a scatenarsi tra magie e abilità. Una migliore intelligenza artificiale sarebbe stata preferibile ma, detto questo, il rodato sistema in tempo reale si conferma divertente e esaltante in egual misura, grazie anche a una serie convincente di competenze speciali, differenti a seconda dell’eroe controllato.

Il sistema di combattimento è stato ampliato, conservando però qualche vecchio peccatuccio

Accessori e armi dispongono come sempre di alloggiamenti ove posizionare Materie di ogni tipo per variare all’occorrenza la dotazione di incantesimi e poteri, ma la padronanza di lame e affini non si limita ad aggiungere stabilmente all’arsenale le loro personali mosse speciali come avveniva in Remake o in FF IX, bensì anche ad attivare una serie di piccoli ma importanti bonus chiamati prerogative, destinati a crescere in base all’uso. Scegliere se brandire una Spada Runica o l’iconica Buster Sword diventa dunque un’operazione da ponderare accuratamente al netto dei meri valori di attacco, perché le prerogative dell’una differiranno da quelle dell’altra.

Costa del Sol significa fanservice. A vagonate!

Grande importanza è stata riposta nelle nuove abilità sinergiche, ovvero tecniche da eseguire in coppia con cui causare danno, aumentare i segmenti della ATB (l’indicatore che governa tutto quello che è estraneo alle combo base, rallentando il tempo per consentire l’uso di oggetti e incantesimi con relativa calma) e addirittura agevolare l’uso delle successive magie, annullando ad esempio il consumo di mana. Possono essere apprese sbloccando nodi sull’ennesima declinazione della classica Sferografia, curiosamente accessibile solo presso appositi vendor; è importante segnalare che i Punti Espansione qui investiti possono essere revocati e riassegnati a piacere, mentre l’accesso ai vantaggi più incisivi è subordinato al livello della squadra, un valore che cresce progredendo con la storia e risolvendo le missioni secondarie, tanto per enfatizzare ulteriormente la loro importanza nell’economia del gioco.

DOVE STIAMO ANDANDO?

Questa è una cosa che non mi stancherò mai di ripetere: il valore del Final Fantasy VII “originale” resta intoccabile, e si conferma oggigiorno come un’esperienza che tutti possono recuperare, considerata la capillare diffusione del gioco su una miriade di piattaforme. Nella sua parziale riscrittura, Final Fantasy VII Rebirth offre numerosi spunti inediti per incuriosire i veterani, approfondendo la storia di personaggi originariamente relegati in secondo piano come Barret e Nanaki e mettendo in gioco una manciata di nuove pedine; tra queste le più misteriose risultano sicuramente gli efebici uomini coperti da un nero sudario, vacui nel loro girovagare apparentemente caotico, tuttavia indissolubilmente legati all’imperscrutabile disegno finale di Sephiroth.

Dopo Ichiban, anche Cloud sarà un grande protagonista della prossima estate.

Funziona tutto discretamente bene e, anzi, assistere al “restauro” della parata di Junon e di altre sequenze memorabili dona un’innegabile soddisfazione; dovremo però attendere la conclusione della trilogia per valutare l’effettivo impatto delle novità. Al momento la cadenza di particolari passaggi – su cui non mi sbottonerò per evitare fastidiose rivelazioni – risulta un filo prolissa anche per “colpa” della gargantuesca dose di sottogiochi e attività secondarie. Credo che online abbiate sghignazzato un po’ tutti davanti alle foto di Cloud che sfreccia in Segway tra i litorali di Costa del Sol (un comportamento indubbiamente sbarazzino, quando hai un pianeta da salvare!), ma vi garantisco che Square Enix non si è risparmiata pur di farvi passare qualche ora spensierata tra un combattimento e l’altro.

Nella sua parziale riscrittura, Final Fantasy VII Rebirth offre numerosi spunti inediti per incuriosire i veterani

L’ormai inevitabile gioco di carte collezionabili si chiama stavolta Regina Rossa, tuttavia troverete qualcosa con cui divertirvi anche se Magic e derivati non hanno mai fatto breccia nel vostro cuore. Basta una gita al Gold Saucer, del resto, per abbandonarsi alle ultime attrazioni in VR, falciando nemici a tutta birra sulla tangenziale di Midgar a cavallo della fida Hardy-Daytona o partecipando alle corse dei Chocobo, un passatempo talmente ben riuscito e divertente da eclissare senza troppi sforzi un gioco a prezzo pieno come il mediocre Chocobo GP.

In Breve: È un po’ come tornare in compagnia di vecchi amici provenienti da un passato impossibile da dimenticare: Final Fantasy VII Rebirth continua con successo l’opera di riscrittura iniziata quattro anni fa, traghettando Cloud e compagni in un open world di rara bellezza. Una certa ripetitività nelle attività secondarie e qualche peccatuccio legato al sistema di combattimento – esaltante ma non ancora perfetto – rappresentano piccolezze personalmente trascurabili di fronte a una reunion di siffatta caratura. Raccomandarlo è una banale formalità.

Piattaforma di Prova: PS5
Com’è, Come Gira: Final Fantasy VII Remake offre due modalità di visualizzazione, con Performance che cerca di assestare l’azione sui 60fp rinunciando ai 4K. Un proposito che non riesce a mantenere in ogni situazione, anche se va detto che, al netto di un paio di rari casi, la maggiore fluidità è quasi sempre garantita durante i combattimenti. Doppiaggio in inglese e giapponese di gran pregio: qualunque sia la vostra preferenza non resterete delusi.

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Pro

  • Direzione artistica straordinaria / combattimenti arcade sfaccettati e godibili / C'è davvero tanto da fare / Finalmente il secondo capitolo!

Contro

  • Cadenza narrativa non sempre costante e convincente / Open world ricco di opportunità, ma inevitabilmente ripetitivo nell'esecuzione
9.4

Ottimo

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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