Necropolis : A Diabolical Dungeon Delve - Recensione

PC PS4 Xbox One

Necropolis, Necropolis, perché sei tu Necropolis? Un titolo in singolo e co-op su cui si sono cumulate parecchie aspettative, in virtù del pedigree degli sviluppatori, della produzione Bandai Namco e di un mix di caratteristiche maledettamente intriganti, ma che alla fine è stato accolto tiepidamente dalla critica e addirittura con astio da tantissimi utenti di Steam. Un dungeon crawler preminentemente action, per la precisione, con concatenazione algoritmica di scenari e nemici, permadeath e un sistema di combattimento dichiaratamente ispirato ai Souls. Io stesso mi ero costruito un piccolo hype personale, e speravo che gli autori degli ottimi Shadowrun riuscissero a stupirmi con un tocco originale alle fonti d’ispirazione. Purtroppo, si è rivelato vero solo in parte.

VOLLI, FORTISSIMAMENTE VOLLI

Per onestà intellettuale devo dire di aver trovato diverse conferme, nei termini di ciò che mi aspettavo e di quel che è stato realizzato. Il gioco di Harebrained Schemes riesce a prenderti per il collo inducendo pura assuefazione, e ho sentito il desiderio incontrollabile di tornarci più e più volte, fino a portare l’eroe alla fine del labirinto di Necropolis. Ed è questo, al di là delle sfide di vario genere, l’unico vero obiettivo: giungere alla fine di tutti i livelli di gioco, passando per una serie di luoghi “simbolici” ricorrenti (quelli, insomma, prima di passare al “piano” successivo) e da venditori che vengono posizionati in modo diverso a ogni playthrough, insieme alle intricate ambientazioni, alle tipologie di nemici e alla qualità del loot (anche per un minimo di crafting sui consumabili) che avversari e casse ci forniscono in discreta quantità.

Necropolis

Speravo che gli autori degli ottimi Shadowrun riuscissero a stupirmi con un tocco originale alle fonti d’ispirazione

A ogni morte verremo riportati alla linea di partenza, con la scelta del sesso e dei colori della prima armatura ma anche con alcuni piccoli tocchi – intelligenti, a mio modo di vedere – di continuità rispetto all’avventura precedente. Se, infatti, il denaro cumulato, ingredienti, armi e nuovi completi di corazze spariranno alla nostra uccisione, nella partita seguente potremo portarci appresso una speciale risorsa – i Codici – guadagnata col punteggio o col superamento delle sfide semi-casuali: tali oggetti possono essere investiti in una serie di abilità da attivare una per volta, riguardanti ad esempio il ripristino della salute danneggiando i nemici, il recupero della stamina o altri vantaggi rivolti tanto ai singoli avventurieri quanto ai gruppi in co-op. Il tutto va poi riportato a un linguaggio fra il serio e il faceto, che strizza l’occhio al classico ermetismo dei Souls e non manca di pungente ironia, nel costringerci comunque a “interpretare” sul campo ogni item, magia o arma che riusciremo a reperire.

Scudi e strumenti d’offesa, in particolare, recano solo e unicamente il livello di potenza, da uno a quattro, e l’unico modo di verificarne l’efficacia è usarli in combattimento, brandendo i colpi veloci, caricati o gli attacchi speciali messi a disposizione. L’ascendenza dai giochi di Miyazaki è evidente, e tuttavia non mancano piccole variazioni o scelte più precise: possiamo, ad esempio, tenere in inventario solo due armi per la mano destra, mentre la sinistra può alternare lo stesso numero di scudi e gingilli sulla distanza; per le schivate viene preferito il salto all’indietro alla rotolata, più in stile Bloodborne, e si fa mediamente più stretta la frequenza per il recupero della stamina o il lancio di dardi e proiettili magici; infine, tra gli spunti più rilevanti, abbiamo la barra della stamina che diminuisce se non ci serviamo del giusto nutrimento, che sia una pozione o un bel cosciotto (che vale anche come medkit, con diversa efficacia e il rischio di dare di stomaco se è di scarsa qualità…). Tornando, poi, alle conseguenze del permadeath, e dunque alla rigenerazione dello scenario, già alla seconda partita è evidente come i nemici e gli elementi delle mappe incontrati nelle fasi più avanzate vengano mischiati nei primi livelli, in modo da offrirci subito un mix di elementi estetici e di sfida un pochino più variegato. Ma proprio un pochino.

I PECCATI DI NECROPOLIS

Se l’amalgama continua a intrigare e, anche nel gioco, riesce in qualche modo a spingerci avanti, sulla media distanza Necropolis inizia a peccare per varietà e costanza qualitativa. Talvolta non sembra nemmeno credere in quello che fa: solo raramente i set di movimenti per armi e nemici sono degni di nota, e lo sviluppatore sembra aver smesso di crederci anche nella scrittura delle AI (testa bassa, colpi sulla distanza e via andare, a parte la diversa titubanza nel venirci incontro), o nell’elaborazione di pezzi di mappa e avversari abbastanza vari da essere concatenati senza sapere presto di già visto. Spesso la morte arriva quasi per sfinimento, dopo ore spese in zone dei livelli malignamente “circolari”, con la scarsa media della difficoltà che finisce per ipnotizzarci, e i nemici che ci stringono in qualche angolo facendoci maledire la mancanza della rotolata.

Necropolis

Sulla media distanza Necropolis inizia a peccare per varietà e costanza qualitativa

Ci sono anche dei difetti tecnici, per la verità, come i violenti e misteriosi scatti della visuale che interessano i controlli su mouse e tastiera, oppure scelte non esattamente esaltanti come il limite alla lista amici del co-op a quattro. Il peccato più grave, però, si consuma in quello che abbiamo appena detto, in una complessità che promette scintille e, alla fine, non riesce a sublimare le sue linee d’ispirazione. Le varianti di tank, maghetti, ragni e aberrazioni suicide fanno quasi tenerezza di fronte alle controparti di un Dark Souls a caso, e la scarsa apertura della generazione procedurale ha finito per farmi pensare a No Man’s Sky – che ovviamente non c’entra nulla in termini di genere o ambientazione ma, nondimeno, sta per fissare nuovi e pazzeschi standard per qualsiasi ambientazione algoritmicamente creata. Ci vuole il giusto matrimonio fra prudenza e coraggio, quando si esplora qualcosa che non si è mai fatto, e Harebrained è riuscita a tener dritta la barra solo fino a un certo punto. Evidentemente non è bastato.

Necropolis riesce a mantenere le promesse in termini di amalgama, ma non le aspettative sulla qualità. Il mix di dungeon crawler in salsa d’azione e combattimento soulslike è intrigante come pensavamo, ma la varietà e l’approfondimento sulle caratteristiche non riescono ad andare oltre un certo livello, facendoci intendere troppo presto la forte ripetitività di fondo. L’accattivante stile visivo è sempre lì per farsi ammirare, così come l’intelligente stilizzazione delle tipologie di giochi a cui Necropolis fa riferimento; a parte questo, però, è facile che non vi rimanga molto altro nella memoria, se non la sensazione di essere rimasti temporaneamente assuefatti e, almeno a tratti, di esservi divertiti. L’idea di base meritava molto di più.

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Pro

  • Intelligente mix di vecchie e nuove consuetudini.
  • Più che piacevole a livello visivo.
  • Addirittura arguto in alcuni tratti.

Contro

  • Prezzo esagerato (27,99 euro), per quel che offre.
  • La generazione degli scenari mostra presto la corda.
  • Poca reale varietà di equipaggiamento e nemici.
6.8

Sufficiente

Marietto è così dentro alla sci-fi che non riesce a trovare la strada per uscirne. Per lui i videogiochi sono proprio questo, una porta per accedere a un pezzo di fantascienza che si realizza qui e ora, senza aspettare la fine del mondo.

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