One Many Nobody – Recensione

PC

Restare prigionieri di una fabbrica completamente immemori, e uscirne clonandosi a più non posso è il folle scopo di One Many Nobody, machiavellico puzzle-platformer degli abruzzesi Chestnut Games.

Sviluppatore / Publisher: Chestnut Games / Chestnut Games Prezzo: 11,79 € Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: N.D. Disponibile Su: PC (Steam) Data di Lancio: Disponibile

Svegliarsi col mal di testa, lasciatevelo dire da un vecchio amico che ne soffre piuttosto spesso, è già di per sé poco piacevole. Ma immaginate quanto possa essere destabilizzante, invece, svegliarsi col mal di testa in una fabbrica che sembra piuttosto una prigione, con pochi ricordi molto confusi e soprattutto con una gran voglia di uscire alla luce del sole, pur sapendo – quasi istintivamente – che non sarà facile.

Beh, è esattamente la situazione provata dall’anonimo protagonista di One Many Nobody, gioco ambientato in un futuro distopico dove la razza umana è ormai giunta al capolinea e, per non soccombere, è costretta a scelte etiche a dir poco estreme. Meglio non addentrarsi oltre nella sceneggiatura onde evitare spoiler: scoprirete tutti i dettagli della situazione a mano a mano che proseguirete nel gioco.

PER ADESSO, ACCONTENTATEVI DI SAPERE CHE… 

One Many Nobody è un puzzle game strutturato come un platformer a livelli. Ognuno di essi occupa una schermata o poco più e l’obiettivo del nostro disgraziato eroe è guadagnare l’uscita. Chiaramente, il nostro compito di giocatori è indicargli come, e non sarà affatto semplice: ogni stage è disseminato di trappole letali, laser, spuntoni, guardie armate, piattaforme semoventi e meccanismi da azionare col proprio peso (o con le immancabili casse spostabili) e l’uscita è sempre un po’ più in là di quanto possa essere umanamente raggiungibile (su una piattaforma troppo in alto, dietro a un muro invalicabile o addirittura in un’altra stanza, senza alcuna porta da cui entrare).

one many nobody

Qui occorrerà usare gli ostacoli a nostro vantaggio.

ogni stage è disseminato di trappole letali, laser, spuntoni, guardie armate

Fortuna vuole, però, che questo sia un gioco di fantascienza e che in ciascun livello ci siano anche delle macchine clonatrici: già, per varcare l’ambito uscito è sempre necessario clonarsi e lasciare che il nostro vecchio noi (o che le nostre copie) rimangano per sempre intrappolate da qualche parte, diventando praticamente funzionali alla soluzione senza alcuna possibilità di salvezza. Vi sembra truce? Aspettate di leggere il paragrafo che segue.

SACRIFICARSI PER LA CAUSA 

Come se clonarsi e abbandonare gli altri se stessi al loro destino non fosse già abbastanza cinico, il gioco impone un numero massimo di cloni “esistenti” in ciascun livello. Questo significa, in pratica, che se ci dovesse servire un ulteriore passaggio in una macchina clonatrice, una delle nostre copie dovrà immolarsi sull’altare del counter, scegliendo l’opzione più rapida per il suicidio – sia essa una coppia di spuntoni, un laser o una guardia pronta a spararci. Non abbiamo un limite di tempo, per fortuna, per cui possiamo ponderare tranquillamente le nostre mosse e, qualora ci accorgessimo di essere rimasti intrappolati in un loop da cui è impossibile uscire, possiamo anche ripetere il livello da capo.

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Tante stanze in cui muoversi e solo tre noi stessi da usare. Ci toccherà suicidarsi parecchio per vincere…

A seconda delle macchine usate per la clonazione, i nostri alias possono muoversi in modo indipendente o sincronizzato e, in qualsiasi momento, possiamo scegliere quale dei diversi “noi” muovere con il joypad, realizzando diverse forme di collaborazione (la più banale di tutte: salire in spalla di un altro clone per raggiungere piattaforme troppo elevate per saltarci sopra direttamente). Il risultato è un rompicapo dalle dinamiche veloci e avvincenti ma dai toni piuttosto cupi, permeato da una buona dose di umorismo nero.

STILE VINTAGE MA NON SOLO 

L’altro aspetto che salta subito all’occhio è la grafica in pixel art. Non faccio mistero di non essere un grande amante di questa ‘corrente artistica’: poiché si deve la sua nascita a precise limitazioni tecniche del passato.

one many nobody

Come ai bei tempi, la grafica è idealmente divisa in cellette da 8×8 pixel.

Ritengo dunque corretto adottarla soltanto quando si vuole ottenere un preciso impatto scenico o collocare un gioco moderno in un’era antecedente del videoludo, ma in tutti gli altri casi si rischia di farne un abuso ingiustificato. One Many Nobody, con la sua impostazione, ci porta sicuramente indietro di qualche anno, ma non mi sembra che la pixel art aggiunga valore all’esperienza di gioco, semmai contribuisce a dare un impatto visivo vintage e a stemperare lo splatter che inevitabilmente comporta un gioco dove si muore così agevolmente.

Una sfida diabolica e avvincente in cui i programmatori hanno dosato perfidia e difficoltà con grande attenzione

Di sicuro parliamo di una pixel art fatta molto bene, con personaggi ed elementi grafici ‘cubettosi’ ma molto ben riconoscibili e piacevolmente animati. Insomma, un lavoro a tono e ben fatto, che accompagna un gameplay complicato ad uso e consumo di chi ama i rompicapo in cui strategia, precisione, riflessi e preciso calcolo dei tempi sono indispensabili per vincere. Una sfida diabolica e avvincente in cui i programmatori hanno dosato perfidia e difficoltà con grande attenzione, incuriosendoci ogni volta su cosa si saranno inventati per il livello successivo.

In Breve: Difficile restare indifferenti di fronte a un gioco come One Many Nobody. Il gameplay cinico e machiavellico è un po’ duro da affrontare all’inizio, ma ci si abitua in fretta all’idea e la strana follia di clonarsi per ammazzarsi subito dopo, in qualche modo, funziona e diventa addirittura spassosa. Un gioco capace di mettere a dura prova riflessi, precisione e strategia di pianificazione delle mosse, con 100 livelli di progressiva malvagità che si possono affrontare anche in modalità speedrun, presumibilmente una volta usciti vittoriosi in modalità normale. Non tutti possono avere la pazienza per affrontarlo, ma gli amanti dei rompicapo sicuramente sì.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Core i5 11600K, 32 GB di RAM, RTX 3060 Ti, SSD, 1920×1080
Com’è, Come Gira: One Many Nobody può funzionare senza problemi su PC che hanno più di 10 anni sulle spalle, addirittura con grafica integrata nella CPU. Inutile quindi specificare che sulla configurazione di prova ha fatto faville.

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Pro

  • Gradevole impostazione retrò con progressi moderni / 100 livelli con cui impazzire / Gameplay originale e avvincente.

Contro

  • La pixel art non può piacere a tutti / Certi enigmi sono davvero troppo arzigogolati.
8.8

Più che buono

Diffidate delle imitazioni. Il vero prototipo di tecno-nerd ce l’abbiamo noi e si chiama Paolo Besser. La CBS vorrebbe darci un sacco di soldi per un suo cameo in un episodio di BIg Bang Theory, ma il nostro rifiuto è netto e deciso: dopotutto, sapete che figura barbina farebbe fare a Leonard e Sheldon?

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