Resident Evil 7: Biohazard - Recensione

PC PS4 Xbox One

Quando decidi di mettere pesantemente mano a una serie storica, inevitabilmente gli animi si infiammano. Con Resident Evil 7 già da diversi mesi si sta consumando una battaglia intestina fra i fan storici, divisi come non mai di fronte a questo cambiamento radicale, il più importante dai tempi del quarto episodio firmato Shinji Mikami. Del resto, se svolta deve essere, è meglio che sia davvero tale e non una banale correzione di rotta che – nove volte su dieci – ha come unico risultato scontentare tutti. Quindi ben venga questa nuova impostazione, dove l’orrore ci travolge in prima persona, costringendoci a guardare con occhi sbarrati la follia e il delirio che trasudano da ogni trave di casa Baker.

BENVENUTI IN FAMIGLIA

Dopo i bagordi e gli eccessi dell’ultimo Resident Evil, si fa quasi fatica ad abituarsi a questo nuovo corso fatto di ambientazioni claustrofobiche e silenzi rotti da inquietanti rumori. Eppure c’è qualcosa di familiare, che in qualche modo ci riporta alla mente gli esordi della serie, presso quella magione piena di segreti e creature davvero poco socievoli. Non commettete però l’errore di considerare Resident Evil 7 una sorta di remake dei bei tempi andati, perché in realtà le similitudini, benché presenti, hanno più che altro un sapore citazionistico. Lo si capisce fin dai primi minuti, quando la nebbiosa trama inizia lentamente a dipanarsi. Senza spoilerarvi nulla, sappiate solo che la storia ruota intorno a Ethan Winters, un giovane uomo la cui compagna, Mia, risulta misteriosamente scomparsa da più di tre anni. Potete ben immaginare la sua reazione nel momento in cui riceve per email un video registrato proprio dalla sua amata, che però gli intima di non cercarla in alcun modo. Ma al cuor non si comanda e così, in men che non si dica, il buon Ethan si andrà a infilare proprio nella tana del lupo, che questa volta ha la forma di una lugubre casa coloniale nel bel mezzo della lacustre Louisiana. Come potete ben immaginare, le cose molto presto si metteranno molto male (con un plot twist buttato lì, pronti via) e, in men che non si dica, ci troveremo seduti a tavola con tutta la famiglia Baker, gente che ama pasteggiare con viscere e interiora di non si sa bene chi. Il viaggio nell’incubo inizierà proprio da qui e metterà a dura prova tutto il nostro apparato digerente.

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Resident Evil 7 è sicuramente l’episodio più inquietante della serie dai suoi esordi

Sì, perché Resident Evil 7 è sicuramente l’episodio più inquietante della serie dai suoi esordi, solo che allora bisognava accontentarsi di fondali prerenderizzati e personaggi composti da una manciata di poligoni e texture, mentre oggi il nuovo motore grafico sviluppato da Capcom punta tutto sul fotorealismo. Inoltre, la visuale in prima persona rende l’approccio al gioco molto più personale, una scelta che non a caso abbiamo ritrovato in molteplici produzioni moderne, da Outlast a Daylight, per non parlare di serie come Penumbra e Amnesia. Nulla di nuovo di per sé, ma il tocco da tripla-A c’è e si vede, nonostante l’enorme differenza di budget rispetto alla mastodontica produzione di Resident Evil 6. Quel che colpisce, al di là dell’aspetto tecnico sul quale tornerò più tardi, è indubbiamente l’impatto che questa decisione ha portato sul gameplay, volutamente orientato al survival in tutti i suoi aspetti. In questo senso, i riferimenti alla saga storica sono fin troppo palesi. Anzitutto non esiste alcuna forma di rigenerazione automatica dell’energia: quando subiamo un attacco, lo schermo inizia a popolarsi di macchie rosse, a indicare il nostro stato di salute sempre più precario. In questi frangenti possiamo solo affidarci alle immancabili piantine verdi, marchio di fabbrica della serie, possibilmente mischiate a soluzioni chimiche in grado di potenziarne l’effetto. Il problema è che se ne trovano poche in giro e, oltretutto, tocca confrontarsi con un inventario vecchia scuola, di quelli suddivisi in caselle. In particolare all’inizio è davvero ardua decidere cosa portarsi dietro e cosa no, dato che ogni oggetto occupa uno spazio, o anche due, come nel caso del fucile a pompa. Per fortuna nel corso dell’avventura troveremo degli zaini più capienti, ma in diverse occasioni toccherà comunque fare una capatina presso la save room più vicina, dove non mancherà un utilissimo baule. Ricorda qualcosa?

L’unica variante positiva rispetto ai primi Resident Evil sono i salvataggi pressoché infiniti, pertanto non dovrete centellinare quei maledetti “ink ribbon”. Inoltre, quando state per affrontare una situazione potenzialmente mortale, si attiva un checkpoint in automatico, quindi in realtà è abbastanza difficile trovarsi nella spiacevole situazione di perdere mezz’ora di giocato per un errore di valutazione. Badate che ho detto difficile, non impossibile, quindi meglio non abbassare mai la guardia e centellinare l’uso delle armi, preferendo un’onorevole fuga a un confronto diretto. I nemici, infatti, sono spesso in grado di incassare un gran numero di proiettili, che oltretutto scarseggiano peggio dell’acqua nel deserto. Conviene quindi dare fuoco alle polveri solo quando non esistono alternative, possibilmente senza farsi prendere dal panico. Facile a dirsi…

DEAD CAN DANCE

Pur senza indugiare nei fin troppi fantasiosi enigmi dei primi capitoli, anche Resident Evil 7 ci mettere di fronte ad alcune “prove”, a dir la verità nessuna delle quali particolarmente impegnativa. Risulta molto interessante invece il discorso delle sequenze VCR, che sono sì opzionali, ma spesso permettono di incappare in suggerimenti molto utili per risolvere dei passaggi altrimenti più ostici; sequenze che, oltre a raccontarci retroscena e dettagli aggiuntivi, possono davvero aiutarci in modo concreto. Ed è bene non trascurare questi aiuti, perché Resident Evil 7 è un titolo che non fa regali a nessuno in termini di difficoltà; anzi, in alcun frangenti tende a essere fin troppo punitivo. Mi riferisco in particolar modo agli scontri con i boss, davvero molto impegnativi, quasi frustranti già a livello di difficoltà medio. Più che altro, occorre avere molta pazienza e caparbietà, dato che possono incassare un’infinità di colpi prima di cedere; inoltre, a ogni attacco subito, Ethan rischia di trovarsi a un passo dalla morte.

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È bene prepararsi a una danza macabra fatta di mutazioni orrende, bizzarri esperimenti, creature orripilanti e molto altro

Detto questo, l’esperienza generale risulta estremamente coinvolgente, permeata da una costante tensione che sembra non abbandonarci mai. Pur senza farsi mancare i proverbiali “scary jump”, il gioco riesce a trasmettere un’insistente inquietudine, quasi come un ragno che ti cammina sulla spalla… lo percepisci appena, ma solo quando lo vedi inizi a urlare come una bambinetta (ogni riferimento a persone realmente esistenti è puramente casuale). Al contrario di The Evil Within, che puntava unicamente sul disgustare lo spettatore, qui ci troviamo al cospetto di in un perfetto equilibrio fra lo slasher più becero e l’horror psicologico, il tutto senza tradire le radici della serie. Perché in fondo questo rimane un Resident Evil ed è quindi bene prepararsi a una danza macabra fatta di mutazioni orrende, bizzarri esperimenti, creature orripilanti e molto altro che non vi voglio anticipare. Sappiate solo che le sorprese non mancheranno, anche in termini di ambientazioni.

TERRORE A 60 FPS

Come accennato nel corso della recensione, Resident Evil 7 vanta un engine nuovo di zecca, che sfrutta tutte le moderne tecnologie in termini di rendering per conferire ai vari ambienti un tocco di fotorealismo del tutto assente nelle produzioni passate. Il risultato è tremendamente convincente nel trasmettere l’impressione di muoversi in un luogo malsano, trascurato e decisamente minaccioso. L’ottima resa dei materiali e la sofisticata gestione dell’illuminazione sono ulteriormente impreziositi da un frame rate a 60 fps, con la versione PS4 Pro che oltre ai 4K permette di sfruttare il supersampling in Full HD, garantendo un visione quasi del tutta priva di aliasing. Da notare il supporto per l’HDR su Xbox One S e piattaforme PlayStation, un plus non da poco per un titolo che fa dei contrasti fra chiaro e scuro uno dei suoi punti di forza.

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Resident Evil 7 vanta un engine nuovo di zecca

Non mancano però delle note stonate qua e là: le texture non sono sempre fantastiche (sebbene decisamente migliori rispetto alla demo) e ogni tanto si nota un ritardo nello streaming dei dati, un po’ come succedeva con l’Unreal Engine 3. Non mi ha fatto impazzire neppure il rendering di visi e capelli, a mio avviso fin troppo artificiali, soprattutto se pensiamo ai risultati ottenuti da Square Enix con Final Fantasy XV. Davvero eccessivi i tempi di caricamento delle sequenze VCR, specialmente in uscita, tanto che a un certo punto mi ero quasi convinto che il gioco si fosse bloccato. Per fortuna si tratta di episodi isolati e generalmente, anche dopo una morte, basta attendere una manciata di secondi per tornare a prendere gli schiaffi. Per quanto concerne la versione PC, purtroppo il codice in nostro possesso risultava bloccato da Steam fino all’uscita del gioco, quindi vi chiediamo di portare ancora un po’ pazienza. Sono comunque piuttosto fiducioso, dato che la demo girava ottimamente sul mio sistema anche con tutti i dettagli a cannone.

Spero di cuore che Resident Evil 7 sia il primo passo verso un futuro radioso per questa immortale serie. Ho apprezzato non pochi dettagli dell’opera Koshi Nakanishi, che è riuscito nella difficile operazione di svecchiare il franchise, pur senza reinventare la ruota. Ispirandosi alla scena indie, ha portato a compimento un titolo che racchiude in sé i concetti base dei survival horror, affiancandogli con notevole perizia riferimenti e meccaniche che hanno reso celebre una delle saghe videoludiche più longeve di sempre. Il risultato è complessivamente ottimo e l’incanto si rompe giusto un po’ verso il finale, quando a mio avviso gli sviluppatori hanno voluto un po’ strafare (e qui chiudo, perché il rischio spoiler è dietro l’angolo). Non male invece il bivio narrativo a metà gioco, che aggiunge un valore di replay mica male, specie se consideriamo che la longevità è ancorata intorno alle 10 ore in modalità normale. Bentornato Resident Evil: ora però vado a prendere le mie pastiglie per il cuore perché avverto uno strano formicolio al braccio… ODDIO MA È UN RAGNO!!!

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Pro

  • Finalmente un Resident Evil che “te la fare sotto”.
  • Survival e horror ottimamente miscelati.
  • Incredibile atmosfera.

Contro

  • I più impressionabili potrebbero trovarlo eccessivo.
  • Notevoli picchi di difficoltà durante gli scontri con i boss.
  • Più breve del previsto.
9

Ottimo

Sta lì, sornione e silenzioso alla scrivania, come se non esistesse. E invece esiste eccome, il TMB redazionale, grazie al quale ogni newser la mattina si alza sapendo che deve correre più veloce di lui, se vuole mangiare. Attenzione, però, a non lasciarlo da solo con un mojito, perché potrebbe finire tutto a schifio in un amen.

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