Thank Goodness You're Here! – Recensione

PC PS5 Switch Xbox Series X

“Meno male che sei qui”, “Senza di te non potrei mai vivere”, “Grazie al cielo ci sei tu”: frasi di questo genere mi hanno accompagnato per la tutta vita, in vari avvenimenti, alcuni dei quali non interessano a nessuno. Alcuni di questi contesti, come l’amore che viene e l’amore che va, sono irripetibili e unici. C’era bisogno che Coal Super ce lo facesse capire con Thank Goodness You’re Here!, videogioco d’autore che ha saputo coinvolgermi, farmi ridere e riflettere più di quanto avrei immaginato.

Sviluppatore / Publisher: Coal Super / Panic  Prezzo: 19,99 euro Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 18 Disponibile su: PC (Steam), PlayStation 5, Xbox Series X|S e Nintendo Switch Data d’uscita: Già disponibile

Piove sempre, a Barnsworth, Inghilterra. Le gocce cadono e battono costantemente, scivolano, s’infilano ovunque, s’inoltrano negli intrecciati filamenti di una strada ormai irriconoscibile, con l’asfalto da rifare tutto, da cima a fondo. Quello stesso asfalto puzza: è il catrame. A Barnsworth conta solo arrivare alla fine della giornata senza troppe preoccupazioni. È un villaggio rurale del nord Inghilterra, pieno zeppo di gente che ha bisogno di una sferzata d’energia, di qualche novità o, semplicemente, di quello di cui è già abituata. Che figata, Barnsworth. Per certi versi mi ha ricordato la Dordogna, anche se nel paesino francese, già visitato un anno fa grazie a SecondVariety, c’era da ricordare una vita passata e rivivere ogni istante. No, meglio non parlarne: ho già il groppo in gola.

Con Thank Goodness You’re Here!, videogioco completamente agli antipodi di Dordogne, l’obiettivo è quello di aiutare la popolazione di Barnsworth in millemila peripezie. Alcune di esse, talmente ilari, sono ancora nella mia mente. Dietro alla pubblicazione dell’opera, d’altronde, c’è Panic, che in passato ha lavorato con amore e abnegazione a Untitled Goose Game, produzione che ha ricordato a molti i tempi meravigliosi di Metal Gear Solid, con la sola differenza che la protagonista delle vicende era un’oca dispettosa alla ricerca di un tesoro.

In Thank Goodness You’re Here!, però, la sola ricerca che conta è quella legata alla felicità altrui

In Thank Goodness You’re Here!, però, la sola ricerca che conta è quella legata alla felicità altrui, al concetto espanso di altruismo al suo epitassio definitivo. Non sentendomi per nulla inglese, anche se per gran parte dell’avventura ho cercato di emulare quell’accento divenuto un meme per chiunque sia fan di Doctor Who, ho ritrovato in questa opera l’innegabile prova che la semplicità, a volte, è la miglior ricetta per molte opere. Volete che ve la dica tutta? Il videogioco dura pochissimo. Quattro ore, se andate spediti. A me è durato otto perché ho voluto pescare ogni singolo trofeo di Steam perché mi è piaciuto un casino, come probabilmente appurerete da questa analisi.

“IO VOLEVO IL POSTO FISSO”, E INVECE FAI IL PRECARIO, S******O

Ora, la storia di Thank Goodness You’re Here è un po’ come se fosse quella di un comunissimo lavoratore italiano alla ricerca di un impiego: il maledetto triangolo della Bermuda. Immagino che con la Brexit la situazione economica e sociale sia andata completamente allo scatafascio, come mostrato peraltro all’interno del videogioco di Coal Super. Intanto s’impersona un personaggio silenzioso, probabilmente appena uscito dal liceo e con tanta voglia di lavorare. È appunto ciò che viene raccontato all’interno dell’opera ad avermi coinvolto in modo inaspettato e spensierato: è una critica aspra al capitalismo e al mondo di lavoro, con quest’ultimo che si aspetta venga realizzato tra grazie e prego e con poche, reali e tangibili conquiste.

Una giornata tranquilla con i bro al mercato delle cause perse.

Pensavo erroneamente che in Inghilterra fosse un pochino meglio, ma devo ammettere che, al contrario di quanto mi sarei immaginato, le condizioni lavorative non sono affatto positive. Evviva la sindalicalizzazione, dunque, e abbasso re Carlo e il Parlamento inglese. Ma no, fermi: niente politica nei videogiochi, ché poi a qualcuno sale il pranzo del Natale che fu, con il fantasma del Natale Passato in procinto di spostare i capelli lunghi e sudaticci dell’ennesimo utente arrabbiata che vuole – solo – divertirsi e basta. Magari ripetendo, tra l’altro, che non sono esperienze narrative, ma audio-visive. Infatti, sono avventure narrative.

Thank Goodness You’re Here!, in sostanza, è sospeso in questo gran substrato di esperienze basate sulla trama e il racconto

Ecco, Thank Goodness You’re Here!, in sostanza, è sospeso in questo gran substrato di esperienze basate sulla trama e il racconto. Non è solamente questo, però, e lo si evince sin dal primo istante, quando il tempo da passare a Barnsworth diventa talmente rilevante da essere parte integrante del viaggio. È parte integrante del viaggio, è l’essenza stessa della produzione, folle ma vivace, coinvolgente e inaspettatamente reale, nella sua vena ironica dissacrante, da sabato sera a Londra con uno stand up comedian affamato di vittoria e conquista.

Sì, però avevo chiesto una torta alle mele!

Ecco, in Thank Goodness You’re Here! il compito è quello di svolgere un numero di attività legate inevitabilmente alla ricerca dell’impiego di cui sopra. Il tutto, peraltro, con la primizia di genitor particolarmente apprensivi perché non si trova nulla, ora come ora. Poi dicono che i giovani non hanno voglia di lavorare – anzi, una postilla: ne hanno così tanta che non viene, a volte, neanche apprezzata. Comunque, è come se Checco Zalone in Quo Vado, improvvisamente, si fosse trovato a dover restare in un solo posto per risolvere le paturnie di un popolo intero. Cosa che mi ha strappato ben più di qualche risata.

THANK GOODNESS YOU’RE HERE!, GAME DESIGN DA URLO

Completamente illustrato, disegnato e curato a mano da artisti illustri (con il team che non si è servito dell’intelligenza artificiale, Thank Goodness You’re Here! è un videogioco composto da scenari da superare. È un platform, è un isometrico, è tutto quello che piace a me: una sorta di assoluta ibridazione di generi che esalta la cura del team per presentare una struttura di gioco assolutamente apprezzabile, portata al suo massimo da una cura innegabile che si estende per l’intera esperienza dell’opera.

L’intro del gioco. Cioè, è una figata.

Ora, non aspettatevi qualcosa di fin troppo intricato: non ci sono punti ferita, non si muore e non si perde alcunché. L’unica cosa che bisogna fare è sapersi orientare per sapere dove andare, per comprendere quale missione seguire e come avanzare, cosa che potrebbe mettere in difficoltà qualcuno che non è pratico con questo genere di videogiochi, ma che potrebbe diventarne assuefatto. Come accennavo prima, infatti, il giocatore deve seguire determinati scenari e avanzare nell’avventura, superare delle avversità e risolvere i problemi dei cittadini. È un videogioco che propone le missioni in un modo diverso, con le stesse che non sono elencate in alcun diario per ricordarsele, scelta che permette una libertà d’approccio alla situazioni davvero vasta, quando si tratta di dover affrontare le varie follie che vengono manifestate.

Vengono mostrati il consumismo sperperato di denaro, l’assenza di una reale alternativa se non alla delinquenza, lo spreco alimentare e molto, molto più di quanto qualcuno immaginerebbe

Rappresentate a dovere, inoltre, sono proprio le critiche contestualizzate al suo massimo nella struttura ludica. A colpirmi molto sono state le varietà di situazioni in cui venivano, talvolta, mostrate le stesse con una morale diversa. La produzione, essendo una commedia allo stato pure, in cui l’ironia e il sarcasmo sono protagonisti, fonda il suo spessore attraverso un linguaggio di critica. Vengono mostrati il consumismo sperperato di denaro, l’assenza di una reale alternativa se non alla delinquenza, lo spreco alimentare e molto, molto più di quanto qualcuno immaginerebbe. Il game design è prestato a questo scopo con somma consapevolezza, generando a sua volta un numero spropositato di risate e di situazioni che, nella realtà, sarebbero davvero iconiche. Qualcuno, d’altronde, non riesce più a distinguere la stessa dal meme, vedendo cosa accade dal mondo. Le recenti Olimpiadi, a Parigi, stanno dando prova di quanto sia assurdo e bislacco questo mondo.

Starà cercando una gioia.

Quando un videogioco riesce a essere ben più di questo, ecco, c’è solo da esserne felici. Thank Goodness You’re Here! è un racconto goliardico di uno spaccato di mondo che non sa nemmeno guardarsi allo specchio per non rendersi conto di quanto faccia schifo. È lo schiaffo che ti aspetti, il pugno ben assestato nello stomaco e il calcio nel culo che avverti solo quando capisci che tutto quanto è fallito, che nel sistema delle cose forse serve essere solamente semplici e tranquilli. Come lo stesso protagonista di questa folle, incredibile e vivace avventura che rende noto che no, non sono più solo videogiochi, ma la vita.

In Breve: Thank Goodness You’re Here! è un racconto fantastico e di grande spessore, scritto e strutturato con lucidità e vivacità. Mette sul piatto così tanto argomenti poco noti a coloro che intendono semplicemente giocare e basta senza troppe cerimonie, ma che potrebbero trovare uno dei videogiochi più caldi di questa estate, allo stesso modo di quanto lo è stato Slay the Princess quasi un anno fa. Per chi è già pratico delle sfighe del mondo, be’… potrebbe trovarsi a casa sua. Con me è stato così.

Piattaforma di Gioco: PC
Configurazione di Prova: i5-12400F, 16 GB di RAM, GeForce RTX 3080, SSD
Com’è, come gira: Gira così bene che, all’improvviso, è uscito un Jar Jar Binks e ha fatto diventare il mio PC la Morte Nera. Quel maledetto ha tradito tutti. Il miglior Sith in circolazione. Parlo del mio PC, ovvio.

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Pro

  • Scrittura eccezionale e di spessore / Spassoso come poche cose al mondo, esattamente come Dogpool / Brillante e critico / Manifestazioni dei problemi reali fatti alla maniera dei Simpson

Contro

  • Purtroppo finisce
9.5

Ottimo

Cosa succede se unite letteratura, tanta curiosità e un mix letale di videogiochi indipendenti e di produzioni complesse? Otterrete Nicholas, un giovane virgulto che scrive tanto e vuole scrivere di più. Chiamato "Puji" ben prima di nascere, dovete dargli una penna per tenerlo calmo. O al massimo un pad.

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