Se è corretto affermare – e lo è senz’altro – che la trama di The Division ha qualcosa a che fare con una sorta di Cuore di Tenebra metropolitano (o con alcuni temi portanti di Apocalypse Now, se volete, o del pregevole e “nostro” Specs Ops: The Line), il DLC Underground ne sembra quasi la dimostrazione strutturale. Il “serpente” della suggestione conradiana è diventato, nel gioco Ubisoft, una vera nidiata di serpi con le teste adagiate sulla superficie della città – la foce del fiume, nella metafora dello scrittore – e le code immerse nelle profondità più cupe e bestiali della giungla urbana: così, almeno, in uno slancio lisergico ho immaginato il level design tridimensionale di The Division, arricchito in Underground con “dungeon” lunghi, contorti e mai uguali, perfettamente coerenti allo spirito da moderno “TPS Diablo-like” che Ubisoft Massive ha voluto per il suo gioco. A sentirla così sembra una bella storia, vero? E in gran parte è così.
IL PUNTO SULLA 1.3
Facciamo un piccolo ma importante passo indietro: in effetti, la massa critica di contenuti e miglioramenti iniettati nel corpo del gioco non riguarda solo il primo DLC a pagamento (15 euro), ma anche il notevole insieme di migliorie, bilanciamenti e semplici “pezze” della versione 1.3, pubblicata qualche giorno fa parallelamente ad Underground.
L’espansione Unground comprende un’incursione debitamente ostica e corposa
Abbiamo poi una lunga serie di piccole caratteristiche: migliorie nella fruizione o correzioni dei bug (qui la lista completa), e l’introduzione di un ampio spazio social – The Terminal – finora assente nella base principale, con venditori di equipaggiamenti speciali e, soprattutto, con un nuovo sistema di taglie per boss e covi criminali, differenziato in giornaliero/settimanale e nelle monete Phoenix guadagnate a seconda del livello dei nemici (da 30 a 33, Punteggio Equipaggiamento consigliato da 80 a 150). In generale ho ben recepito gli sforzi per migliorare la capacità di retribuzione per tutti, ingordi veterani, novellini di “semplice” livello 30 e assaltatori meno cauti nell’azione ravvicinata; tuttavia, la ciccia più gustosa e abbondante si trova ovviamente altrove, dietro a una porzione di The Terminal inizialmente inaccessibile, sotto l’invitante scritta “Sotterranei”. Da qui in avanti comincia l’Inferno di The Division, ammesso che qualcuno abbia trovato rilassante la superficie.
FINO ALLA CODA DEL SERPENTE
L’espansione Unground comprende anche un’incursione debitamente ostica e corposa – Nella Tana del Drago – comunque abbastanza tradizionale nell’impostazione di obiettivi e combattimenti. Il tono è epico, specie quando ci troveremo davanti i “quattro Cavalieri dell’Apocalisse” (altrettanti boss dei Purificatori), ma per il resto abbiamo a che fare con un unico canalone che si estende fino alle arene del finale, attrezzato con parecchie coperture ma particolarmente diretto e brutale nella sostanza degli scontri.
le AI tendono a spartirsi efficacemente il compito di annientare i giocatori
Ben più complessa, invece, la struttura costruita intorno ai Sotterranei e al relativo Centro di Controllo delle Operazioni, ai quali si accede attraverso una scala e un ascensore sul fondo di The Terminal (previa risoluzione di una semplice quest di livello 30 e, ovviamente, l’acquisto del DLC). La sala presenta una spaziosa console al centro, dalla quale è possibile lanciare le partite Sotterranei, trovare un gruppo e sbloccare una serie di parametri per la personalizzazione delle ambientazioni, a loro volta connessi a una nuova scalata di livello. Macinando rank in questo nuovo contesto sbloccheremo i gradini di difficoltà (Punteggio Equipaggiamento 112, 160, 200 e 230, da Normale a Eroico), nuove “fasi” con cui concatenare il Sotterraneo e una serie di 5 modificatori chiamati “Direttive”, preposti per esempio alla disattivazione della minimappa, all’uso di munizioni speciali dalle fila dei nemici o, addirittura, alla perdita graduale della salute da parte degli Agenti. La carne al fuoco è tanta, insomma, quasi un ponte tra il vecchio end game e i contenuti che verranno, ma niente di tutto ciò avrebbe senso senza una valida generazione algoritmica, vera star del DLC Underground.
DUNGEON METROPOLITANI
Anche in questo caso il pollice è alto, almeno nella particolare ottica inquadrata da The Division: pezzi ben dettagliati di scenario si innestano tra loro in alcuni nodi chiave, passando per tipologie di nemici e level design che abbiamo già incontrato nel gioco principale, tra stretti condotti, strutture industriali con passaggi sospesi e spazi più grandi per le battaglie con boss e scagnozzi, in un’infinita sfida di grinding che potrà aiutare giocatori più indietro ad equipaggiarsi in modo dignitoso, oppure quelli già muniti di Alte Gamme a rinvenire pezzi ancora più utili e rari, fra cui un’intera serie di set con statistiche uniche e skill progressive (connesse, al solito, al numero di oggetti dello stessi tipo indossati).
esiste ed esisterà sempre il giocatore capace di fare polpette di noi
Il sorriso, infine, si potrebbe spegnere anche sulla faccia di chi, inoltrandosi nella Zona Nera, scoprirà che esiste ed esisterà sempre il giocatore capace di farne polpette – talvolta anche nelle fasce di livello minore, per la posizione dei venditori o per puro sadismo. D’altra parte, è proprio qui che confluiscono gli sforzi dei giocatori di alto livello, nel luogo pericoloso eppure magnetico in cui gli stessi Agenti diventano più maligni di qualsiasi AI. Ed è facile – dopo questa valida espansione – che il confronto a chi ha la testa più dura continui ancora per molto tempo. Credevo che la mia lo fosse, ma si è rotta in più punti.
Underground tenta di costruire un solido ponte verso i futuri contenuti di The Division, e per farlo si è avviata nella direzione più logica e affascinante. I sotterranei proceduralmente creati sono belli da vedere, oltre che piuttosto leggeri da caricare, in un processo di grinding potenzialmente infinito che porta chicche agli Agenti Avanzati ed equipaggiamento decente a chi ancora non ce l’ha. Tuttavia non credo che i contenuti di Underground, né tanto meno l’aggiornamento 1.3, possano far cambiare idea a chi non ha apprezzato l’originale: i piccoli problemi endemici sono sempre lì, legati in prevalenza alla varietà di nemici e situazioni, e c’è solo da verificare per quanto tempo un ARPG online così atipico – coraggiosamente lontano dai generi fantastici – possa sopravvivere senza ripetersi eccessivamente. Per adesso, il carisma di Underground riesce a far dimenticare le incertezze di Missing in Action, ed è giusto accontentarsi così.