We Were Here Forever – Recensione

PC PS4 PS5 Xbox One Xbox Series X

Radio sintonizzate sullo stesso canale. Enigmi asimmetrici da risolvere da entrambe le parti. La paura di rimanere lì per sempre che lascia il posto alla soddisfazione di riuscire ad avanzare insieme. La sfida più grande in We Were Here Forever è riuscire a spiegarsi.

Sviluppatore / Publisher: Total Mayhem Games / Total Mayhem Games Prezzo: 17,99€ Localizzazione: Assente Multiplayer: Cooperativo Online PEGI: 12 Disponibile Su: PC (Steam, Epic) PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X Data di Lancio: 10 maggio

Anche perché nemmeno comunicare è una cosa da dare così per scontata: nel gioco di Total Mayhem Games c’è infatti un unico canale audio che collega i giocatori, occupabile solo da uno dei due alla volta esattamente come se si stesse usando un vero walkie-talkie.

UPGRADE NEL DOWNGRADE

Nell’era di Discord e delle chat cross-game di gruppo sembra un anacronismo, la classica posa per aggiungere un tocco vintage all’esperienza che però rimane sullo sfondo, senza conseguenze tangibili sull’esperienza di gioco. E invece è proprio l’idea della comunicazione via radio il cuore pulsante di We Were Here Forever. Una conversazione continua avrebbe ammazzato l’atmosfera della fortezza, il suo respiro fatto di correnti d’aria che passano attraverso gli spifferi, rumori di sottofondo che suonano come una minaccia proprio perché non se ne conosce l’origine. Ma la vera raison d’etre dietro la scelta è quella di rendere gli scambi di informazione da una parte all’altra della linea più concitati. Non puoi interrompere, in We Were Here Forever. Devi aspettare che l’altro abbia finito con la sua spiegazione prima di chiedere altri dettagli. Perché sì, la sifda più grande in We Were Here Forever è riuscire a spiegarsi. Forse l’ho già detto, ma sono sicuro che le implicazioni non fossero chiare. Forse non lo sono nemmeno adesso.

We Were here forever recensione

Il nostro compagno di avventure. Potremo fidarci di lui o lei? Speriamo…

L’unico strumento a disposizione è la parola. Assuefatti come siamo ai nostri piani 4g dai giga illimitati che ci permettono di inviare foto e video spesso privi di significati, è un game changer enorme. Devi descrivere. Devi raccontare. Non puoi mostrare nulla, sta tutto nella tua capacità di espressione e in quella di comprensione dell’altro giocatore.

In We Were Here Forever la tua unica spada è la parola. Peccato sia una lama senza impugnatura…

We Were Here Forever lo sa, e incalza i giocatori proprio da questo punto di vista. Gli enigmi spesso e volentieri ricorrono a simboli e ideogrammi. A figure geometriche uscite dalle nostre vite una volta presa la licenza media, perché chi ha mai pronunciato a voce alta le parole “trapezio isoscele” dopo i 15 anni? Vedi una figura fatta da tre linee rette che nascono dalla stessa origine. Una – quella centrale – è perfettamente verticale, le altre due sono inclinate di 120 gradi a destra e a sinistra. Pensi subito al simbolo della Mercedes, talmente parte dell’immaginario collettivo da essere universale. Il tuo compagno però non ha idea di come sia fatto, per qualche motivo. Per lui quello è il simbolo del punto di incontro degli assi X, Y e Z. We Were Here Forever in un certo senso racconta tanto dei processi mentali dietro la persona con cui stai dividendo l’esperienza. “Dividendo” è proprio la parola giusta, tra l’altro.

WE WERE HERE FOREVER, MA SIAMO DAVVERO INSIEME?

Intere sezioni di gioco sono frammentate in due, con un giocatore per parte a cercare di arrivare alla soluzione. Inevitabilmente si finisce per non vedere mai buona parte del gioco, perché l’ha vista l’altro. Della sua metà dell’enigma ti restano solo le sue parole. Quello che ne hai capito quando c’era bisogno di capire e quello che hai dedotto della sua psiche dalle descrizioni dei simboli che ti ha fornito, quasi foste entrambi davanti ad un test di Rorschach più o meno ludicizzato. Al netto di questi aspetti, il concetto del mondo reale che va più vicino a descrivere We Were Here Forever è ad ogni modo quello di Escape Room. Virtuale, ma non per questo meno significativa. Gli enigmi richiedono un certo ragionamento dietro, anche solo per capire esattamente come interagire con gli elementi presentati a schermo. Gli indovinelli sfidano ad utilizzare la logica, ma capita che nell’esplorazione non si sia notato quel dettaglio che fa tutta la differenza del mondo e si rimanga bloccati più del lecito dal lato sbagliato di una porta.

We Were here forever recensione

Datemi una leva e solleverò il montacarichi. Ma non mi ricordo quale…

In una Escape Room in questi casi si hanno tipicamente a disposizione tre indizi da giocare liberamente nel corso dell’esperienza. We Were Here Forever in apparenza sembrerebbe più generoso, offrendo sì tre indizi ma per ognuna delle sezioni del gioco. Solo che nella Non-Fungible Escape Room pensata dagli sviluppatori questi indizi rimangono elementi vaghi. Nessuno in We Were Here Forever ti prende per mano, nemmeno quando stai chiedendo aiuto. L’help recita quelle che sembrano frasi di circostanza, tipo “esplora con attenzione l’area” e “per sbloccare la cassaforte devi trovare la combinazione”. A voler sovra-analizzare la scelta, sembrerebbe quasi qualcosa di intenzionale per aumentare quel senso claustrofobico di abbandono che si prova nella fortezza. L’ansia di fuggire diventa un’ossessione, lo UX design stesso sembra prendere in giro i giocatori proprio come fa il mastermind dietro tutta la serie, quel giullare privo di senno che continua anche in questo capitolo a tormentare i due giocatori sbucando fuori all’improvviso. Nella pratica il risultato è quello di rendere la funzionalità perfettamente inutile: dopo un paio di tentativi a vuoto si rinuncia all’idea degli aiuti e si insiste con tutto il resto, quasi dimenticandosi di quella voce nel menù.

We Were here forever recensione

A Hogwarts chi chiede aiuto lo trova sempre, qui no.

La persona con cui stai giocando è quello che separa il gioco dall’essere piacevole all’essere l’inferno

Tanto nel caso peggiore esiste Internet, anche se We Were Here Forever fa il possibile per far dimenticare a chi sta davanti allo schermo che esistono strumenti esterni all’esperienza di gioco per affrontarla. È quasi un tacito accordo, perché l’esperienza ha bisogno che i due giocatori non barino e i due giocatori, in fondo, hanno bisogno della stessa cosa. Perché il più grosso anacronismo di We Were Here Forever è il suo essere un’esperienza cooperativa, laddove ormai la narrativa predominante è il Player-versus-Player. E nonostante le difficoltà e gli aiuti senza senso, giocare We Were Here Forever (o anche ad un qualunque altro capitolo della serie) è un’esperienza che va provata almeno una volta. Anche solo per capire se l’altra persona davanti a tre linee che nascono dallo stesso punto pensa alla Mercedes o al libro di Geometria.

In Breve: We Were Here Forever è un’esperienza per due giocatori che ha il grande pregio di farci capire quanto difficile sia farsi capire davvero. È frustrante come può esserlo una discussione con un amico che non capisce il tuo punto di vista, ma il grande pregio – il grande potere – dei videogiochi è quello dell’empatia, e in We Were Here Forever si è tutti e due sulla stessa barca. Giocatelo, giocateci con qualcuno a cui tenete, o con qualcuno che volete conoscere meglio.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Intel Core i5 6 core 3Ghz, Radeon Pro 570X 4 GB, SSD
Com’è, Come Gira: Complice la natura “a la Walking Simulator” dell’esperienza We Were Here Forever si concede il lusso di una buonissima resa grafica senza troppi artifici di sorta, andando in apnea (per poi riprendersi subito) a livello di prestazioni solo nelle fasi di caricamento, dove il frame rate è più incerto. Poi per fortuna passa.

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Pro

  • Enigmi ben studiati / Design indovinato.

Contro

  • Aiuti assolutamente inutili / Va giocato con la persona giusta.
7.5

Buono

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