Prendiamo quanto c’è di buono nei primi Elder Scrolls e concentriamolo in un piccolo open world dalla storia articolata. Ne uscirà Dread Delusion, e piacerà a molti ma non a tutti.
Sviluppatore / Publisher: Lovely Hellplace / DreadXP Prezzo: 16.79 Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: Non disponibile Disponibile su: PC (Steam) Data d’uscita: Già disponibile
Un primo indizio che dovrebbe allarmarci riguardo la velocità con la quale stiamo diventando degli anziani rimbambiti è il ripetere come un mantra “ma che ne sanno i 2000” o altre frasi nostalgiche per sottolineare come noi, a differenza di un pubblico più giovane, abbiamo vissuto l’epoca d’oro dei videogame. Questa teoria è fallace in almeno un paio di punti: innanzitutto, si tende a sorvolare sulle difficoltà dovute a limiti tecnici; alzi la mano chi, negli anni ‘90, è riuscito a masterizzare un CD al primo colpo. Ma soprattutto, oggi è pieno di team più o meno grandi che si dedicano a riproporre il feeling dei giochi apparsi decenni or sono, per compiacere noi veterani o magari proprio per “far sapere ai 2000” cosa si sono persi. Questo potrebbe essere lo spirito di Dread Delusion, prodotto dallo studio indie Lovely Hellplace e distribuito da DreadXP.
Quest’ultimo nome potrebbe non suonarvi nuovo se siete amanti dell’horror in quanto è una costola di Dread Central, progetto nato inizialmente come sito web e poi divenuto produttore o distributore di un po’ tutto ciò che ruota attorno al mondo horror, inclusa la pellicola Terrifier. Questa volta invece siamo alle prese con un first person RPG ambientato in un open world che potremmo definire Old Elder Scrolls like, in quanto ricorda, come aspetto grafico e gameplay, proprio le vecchie produzioni Bethesda. In particolare, gli interni sembrano proprio tratti da The Elder Scrolls III: Morrowind.
DREAD DELUSION, L’ARTE DI ARRANGIARSI
Il mondo, come al solito, è vittima di inenarrabili catastrofi, e i superstiti sopravvivono come possono su lande che fluttuano nel cielo, collegate tra loro da velieri volanti. Dopo aver scelto le nostre origini, che corrispondono più o meno a classe e specializzazioni di base del personaggio, ci risvegliamo in una cella. In questo universo fantasy medievale, con una spruzzata di steampunk, non esistono avvocati o indulti in grado di farci uscire dalla gattabuia, e l’unica speranza di riveder le stelle è stringere un accordo con il leader dell’Unione Apostatica, la nostra prima fazione di appartenenza, per catturare Vela, capo della Stella Oscura, un’organizzazione criminale che imperversa nei territori dell’Unione.
L’esplorazione è ottima, ma il combattimento piange un po’, ed è possibile aver ragione di nemici armati di tutto punto anche con un mago. In corpo a corpo!
Ok, ma da dove cominciare? Proviamo a premere M per vedere la mappa di gioco. Non c’è. Andrebbe comprata. Da chi? Parrebbe che un tizio che vive “in una tenda rossa” lo sappia. Ma prima ci sarebbe una quest da risolvere da qualche parte “nel bosco a ovest”. Indizi così generici che nemmeno Avatar: Frontiers of Pandora in modalità esplorazione avrebbe osato fornirci. La bussola? Bisogna acquistare pure quella. Un pin, un marker, un pallino, un qualsiasi cosa che ci guidi verso l’obiettivo? Zero.
LA STORIA? PAZZESCA, E FUNZIONA
Fortunatamente l’open world di Dread Delusion è sì open ma non cosi vasto, e comunque non interamente visitabile da subito. Con la scusa di guadagnare consensi dalle varie fazioni e ottenere passaporti per viaggiare verso nuove isole, l’esplorazione è circoscritta quanto basta da permetterci di trovare ciò che cerchiamo anche con l’utilizzo della forza bruta, ovvero battendo a piedi ogni singolo pixel del suolo.
Questo indirettamente ci porterà a scoprire affascinanti luoghi altrimenti nascosti e interagire con autoctoni ansiosi di raccontarci i loro mille problemi da risolvere con altrettante missioni secondarie che nonostante non si discostino molto dal classico recupero di oggetti e sterminio di mostri, riescono a essere interconnesse tra loro creando l’impressione di trovarsi in un mondo vivo, nel quale ogni NPC non è solo un parallelepipedo texturato alla buona, ma un essere vivente parte integrante della comunità. Il prezzo di tutto ciò è una discreta valanga di testo esclusivamente nella lingua della Perfida Albione, che non è saggio skippare per non trovarsi dinanzi a una risposta multipla senza sapere di che si sta parlando. Anche perché molti, come Paganini, non ripetono. Trovate la pazienza di perdervi in dialoghi e diari, e sarete ricompensati da una storia scritta con maestria e ricca di sfaccettature.
PICCHIO FORTE COME UN MAGO
Se l’esplorazione del mondo di gioco è affascinante, purtroppo non si può dire lo stesso del sistema di combattimento di Dread Delusion. I nemici sono generalmente molto più lenti di noi e nella maggior parte dei casi una volta imparato il loro pattern di attacco è sufficiente un buon gioco di gambe, o di tasti WASD, per portare a segno un fendente e spostarsi prima della loro reazione. Questo continuo volare come farfalle e pungere come calabroni funziona anche con classi solitamente non specializzate nel melee. A differenza dei giochi di ruolo tradizionali in cui dovete tenere il mago a distanza di sicurezza per non vederlo crollare al primo manrovescio, qui potete sfidare impunemente, seminudi e armati solo di una spada sgangherata, guardie con elmo e scudo, certi di poterli eliminare senza troppa fatica.
La maggior parte delle mie morti sono avvenute in seguito a danni da caduta per aver cercato qualche scorciatoia di troppo – azione non così saggia, in un mondo fluttuante – e per aver inavvertitamente attivato delle trappole. Una volta in possesso di un equipaggiamento decente, si prosegue senza troppi problemi e con una certa spavalderia che non dovrebbe venir naturale in un mondo ostile.
“Vai nel bosco”, “cerca una tenda rossa”, gli indizi di Dread Delusion sono volutamente vaghi. Smarrirsi è facile, ma il mondo non troppo ampio merita di essere scoperto pixel dopo pixel
In Breve: Dread Delusion è un omaggio agli open world RPG del passato, nei quali molte volte l’intuizione e la corretta interpretazione dei testi valevano tanto quanto l’abilità con spade, archi e fireball. Viene spontanea, però, una domanda: tutto ciò è ancora valido oggi? Sicuramente non per tutti. Texture in bassa risoluzione e modelli con pochissimi poligoni funzionano sicuramente bene nei boomer shooter, un po’ meno in giochi nei quali l’ambientazione è componente fondamentale dell’esperienza. La storia è comunque molto interessante da seguire, e se si sorvola sul sistema di combattimento troppo basilare può impegnarvi per un buon numero di ore.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: AMD Ryzen 9 6900HS, 16GB RAM, GeForce RTX 3080, SSD
Com’è, Come Gira: Non ci sono particolari configurazioni di dettaglio, se non un paio di filtri per rendere più o meno marcata la pixellatura delle texture. Nessun problema tecnico ma la sensibilità del mouse predefinita è ingestibile, e vorrete velocizzarla di un bel po’.