Echoes of the End – Recensione

PC PS5 Xbox Series X

Qual è l’ultimo gioco prodotto da uno studio islandese che vi viene in mente? Io, confesso la mia ignoranza, non ne ricordo nemmeno uno. E allora Echoes of the End, autoprodotto da uno team di una quarantina di persone, promette di essere un debutto in grande stile.

Sviluppatore / Publisher: Myrkur Games / Deep Silver Prezzo: ND Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 18 Disponibile Su: PC (Steam), PS5, Xbox Series X|S Data di lancio: 12 agosto

Fin da quando è stato presentato per la prima volta, l’Unreal Engine 5 è sempre stato dipinto – principalmente da Epic – come un motore capace di permettere a chiunque di realizzare un gioco next gen con il minimo sforzo; insomma, spero non vi siate già dimenticati di The Matrix Awakens.

A essere onesti, finora questo motore di gioco è stato principalmente fonte di rogne tecniche e framerate non altissimi, non sempre giustificabili dalla resa tecnica ad essi associata. Sarà Echoes of the End di Myrkur Games a farci cambiare idea?

ECHOES OF THE END HA UN CHE DI FAMILIARE

Echoes of the End ha qualche fonte d’ispirazione parecchio importante, e nemmeno troppo nascosta. La prima, per niente sorprendente viste le radici dello studio, è la mitologia nordica, che si riflette nella nomenclatura dei mostri (che hanno nomi come durtar, glòmori e isfjandi) oltre che nel loro design e in quello delle armature di Ryn e dei nemici umani che affronta. La seconda, un po’ più nascosta ma resa evidente da un certo easter egg non troppo difficile da individuare, è Il Signore degli Anelli.

LE AVVENTURE DI RYN NON STONEREBBERO SE AMBIENTATE IN QUALCHE FRONTIERA DELLA TERRA DI MEZZO

Anche qui viene tradita da certi nomi, come la Noi Syrouve di cui la protagonista è nativa, da certe scelte estetiche – è impossibile guardare a certi panorami del Rifugio e non pensare alla rappresentazione cinematografica della città di Gondor – e anche da una certa affinità tematica. Certo, i poteri magici di Ryn stonerebbero parecchio fra le pagine scritte da Tolkien, creatore di un universo dove la magia è sì presente ma sempre a bassa intensità, così come la presenza delle Egide, enormi pietre capaci di servire da batterie di energia arcana e componente centrale delle difese di Noi Syrouve; ma se dovessimo far sparire tutti questi elementi non è difficile vedere che le avventure di Ryn, che la portano spesso a confrontarsi con ciò che resta di un passato molto più grande del presente, non sarebbero fuori casa se ambientate in una qualche frontiera della Terra di Mezzo.

Echoes of the End Recensione

Il potere più essenziale di Ryn è quello di spingere le cose. Sì, funziona anche con i nemici!

In questo periodo storico, è invece rinfrescante vedere ciò a cui non si ispira Echoes of the End, che non è né un soulslike né un action rpg open world come ce ne sono onestamente fin troppi. È un action lineare, con qualche elemento da rpg – proseguendo nell’avventura saliremo di livello e potremo sbloccare abilità da quattro alberi piuttosto semplici – e in cui i combattimenti si alternano a sequenze platform o puzzle mai particolarmente difficili.

IL GAMEPLAY NON RIESCE A CONVINCERE IN PIENO

Ed è proprio appena si arriva al gameplay che si iniziano a sentire gli scricchiolii: il sistema di combattimento in particolare è piuttosto grezzo, e non basta la varietà di opzioni a disposizione di Ryn per non dare quella costante sensazione di un combat system che vorrebbe ma non può, a causa di una varietà di nemici discreta ma mai eccelsa, che per cercare di aggiungere un po’ di spezia agli scontri vede anche i nostri avversari unire le forze in improbabili combinazioni. Anche i loro schemi di comportamento lasciano perplessi: talvolta faranno capannello per attaccarci tutti assieme, altre volte si fermeranno ad osservarci. E la cosa non migliora con i boss, che diventano presto piuttosto ripetitivi a causa di barre della vita parecchio lunghe e di fasi inesistenti. Non migliorano tanto le cose nelle sezioni platform e puzzle, come già detto facili, ma questo non è un problema; lo è invece il fatto che l’unica vera difficoltà siano i comandi e la telecamera non sempre collaborativi.

A CHI PIACE LA MONTAGNA?

Dove invece Echoes of the End fa un bel lavoro è nel comparto narrativo. La storia, che vede una ranger impegnata nel tentativo di fermare una forza d’invasione proveniente da un bellicoso regno adiacente e nel contempo scoprire dettagli sulla sua storia e quella del caduto impero di Aema, è piuttosto semplice e i suoi sviluppi non riescono mai a sorprendere davvero.

eccellente il lavoro nella creazione delle ambientazioni

Ho trovato però molto convincente la recitazione, e in questo includo sia il doppiaggio (non lo faccio mai, ma stavolta voglio mettere almeno i nomi dei doppiatori più importanti: Aldís Amah Hamilton nel ruolo di Ryn, Karl Ágúst Úlfsson nel ruolo di Abram, e Sólveig Eva in quello di Zara) che le espressioni dei personaggi, che riescono bene nel compito di dare loro vita senza farli sembrare artificiali. Buono, anzi, eccellente lavoro è stato fatto anche nella creazione delle ambientazioni dove si svolgono i dieci capitoli di Echoes of the End; dell’ispirazione al Signore degli Anelli è già stato detto, ma è anche più che chiaro che fra chi si è occupato degli scenari qualche amante delle belle montagne c’è, perché le magnifiche catene montuose che fanno da sfondo a Noi Syrouve non sono cosa che si può inventarsi dal nulla.

Echoes of the End Recensione

Dettagli dei personaggi e animazioni nelle cutscene sono sicuramente uno dei punti forti del gioco.

E poi c’è la parte grafica. Dagli screenshot lo potete capire da soli: il gioco di Myrkur Games non si difende male dal punto di vista del dettaglio, ma come già detto soffre un po’ in certe animazioni di gameplay, e soprattutto non riesce a sfuggire a quella che è la grande maledizione di tutti i giochi in Unreal Engine 5: e cioè performance non straordinarie.

Echoes of the End è un action che vuole puntare in alto, ma che fa fatica a raggiungere i suoi obiettivi

In linea di massima, il problema più importante di Echoes of the End è quello di essere un gioco che, senza mancare dei suoi meriti, non riesce però a tenere il passo della sua ambizione. È evidente che il team islandese puntava a tanto, e avrei volentieri giocato a un loro progetto in cui avessero potuto spendere più tempo e risorse nella pulizia del sistema di combattimento, nella varietà dei nemici, e nell’ottimizzazione. E visto l’aggancio per un sequel alla fine, non è impossibile che un domani questo succeda. Ma Echoes of the End non è quel gioco, e quindi un leggero senso di delusione è inevitabile.

In Breve: Echoes of the End è un action che vuole puntare in alto, ma che fa fatica a raggiungere i suoi obiettivi più ambiziosi a causa di un gameplay scricchiolante, che viene solo in parte compensato dai bei panorami e dell’ottima recitazione. Per carità, Myrkur Games è un team piccolo e questa è la loro prima prova, quindi non gliene si fa una grossa colpa: ma resta che il risultato non convince del tutto.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 5 3600, 16 GB di RAM, GeForce RTX 3060, SSD
Com’è, Come Gira: Ad Alto e 1080p, visivamente il gioco si difende bene, soprattutto nel design del mondo di gioco, ma questo porta le animazioni un po’ grezze a stonare ancora di più, e i 60 fps non sono stati per niente assicurati.

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Pro

  • Bellissimo mondo di gioco / Qualità del doppiaggio e delle espressioni molto alta.

Contro

  • Gameplay così così / Performance non brillanti.
7.8

Buono

Dai monti del Trentino scende Marco Bortoluzzi – figurativamente, s'intende, perché per smuoverlo dal suo paese servono le cannonate. Non chiedetegli mai perché ha giocato così tanto a Dota 2.

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