Credo, alla luce di precedenti esperienze, che la condizione migliore per fruire un prodotto basato su un romanzo di successo sia quella di non aver letto il materiale originale. È così che sono riuscito a gustarmi Il codice da Vinci, grazie anche alle interpretazioni memorabili di Tom Hanks e Sir Ian McKellen, mentre ho mal digerito la trasposizione cinematografica della trilogia de Il Signore degli Anelli, troppo distante dai toni del libro di Tolkien, ben più raffinato, soprattutto per quanto concerne il tratteggio di alcuni personaggi e situazioni (opinioni, opinioni).
Nello specifico, Daedalic Entertainment, già autrice di titoli del calibro di Memoria e The Whispered World, si è fatta carico di portare in formato di avventura il romanzo storico di Ken Follett – I Pilastri della Terra (1989) – cercando di applicare la lezione impartita da Telltale Games: scelte e “conseguenze”, dunque, e una semplicità di fondo del gameplay.
I PILASTRI DELLA NARRAZIONE
Shiring. Quasi 1140. Re Enrico d’Inghilterra, figlio di Guglielmo il Conquistatore, è morto. È un’epoca di povertà e miseria (anche morale)… e il “gioco dei troni” sta di nuovo per essere messo in moto; un conflitto a cui prenderanno parte la chiesa, le contee locali e l’attuale re, nel tentativo di accaparrarsi terre e proprietà, un sommovimento che – come da titolo – scuoterà i pilastri della Terra.Su queste tetre quinte si muovono i tre protagonisti – Philip, Jack e Aliena – altrettanti avatar per il giocatore chiamato a decidere e a sbrogliare elementari “enigmi” per agevolare il prosieguo della storia. Le loro vicende parlano di fede perduta e ritrovata, di rinascita, di amori duramente conquistati e di una vendetta a lungo rimandata, nonché teatralmente profetizzata. Va subito detto che la narrazione è di altissimo livello, come ci si potrebbe attendere da un gioco tratto da un best seller mondiale, e i dialoghi sono invero brillanti, a tratteggiare delle personalità convincenti e avvincenti.
Daedalic ha portato in formato di avventura I Pilastri della Terra, cercando di applicare la lezione impartita da Telltale Games: scelte e “conseguenze”, dunque, e una semplicità di fondo del gameplay
Superato un incipit lento, come descritto da Claudio nella recensione del primo episodio, iniziamo nei panni di Philip, priore di St-John-in-the-Forest appena giunto nella “ridente” località di Kingsbridge, stretta nella morsa di un inverno inclemente, e dove la cattedrale e il circondario versano in uno stato pietoso. Qui, oltre a una pletora di frati, il nostro incontrerà il fratello (di sangue) Francis, interessato alla politica locale, e deciderà – nonostante il mio parere contrario – di immischiarsi in vicende ben più grandi di lui.
le vicende narrano di fede perduta e ritrovata, di rinascita, di amori duramente conquistati e di una vendetta a lungo rimandata
Tornando alla storia, la ricerca di una misteriosa lettera recata da un cavaliere scomparso dà il la agli avvenimenti sofisticati e intricati a cui vanno a giustapporsi le vicende degli altri due comprimari, in diversi modi collegati all’elemento cardine attorno a cui tutto ruota: la cattedrale di Kingsbridge. Impersoneremo quindi Jack, un giovane fuorilegge pel di carota cresciuto con la madre nella foresta, e Aliena, figlia del conte di Shiring, anch’ella rossa di capelli. Autosufficiente, determinata e orgogliosa, Aliena racchiude in sé la protomateria dell’eroina moderna che non ha bisogno dell’ausilio di cavalieri che la traggano d’impaccio, ed è forse il personaggio migliore del lotto.
L’ABSIDE DELLA GRAFICA
Dal punto di vista tecnico, I Pilastri della Terra si avvale di una pregevole grafica 2D con “attori” che si muovono liberamente sul terreno di gioco. Come nei titoli precedenti della software house, alcuni quadri colpiscono maggiormente – per dettaglio e cura – altri, invece, sono più abbozzati (soprattutto nel terzo libro) ma sempre gradevoli all’occhio, complici alcuni effetti atmosferici come il lento discendere della neve o spesse nebbie ad ingrigire e inghiottire la visuale.
la prima tranche trova un giusto equilibrio tra esplorazione ed esposizione, il secondo “libro” incentiva a un minuzioso scandaglio degli ambienti, seguito da una terza parte conclusiva che – di contro – si risolve quasi da sé
I CONTRAFFORTI DEL GIOCO
La meccanica di gioco è quella canonica per il genere: col tasto sinistro puntiamo e clicchiamo, col tasto destro richiediamo la descrizione di un personaggio o elemento dello scenario. Qualora non volessimo esplorare la schermata alla ricerca di elementi attivi, in ausilio ci viene la barra spaziatrice (tenetelo presente, vi servirà) che se premuta evidenzierà ciascun hotspot. Quanto presente nell’inventario è mostrato in basso a sinistra e può essere selezionato e usato nell’ambiente. A tal proposito, va segnalato che la raccolta degli oggetti apre una finestra che ci chiede se desideriamo effettivamente recare con noi l’item in questione, passaggio decisamente superfluo. È altresì consentito collezionare “argomenti” che potremo poi discutere con chi di dovere.
la storia, pregevolissima, è azzoppata da una presentazione claudicante
A quanto sopra si aggiunge una storia – pregevolissima, lo ricordo – azzoppata da una presentazione claudicante per un tempo della narrazione che definirei “adagio staccato”, con ogni personaggio che si concede generose pause prima di recitare la propria battuta. L’esempio migliore dell’esasperante lentezza è rappresentato dalla stesura di una lettera resa disagevole da lunghi momenti di riflessione e dal continuo intingere la penna d’oca nel calamaio (sequenza che dovremo affrontare tre volte nell’intero gioco).
I Pilastri della Terra si offre al giocatore ripartito in tre book, a loro volta suddivisi in sette capitoli dalla durata variabile. E se la prima tranche trova un giusto equilibrio tra esplorazione ed esposizione, il secondo “libro” incentiva (per non dire “obbliga”) a un minuzioso scandaglio degli ambienti, seguito da una terza parte conclusiva che – di contro – si risolve quasi da sé, confinando “pericolosamente” con la visual novel. Pare, dunque, che Daedalic non abbia saputo dare un’omogeneità di fondo al prodotto, che finisce per essere un ibrido decisamente asimmetrico.
Il più grande pregio de I Pilastri della Terra è che ti fa venir voglia di recuperare il romanzo di Ken Follett, dacché durante le circa 24 ore necessarie per completare l’offerta trapelano una narrazione sopraffina e una storia di grandissimo pregio. Dal punto di vista ludico, però, il titolo di Daedalic non ce la fa, con un gameplay elementare che nondimeno richiede tempo per essere sbrogliato. Senza dimenticare l’estrema lentezza con cui il tutto viene presentato.