Devo ammettere che quando ho completato la storia di Bayek e Aya da Siwa, mi sono emozionato. Ho provato la stessa sensazione di quando finisci un libro lungo che hai divorato in nottate insonni, su cui hai fantasticato, che una parte di te non vuole lasciare andare via, ma che non vedevi l’ora arrivasse a una degna conclusione. Assassin’s Creed Origins è un viaggio immenso come l’Egitto di metà Primo Secolo a.C. che mette in scena, ma soprattutto è un gioco che ti resta dentro, perché finalmente la vicenda del Credo torna ad avere un cuore caldo, passionale e intenso come i suoi protagonisti, e non si accontenta soltanto di riflettersi in un concept affascinante. Il team di Ubisoft Montreal, guidato da Ashraf Ismael e Jean Guedson, ha riportato la saga sul binario che i fan avrebbero voluto da tempo, senza sacrificare né l’identità del progetto né una serie di scelte autoriali ben precise, in grado di rinnovare l’IP nel pieno rispetto del concetto di base e dell’immenso background sviluppato in dieci anni. Sarebbe riduttivo però fermarsi solo all’opera di restauro, perché Assassin’s Creed Origins, a prescindere da tutto, è un gioco enorme e incredibilmente divertente. Nelle circa cinquanta ore che ho speso in Egitto negli ultimi sei giorni mi sono goduto l’arco narrativo principale e una buona parte di quest secondarie che accompagnavano direttamente la vicenda legata a Bayek, ma ho ancora territori da esplorare, una manciata di missioni da completare e attività secondarie da portare a termine, come le corse delle bighe e le arene gladatorie. Infine, mi sono accorto di non aver visto i titoli di coda, e sono convinto ci sia ancora qualcosa da scoprire per completare il quadro di una storia che ritorna a parlare, com’è giusto che sia, di Prima Civilizzazione e… presente.
THE HIDDEN ONES
Alcuni leak lo avevano confermato qualche giorno fa, ma la prima, graditissima sorpresa di Assassin’s Creed Origins è il ritorno della linea temporale del presente, affidata alla giovane Layla Hassan, istintiva e ribelle dipendente di Abstergo che vorrebbe gli fossero riconosciuti più meriti per le sue (notevoli) scoperte. Proprio il suo apporto alla tecnologia Animus e alla memoria genetica cambia un po’ le carte in tavola delle modalità di accesso alle sequenze stipate nel DNA, liberandolo da alcuni vincoli. Senza spoilerare nulla, mi permetto di fare una riflessione sulla funzione di Layla, che rappresenta, dieci anni dopo, la meraviglia e la confusione del giocatore proprio come Desmond Miles. L’identificazione tra noi e la giovane ricercatrice funziona perché cerchiamo le sue stesse risposte, sia nel passato che nel presente: Ubisoft Montreal ha sfruttato benissimo l’occasione per mettere a posto un lore che, negli ultimi anni, si era sfaldato nelle opere crossmediali derivate ed era stato parzialmente trascurato nei giochi. Torna dentro, dunque, in maniera ordinata ed essenziale, tutta una serie di informazioni prese dai fumetti Uprising e Templars, e finanche le atrocità del film, ma normalizzate e inserite in un contesto sensato.
la prima, graditissima sorpresa di Assassin’s Creed Origins è il ritorno della linea temporale del presente
Assassin’s Creed Origins, in quest’ottica, è forse il punto più alto della serie, perché rappresenta l’equilibrio perfetto tra la Grande Storia e il suo contraltare di fiction cospiratoria, una vicenda tormentata e privata, e la tradizione da blockbuster d’avventura. Un equilibrio che regge verticalmente fino alla fine, ma che si sviluppa anche orizzontalmente con le diramazioni secondarie, e viene tenuto insieme dal gameplay e dalle situazioni emergenti.
LA CULLA DELLA CIVILTÀ
Al di là della scrittura in sé, ciò che colpisce è la tenuta del mondo, frutto di un ragionamento di world building brillante e consapevole. L’Antico Egitto costruito da Ubisoft è immenso, ma non è un luna park al servizio del giocatore: ci sono i vuoti, c’è il tempo per contemplarlo e, soprattutto, ha un suo personale ritmo. A livello macroscopico, è un mondo che funziona ed è plausibile, retto su routine di IA che provano, finché possono, a sembrare più naturali possibile. Il risultato è convincente e, per quanto a volte sia necessariamente meccanico e un po’ grezzo nel modo in cui i PNG si comportano, sarebbe ingiusto non riconoscere la mole di lavoro svolta su larga scala. Ancora più del world building, dove Assassin’s Creed Origins colpisce è nella tenuta ambientale delle quest secondarie.
L’Antico Egitto costruito da Ubisoft è immenso, ma non è un luna park al servizio del giocatore
TRADIZIONE RINNOVATA
Che Assassin’s Creed Origins sia un titolo di compromessi ben riusciti, d’altronde, è palese, e non si tratta assolutamente di una rivoluzione per la serie, quanto di una riorganizzazione e celebrazione degli elementi più iconici della saga, inseriti in un contesto light-RPG un po’ più complesso di quello visto in Horizon: Zero Dawn, la cui parte migliore è sicuramente l’interessante albero delle abilità tripartito che consente un’ampia personalizzazione di Bayek. Origins è chiaramente un’evoluzione diretta di Black Flag, da cui riprende quell’irriverente senso di libertà e l’archetipo del viaggio. Eppure, è anche il crocevia delle esperienze di tutta la saga, e ritrova la presenza di grandi eventi storici, la sacralità e la monumentalità del primo periodo, ma anche il dominio delle terre selvagge (con tanto di crafting legato alla caccia) della trilogia americana; c’è spazio anche per le battaglie navali (poche, purtroppo), un sistema di indagine figlio di Unity e Syndicate, e ritornano anche i classici dialoghi di accompagnamento alle esecuzioni. Manca, invece, la pianificazione degli assassinii, ma è pur vero che è possibile affrontarli in tantissimi modi diversi, magari meno spettacolari delle tre opzioni scriptate, ma sicuramente più in linea con lo spirito libero di questo episodio. Ci sono, insomma, tutte le migliori idee sviluppate in questi anni, magari un po’ meno approfondite, ma tutte declinate in maniera assolutamente funzionale e al servizio di un gameplay sempre a fuoco e mai dispersivo.
La vera rivoluzione coinvolge il combattimento, che rispetto al passato vanta un sistema complesso
IL CUORE DEL DESERTO
Nonostante i suoi difetti, però, è difficile trovare qualcosa che non funzioni davvero in Assassin’s Creed Origins: anche nei momenti in cui si vede chiaramente la matrice, peraltro mostrata con vanto e giustificabile da elementi di pura ragion pratica, il gioco compensa con un carisma notevole, poco importa che sia quello dei personaggi (da sottolineare soprattutto Aya, elemento splendido ed estremamente importante per chi ha a cuore il lore della saga) o quello di un’ambientazione intrisa di magia e raffinatezza, la cui messa in scena alimenta la sete di avventura. Ogni duna può celare qualcosa di effettivamente nuovo, e la quantità di finezze nascoste ed elementi emergenti è notevole: provate a passare troppo tempo nel deserto e abbandonarvi alle visioni, oppure a girovagare per le città di frontiera, oppure ancora fate attenzione all’uso diegetico della musica. La colonna sonora non è invasiva, e lascia spazio a un bellissimo sonoro ambientale, fatto di un’ottima ricerca linguistica (nella versione doppiata in inglese, mentre in italiano si appiattisce, purtroppo, tutto) e una grande attenzione ai suoni naturali. Alla musica spetta il compito, invece, di alimentare il mito e scandire il ritmo dell’azione, e ha una funzione quasi rituale, che raggiunge la massima espressione nei pressi delle piramidi.
è difficile trovare qualcosa che non funzioni davvero in Assassin’s Creed Origins
Assassin’s Creed è tornato nel migliore dei modi possibili, con un gioco che concretizza al meglio, attraverso un gameplay appagante, divertentissimo e fortemente identitario, un world building eccellente e una storia di nuovo appassionante. Più che una rivoluzione, Assassin’s Creed Origins è il miglior compromesso possibile tra i canoni del videogioco contemporaneo e il concept della saga, e per Ubisoft rappresenta un inizio da cui ripartire in maniera più responsabile per assicurarle un futuro radioso. C’è ancora qualche meccanica grezza e da affinare, e l’IA resta un po’ anacronistica, ma l’Antico Egitto è un mondo talmente immenso, bello e incantevole in cui viaggiare che difficilmente non farà breccia nel cuore dei giocatori.