Stray è entrato a passo felpato nelle nostre vite con un trailer al neon, un gatto stupendo, una città degradata e dei robot senzienti. Prometteva una sguardo diverso sul mondo attraverso gli occhi di un animale tanto amato quanto poco esplorato; ciò che rimane, però, è una piccola impronta nel panorama videoludico. Un gioco di genere, bello per la sua semplicità.
Sviluppatore / Publisher: BlueTwelve Studio / Annapurna Interactive Prezzo: 26,99 € PEGI: 3 Disponibile Su: PC (Steam), PlayStation 4, PlayStation 5 Data di Lancio: 19 luglio 2022
Come faccio a parlarvi di Stray senza parlarvi dell’hype che si è generato attorno? Impossibile. Stray ha subìto l’hype e noi siamo stati complici di questa tortura. Perché Stray, in fondo, non è che un semplice viaggio da A a B di un gatto randagio perso all’interno di una città distopica abitata da robot senzienti. Quella mediocrità che per qualche motivo è diventata il male in quest’industria, ma che in realtà andrebbe riscoperta e apprezzata.
L’EREDITÀ DELLA PS2
Il problema attuale di noi videogiocatori è che siamo abituati ad un ventaglio di titoli talmente tanto vasto da aver bisogno del capolavoro per convincerci a comprare qualcosa. Tutto è come se fosse un enorme supermercato: se qualcosa non ci piace la lasciamo sullo scaffale, tanto arriverà qualcosa di buono prima o poi, oppure arriverà qualche 3×2 che ci convincerà a rischiare. Attenzione però, non è nelle possibilità il problema, anzi. Il fatto che ci siano così tanti prodotti diversi è ciò che rende quest’epoca videoludica la migliore di sempre (con tutto che, ancora oggi, dobbiamo combattere per veder rappresentata una donna che non sia una bambola). Il vero neo è nella mancanza totale di educazione all’arte. Uscire dalla propria zona di comfort è il primo passo per capire cosa ci piace e cosa no, per sviluppare un senso critico, e il videogiocatore moderno spesso non ne è in grado.
Perché, però, tutto questo preambolo per parlare di Stray? Perché il gioco di BlueTwelve Studio non è altro che un gioco PS2 leggermente migliorato. O meglio, si colloca nel solco di questo revival puzzle platform PS2 che ha colpito gli ultimi 2/3 anni del medium. Per farvi due esempi velocissimi, Lost in Random e The Gunk sono rispettivamente Coraline su PS2 (e non solo per l’estetica) e un generico puzzle platform 3D (con tanto di boss fight finale gimmick e pure brutta). Quindi per sua natura non può essere un capolavoro, né vuole esserlo. L’intento di Stray è quello di abbracciare più pubblico possibile: dal bambino che prendendo in mano il gioco sicuramente porterà nel cuore il gattino e diversi incubi provocati dai nemici del gioco, all’adulto che risolverà gli enigmi elementari in una frazione di secondo e rivedrà nell’ambientazione e nelle parole dei robot un futuro non troppo lontano se non facciamo qualcosa per evitare che il pianeta su cui abitiamo muoia.
IL RITMO SBALLATO DI STRAY
Come ho detto sopra, Stray non è altro che una semplicissima avventura puzzle platform che vede nei momenti scriptati il suo tocco di genio. Gli inseguimenti, i puzzle ambientali da risolvere per andare avanti nella trama senza possibilità di tornare indietro, alcune sezioni stealth studiate ad hoc per metterti tensione, quel salto da fare al momento giusto che fa cadere quell’oggetto che ti da l’impressione che sia stato tu, ma proprio tu, a farlo cadere. Tutti questi momenti giocano alla perfezione con la natura del protagonista: piccolo, agile, leggero in un mondo a misura d’uomo pieno di insegne, tubi, scatole.
Lo script è linguaggio del videogioco. Tra i più importanti. In Stray è la salvezza
La relazione essere biologico – macchina è, invece, fortissima nei momenti scriptati. La tensione ti lega ai tuoi compagni di viaggio, ti fa sentire un vero vagabondo che può contare solo sulle sue forze e sui legami che ha stretto in quei pochi giorni. Se il gioco fosse stato tutto così, se avesse seguito quella linea tracciata da titoli come Little Nightmares che fanno proprio dello script il loro punto di forza, staremmo qui a parlare di un titolo fondamentale da avere in libreria. Purtroppo la storia è un’altra, ma non per questo Stray è da denigrare, anzi. Rimane un gioco di genere nella media, ottimo per chi cerca qualcosa a metà tra lo svago e la critica sociale. Perfetto per chi ha poco tempo e desidera vivere una piccola fiaba. Eccellente per chi vuole degli scorci mozzafiato su un’ipotetica città distopica dal punto di vista di un piccolo gatto arancione.
In Breve: Stray non è la rivoluzione promessa. È un gioco nella media, una fiaba su un gattino disperso che vuole tornare in superficie. Nei momenti scriptati trova il suo punto di forza; si perde completamente nelle aree più aperte. Tutto sommato è un gioco leggero, godibile. Ottimo per chi cerca una piccola avventura e un pizzico di critica sociale.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: I7 9th gen, 16 GB RAM, GeForce GTX 1660 ti, SSD
Com’è, Come Gira: Frame rate stabile, perde solo durante qualche caricamento nascosto. Per il resto il gioco gira tranquillo, ad eccezione dei comandi che a volte sono poco responsivi, sia se si gioca con mouse e tastiera, sia se si gioca con gamepad.