C’era una volta Criterion Games, magnifica software house britannica che, dopo qualche titolo dignitoso e un’evidente predilezione per l’attitudine punk e la velocità, agli albori del nuovo millennio, ha trovato la consacrazione e l’amore del pubblico grazie alla serie di Burnout, videogiochi incentrati sulla devastazione e sul divertimento a mille all’ora. Una serie fenomenale (puoi dirlo forte, ndKikko), con cui Criterion ha dimostrato come non servissero chissà quali licenze o ambientazioni esotiche per fare un grande gioco di auto, quanto una colonna sonora bella pestata e un sacco di incidenti clamorosamente impossibili proposti a velocità smodata. Sì, insomma, come Squadra Speciale Cobra 11, ma messo in scena con un senso della spettacolarità non-teutonico.
il gameplay, semplice, ha dalla sua un discreto numero di modificatori per appagare la voglia di “farlo strano”
I CAME TO MAKE A BANG
In effetti, se fare un gioco esplosivo e ad alta velocità con protagonista auto di tutte le forme e dimensioni sembra una conseguenza logica quasi diretta e plausibile, Three Fields Entertainment ha deciso di ripartire applicando il loro tocco ad alti ottani al “pacifico” golf, non proprio lo sport più pirotecnico e sensazionale tra cui scegliere.
il sistema fisico e di telecamere non è sempre inappuntabile
Dangerous Golf, in effetti, pad alla mano, è un prodotto estremamente semplice: l’idea è quella di portare un tour golfistico in quattro paesi del mondo e, piuttosto che sfruttare i grandi prati verdi, chiudere tutto tra quattro mura incentivando il giocatore a distruggere gli scenari il più possibile, con un paio di colpi bene assestati. Ogni livello “standard” è strutturato con un primo colpo alla pallina a cui (previa distruzione di un numero congruo di oggetti) seguirà un colpo Scorebreaker; realizzato questo la nostra piccola sfera comincerà a rimbalzare nuovamente, in preda a un second wind infuocato che saremo perfettamente in grado di controllare al fine di distruggere quanti più oggetti possibili e accumulare punteggio. Finito il delirio di fuoco, la pallina cadrà a terra e dovremo solo mandarla in buca, pena la decurtazione di metà del nostro score e seguente derisione della nostra lista amici.
UN SALUTO DA…
Un’idea di gameplay semplice, praticamente basilare, che però ha dalla sua un discreto numero di modificatori per ravvivare l’esperienza quel tanto che basta da appagare quella voglia di “farlo strano”. Si parte dalla possibilità di “sparare” la pallina da golf dopo un’attenta mira col puntatore laser, passando per la possibilità di giocare partendo dal muro, grazie a un’ingente quantità di colla, fino, perché no, all’opportunità di unire la colla a qualche bomba, tanto da lasciare sui muri un ricordo esplosivo che farà piazza pulita degli oggetti nelle vicinanze dopo il nostro passaggio.
le ambientazioni fanno da sfondo a ben cento buche, da affrontare per completare il tour
Tuttavia, Dangerous Golf mostra maggiormente la corda proprio in quegli ambienti tanto belli da vedere e da distruggere, quanto assolutamente ripetitivi e bizzarramente macchiettistici. Se, nominalmente, saremo chiamati a calcare gli interni di Francia, Stati Uniti, Australia e Inghilterra, in realtà ci ritroveremo a rimbalzare sempre tra le solite quattro/cinque stanze, senza un minimo riferimento reale o un ammiccamento ai paesi summenzionati: la Francia è una stanza ottocentesca, gli Stati Uniti sono la cucina di un ristorante, l’Australia è una stazione di benzina e l’Inghilterra è l’interno di un castello. Intendiamoci, al di là di qualche scritta e di qualche oggetto non si cela chissà quale significato simbolico dietro a questi abbinamenti. Potrebbe essere una semplice scelta di satira, se non fosse che non c’è nulla di intrinsecamente comico nelle ambientazioni… insomma, una mancanza di fantasia e di spirito goliardico che, considerato il tipo di gioco e il team che gli sta dietro, scade quasi dalle parti del cattivo gusto. Senza contare che queste quattro ambientazioni fanno da sfondo a ben cento buche, da affrontare per forza una dietro l’altra per procedere nel gioco e completare il tour. Anche qui, fortunatamente, oltre a un’ovvia ridistribuzione dei contenuti da distruggere di volta in volta, intervengono altri modificatori a dare un po’ di sollievo dalla ripetitività: abbiamo zone di pericolo, dove “atterrare” significa game over; teletrasporti e zone nascoste, fattori che aggiungono una piccolissima componente puzzle ma, purtroppo, fanno cadere il gioco in una spirale di ripetitività e déjà-vu già dopo lo sblocco del quadro Inglese, quindi dopo circa un’oretta abbondante di distruzione senza freni.
Quasi paradossalmente, è curioso constatare come le putting challenge, ovvero i livelli disseminati di buche in cui mandare la pallina entro un certo limite di tempo, finiscano per risultare la variazione di gameplay più piacevole e funzionante, pur essendo più in linea con il golf tradizionale o, se volete, il biliardo. Sarà anche che, tanto per cambiare, è piacevole avere un po’ più di controllo sulla pallina e avere una visuale più chiara di quello che accade su schermo.
Pur partendo da buoni presupposti e da dolci ricordi, Dangerous Golf non va oltre la bella facciata e l’idea divertente. Nonostante il tentativo di variare le circostanze di gioco con meccaniche ad hoc e buche disseminate di roba esplosiva, la mancanza di varietà finisce bene presto per precipitarci in una spirale di ripetitività su cui è difficile passare sopra. La sostanziosa revisione uscita questo mese ci ha portato in dote un gioco tecnicamente più stabile (anche se non sempre al top dei 60 FPS nelle situazioni più pirotecniche), ma a livello di contenuti è rimasto invariato, lasciandoci tra le mani una sorta di party game (giocare con mouse e tastiera su PC è praticamente impossibile) buono in compagnia, e solo accettabile per due o tre buche ogni tanto. Il golf ha provato ad avere i suoi quindici minuti di notorietà goliardica, ma evidentemente chi nasce rotondo non può morire quadrato.