Quando la fine del mondo è alle porte, non resterà che colonizzare la frontiera digitale. Ecco come nasce la figura del Gamedec, lo Sherlock Holmes delle realtà virtuale protagonista della nostra recensione.
Sviluppatore / Publisher: Anshar Games / Anshar Publishing Prezzo: 29,99€ Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: ND Disponibile Su: PC (Steam, GoG, Humble Store); prossimamente anche su Nintendo Switch Data di Lancio: 16 settembre (PC)
Siamo alla fine del ventiduesimo secolo, e la razza umana se la sta vedendo peggio di come auspicato nell’introduzione di Ken il guerriero! Il pianeta è in rovina e l’ecosistema si è tramutato in una creatura ostile, tanto che per sopravvivere l’uomo è stato costretto a confinarsi all’interno di gigantesche città, in un modo non dissimile dalle Mega-City di Judge Dredd. All’interno di queste fortezze il pericolo non è però rappresentato da un gruppo di grotteschi giudici provenienti da una dimensione dove vivere è reato, bensì dal modesto quanto necessario bisogno di escapismo; un po’ come nell’universo immaginato da Ernest Cline in Ready Player One (e con questo – giuro – abbiamo finito con le citazioni!) l’unica valvola di sfogo per una civiltà allo sfacelo è idealizzata nella realtà virtuale, un universo digitale dove i corrotti hanno trovato una nuova miniera d’oro.
Frutto dell’ennesima campagna di crowdfunding, il gioco è ispirato all’universo creato dall’autore polacco Marcin Przybytek e ci mette nei panni di un Gamedec, ovvero un investigatore privato di Warsaw City impegnato a scovare il marcio che si annida dentro e fuori i cosiddetti Virtualia, ovvero le frontiere informatiche dove milioni di persone si riversano per dimenticare anche solo per un attimo gli orrori del mondo.
ELEMENTARE, GIBSON
La visuale isometrica e l’ambientazione cyberpunk potrebbe inizialmente suggerirvi un gioco simile all’ultima nonché fortunata incarnazione di Shadowrun, ma la verità è parecchio differente: in Gamedec non si va in giro guardinghi brandendo armi futuristiche nella speranza che innesti bionici e un buon corpetto in kevlar possano offrire protezione da pallottole vaganti, ma si parla. Si parla tanto, perché il dialogo è l’arma del nostro investigatore, dentro e fuori lo sprawl digitale. Traendo osservazioni e rispondendo a tono, il gioco ci ricompensa distribuendo punti nei quattro tratti che definiscono la personalità del nostro alter ego. Non c’è un modo perfetto di comportarsi, ma approcciare direttamente le questioni così come mostrare un briciolo di empatia permetterà di indirizzare sapientemente le discussioni e accumulare un variegato bagaglio di punti che, a loro volta, permetteranno di sbloccare numerose abilità che il gioco chiama ingannevolmente professioni.
Che si tratti di conoscere il corpo umano o scovare falle e glitch nella realtà virtuale, questi vantaggi offriranno nuove opzioni di dialogo e strumenti per estrapolare indizi dentro e fuori i Virtualia, un bagaglio indispensabile per cercare di arrivare alla fine dell’indagine senza abbandonarsi al caso. Perché la verità non è mai evidente e va raggiunta un passo alla volta nella schermata delle deduzioni, dove tutto lo scibile legato al caso in corso è organizzato in un diagramma; qui ogni nodo rappresenta una domanda dalle molteplici risposte, e gli indizi raccolti vengono progressivamente riassunti per aiutare l’investigatore a trarre le sue personali conclusioni, rivelando a ogni intuizione – esatta o errata che sia – nuove tessere del mosaico complessivo che porterà in un modo o nell’altro alla conclusione dell’indagine.
Continua nella prossima pagina…
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