Gradius Origins decolla per un viaggio nel tempo e nello spazio, tra sfide leggendarie e la consueta cura di M2, per riscoprire uno dei pilastri dello sparatutto arcade.
Sviluppatore / Publisher: M2 / Konami Prezzo: 39,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Cooperativo locale PEGI: 7 Disponibile su: PS5, Switch, Steam, Xbox Series
Nasce nel lontano 1985. L’anno è facile da individuare: basta attendere che l’inaffidabile Bubble System si scaldi, inserire il gettone e dare il via a una nuova partita sulle note di Challenger 1985, accorato inno scritto da Miki Higarashi, ispirato a quelle esplorazioni spaziali che, per noi figli degli anni Ottanta, erano quasi un sogno a occhi aperti, almeno fino al brusco risveglio causato dal disastro dello Space Shuttle, appena un anno dopo.
All’epoca, però, Konami aveva spalancato una finestra su un futuro stellare, decollando dalla stessa pista usata un paio d’anni prima da Scramble e inaugurando la dinastia di Gradius che celebriamo oggi, quarant’anni dopo. A fare da maestri di cerimonia, i ragazzi di M2, autentici artigiani dello sparatutto arcade racchiuso nell’intimità domestica.
GRADIUS ORIGINS È MEGLIO CHE IN SALA GIOCHI
Gradius Origins è una raccolta sontuosa, comprendente diverse revisioni di sei (facciamo cinque e mezzo, poi vi spiego perché) sparatutto che hanno fatto la fortuna di Konami nei game center. Titoli circondati da trucchi tramandati sulle pagine di Gamest, VHS con partite perfette smerciate nei negozi più hardcore della Electric Town, e una montagna di imprecazioni in giapponese stretto. Perché si sa, la saga di Gradius (o Nemesis, come è conosciuta in Occidente) è sempre stata dura come il molibdeno.
Gradius Origins è una raccolta sontuosa, con sei sparatutto che hanno fatto la fortuna di Konami nei game center
Per questo, M2 ha messo in campo la sua proverbiale magia, avvicinando il pubblico hardcore ai giocatori che si sono sempre tenuti a debita distanza dai cabinati popolati da Vic Viper svolazzanti. Da una parte, i veterani avranno pane per i loro denti: classifiche online con replay scaricabili e riproducibili da analizzare al pixel con la sagacia del nerd che non deve chiedere mai, e un ventaglio di revisioni per tutti i gusti, compresi prototipi inediti mai visti prima. Tra questi spicca la leggendaria – e per anni elusiva – versione di Gradius III presentata nell’autunno del 1989 al Japan Amusement Show, qui ricostruita e proposta in esclusiva assoluta. L’occasione giusta per una resa dei conti orchestrata dal destino, ché quel colossale drago di sabbia l’avremmo voluto affrontare anche noi europei, dopo averlo intravisto sulle pagine di TGM o Mean Machines. Quei giocatori occasionali che invece si accontenterebbero tranquillamente di non morire prima ancora di impugnare il joystick troveranno numerosi strumenti per muovere i primi passi.
C’è una modalità facilitata con hitbox ridotte, che consente un margine di errore molto più generoso, e una in cui vige l’invincibilità totale, pensata per prendersi la rivincita su alcuni dei giochi più tosti mai usciti dalle fucine di Konami. Il tutto condito da un’infinità di opzioni, come da tradizione M2. Tra queste, la visualizzazione degli hitbox, per capire esattamente dove passare per non schiantarsi contro quel boss apparentemente insormontabile, il riavvolgimento dell’azione e una massiccia dose di widget da piazzare attorno all’area di gioco per monitorare ogni aspetto della partita: dai colpi che il campo di forza può ancora assorbire, alla conta delle formazioni da eliminare per ottenere una smart bomb, fino al fatidico ranking.
Il tocco di classe è l’inedito Salamander III, un titolo nuovo di zecca realizzato da M2.
Quest’ultimo è un sistema di difficoltà dinamica che rende il gioco più aggressivo a seconda della bravura del giocatore: vederlo schizzare alle stelle dopo una buona performance per poi crollare in picchiata una volta persa una vita è decisamente illuminante! E infine le scanline. Alcune tra le più belle mai viste nel mondo dell’emulazione, perfette per ricreare il fascino dei vecchi tubi catodici, accompagnate da una valanga di opzioni per personalizzarle a piacimento. Il tutto, inutile dirlo, si gioca che è un autentico piacere, soprattutto con un buon arcade stick tra le mani. Anzi, la riscoperta di simili classici, resa possibile dai nuovi strumenti di apprendimento, li rende nuovamente freschi e coinvolgenti.
SARAMANDA È UN ATEJI…
…ovvero un gioco di parole giapponese su cui non ci soffermeremo. Ci basta sapere che, assieme ai primi tre Gradius, troviamo il quasi-seguito Salamander, la sua versione americana a tema organico Life Force (dove i meteoriti del secondo livello diventano… calcoli renali!) e la relativa controparte giapponese. Confusi? Qualcuno in Konami pensò che la nuova veste di Life Force fosse niente male, tanto da realizzarne una versione orientale, rimpiazzando però i power-up da raccogliere sul momento con il classico sistema di potenziamento di Gradius, dove i pickup vanno collezionati fino al raggiungimento dell’arma desiderata. È da mal di testa, lo so. Ma, per i più distratti, ricordiamo che Salamander si differenzia dalla serie principale per la possibilità di giocare in due, l’alternanza tra livelli a scorrimento orizzontale e verticale e l’assenza di checkpoint. Una buona notizia, se non fosse che, complice un ritmo ancora più serrato, l’azione risulta comunque più impegnativa. Il tocco di classe è l’inedito Salamander III, un titolo nuovo di zecca realizzato da M2 che risponde all’atavica domanda: cosa sarebbe successo se Konami si fosse concentrata sui giochi che sapeva fare, invece di perdere tempo con disastri come Martial Champion?
È un bel gioco – non necessariamente superiore a Salamander 2, anche lui presente all’appello con la sua grafica prerenderizzata che ancora oggi regge bene – ma compie un lavoro rimarchevole nel rendere omaggio a situazioni familiari per chi, in questi quarant’anni, ha amato l’universo di Gradius.
La riscoperta di simili classici, resa possibile dai nuovi strumenti di apprendimento, li rende nuovamente freschi e coinvolgenti.
Questi, purtroppo, non saranno soddisfatti dall’aspetto museale della compilation: illustrazioni e schizzi sono presentati privi di contesto, approfondimenti e traduzioni dove necessario, mentre l’assenza degli episodi domestici usciti su computer giapponesi e console (banalmente, Gradius Gaiden per PSX è il capitolo preferito da chi scrive queste righe) è una mancanza preventivata, ma che continua comunque a stonare con il resto della collezione.
In Breve: Gradius Origins è una celebrazione, un atto d’amore verso un’epoca in cui ogni gettone era una scommessa tra te – impacciato ragazzino- e l’universo stesso. Tra chicche mai viste prima, revisioni maniacali e una giocabilità rifinita con l’ossessione che solo M2 sa offrire, questa raccolta è tanto un documento storico quanto un invito a riscoprire una serie leggendaria. Peccato per un comparto museale appena sufficiente, un aspetto che andrebbe curato con maggiore attenzione, soprattutto ora che i lavori di Digital Eclipse hanno alzato l’asticella, imponendo uno standard con cui ogni raccolta retro dovrebbe ormai confrontarsi. Ma c’è sempre tempo per migliorarsi con un secondo volume: del resto, anche Gradius IV: Fukkatsu è rimasto fuori dal discorso arcade.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di prova: Ryzen 7 5800X, RTX 4070 12Gb, RAM 32Gb 3600Mhz, SSD
Com’è, Come Gira: Su PC gira tutto in modo impeccabile. L’emulazione è estremamente solida, con tempi di risposta perfetti e nessun problema tecnico da segnalare. Le opzioni grafiche sono ridotte all’osso (del resto, non ce n’è davvero bisogno) e l’esperienza resta fedele all’originale, con quella cura maniacale che da sempre contraddistingue il lavoro di M2.