The Case of the Golden Idol – Recensione

PC

Un idolo dorato, emerso da una delittuosa spedizione, si muove di generazione in generazione seminando morte: il suo mistero è al centro dell’ottimo esordio di Color Gray Games.

Sviluppatore / Publisher: Color Gray Games / Playstack Prezzo: 17,99 euro Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: N.D. Disponibile Su: PC (Steam) Data di Lancio: Disponibile

Qualche sera fa, parlando con Pietro Righi di Santa Ragione (troverete l’intervista su TGM #395) è saltato fuori il discorso di quei giochi che inventano un nuovo genere.

Il co-fondatore dello studio milanese ne parlava in relazione al loro Wheels of Aurelia, capostipite di numerosi road game di diverse forme e stili pubblicati negli anni seguenti. La conversazione mi è tornata in mente in questi giorni mentre giocavo a The Case of the Golden Idol: quello che si può serenamente considerare il primo gioco a rielaborare la lezione appresa da Return of the Obra Dinn.

THE CASE OF THE GOLDEN IDOL È UN GIALLO ARTISTICO

Uno dei sottogeneri più apprezzati del giallo è il whodunit, ovvero quel particolare tipo di racconto in cui al centro del meccanismo narrativo si trova un puzzle dietro cui si cela l’identità di un colpevole, noto solo al narratore.

Tutto ruota intorno a un misterioso idolo dorato

Al lettore/spettatore/giocatore tocca invece il compito di mettere insieme i pezzi e risolvere il mistero. The Case of the Golden Idol è la più semplice e brillante traduzione videoludica di questo vecchissimo topos narrativo. Tutto ruota intorno a un misterioso idolo dorato, recuperato durante una spedizione esplorativa, in circostanze ancora da chiarire, il cui arrivo in Europa pare essere inesorabilmente accompagnato da una scia di delitti di sangue e di morti più o meno fortuite.

Dove passa l’idolo, qualcuno ci lascia le penne.

Il gioco del duo lettone Color Gray propone al giocatore undici casi, tutti collegati tra loro e raccolti in capitoli introdotti da un breve, ma efficace titolo riassuntivo, che contiene tutte le poche informazioni preliminari messe a disposizione del solutore. Ciascun capitolo raffigura una scena brevemente animata, una sorta di gif che congela il mondo di fine ‘800 in cui è ambientato il gioco nei pressi di un momento delittuoso: durante o poco dopo.

Ciascun capitolo raffigura una sorta di gif che congela il mondo di fine ‘800 in cui è ambientato il gioco nei pressi di un momento delittuoso

Come in un dipinto fiammingo (in questo senso The Case of the Golden Idol ricorda la spassosissima avventura The procession to calvary) i dettagli in scena abbondano e tra essi si nascono degli indizi: per raccoglierli è sufficiente cliccarci sopra, e ovviamente optando per la visualizzazione guidata questo compito risulta decisamente più semplice.

Già nel primo capitolo bisogna tenere gli occhi aperti per arrivare alla giusta deduzione.

Cliccando su un punto interagibile si apre una piccola finestra al cui interno può trovarsi tanto una didascalia quanto altri elementi a loro volta interagibili e da cui raccogliere informazioni. Ogni indizio raccolto va ad aggiungersi in un’area posta alla base della schermata e può essere distinto per categoria (nomi, luoghi, etc…) attraverso il colore.

CHI PENSA E CHI ESPLORA

Quella appena descritta tuttavia è solo una delle fasi di gioco, e più precisamente quella esplorativa. Nel momento in cui si ritiene di avere abbastanza elementi por risolvere il caso (il numero di indizi totali in scena è comunque indicato sullo fondo dello schermo) si può passare a quella riflessiva, dove viene richiesto di incastrare gli indizi raccolti in una serie di schede che includono sempre la descrizione del delitto, oltre ad altre informazioni aggiuntive (collegare nomi a volti, completare mappe, etc…).

Nel momento in cui si ritiene di avere abbastanza elementi por risolvere il caso si passa alla fase riflessiva

Nonostante la quantità ridotta di informazioni da gestire, già i primi due capitoli mettono in chiaro al giocatore che per giungere alla verità non sarà sufficiente lasciar lavorare il cervello col pilota automatico. Il diavolo è nei dettagli e serve un occhio attento per notarli e sinapsi attive per collegarli, ragionando spesso fuori dagli schemi degli indizi raccolti.

Chiaro caso di autocombustione, no?

Già dal secondo capitolo, tuttavia, i pezzi da mettere insieme si moltiplicano così come le capacità deduttive richieste, sostituibili con una buona dose di pazienza necessaria a tentare tutte le combinazioni possibili. Non si tratta della soluzione più elegante, ma The Case of the Golden Idol non la ostracizza: anzi, Color Gray è disposto anche a offrire degli indizi al giocatore, ma per ottenerli bisogna risolvere prima un altro puzzle, e poi essere pronti a trovarsi di fronte a una spiegazione, più che a una risoluzione.

L’ELEGANZA DEL RISOLUTORE

The Case of the Golden Idol fa una serie di cose che, col senno di poi, appaiono piuttosto semplici e quasi scontate, ma tanto banali non devono essere, se a nessuno erano ancora venute in mente. Innanzi tutto trova il modo di declinare la formula di Return of the Obra Dinn in un altro contenitore, evocando suggestioni senza risultare derivativo.

Un tipico sabato sera nella redazione di TGM.

Dopo di che riesce nell’improbo compito di offrire delle vere sfide al giocatore, che richiedono ingegno e deduzione, in cui tutti gli elementi sono lì, in bella vista, e devono solo essere collegati: riuscirci provoca un’esplosione di autostima come di rado si verifica. Infine collega con successo i suoi undici capitoli, raccontando una storia che saprà svelarsi davanti agli occhi di chi saprà accogliere l’implicito e il non detto: show, don’t tell dice una regola aurea della sceneggiatura e The Case of the Golden Idol lo fa con sorprendente maestria.

il gioco riesce nell’improbo compito di offrire delle vere sfide al giocatore

Stupisce davvero l’eleganza e la padronanza del mezzo di questo duo di sviluppatori, che al loro esordio non solo hanno confezionato un marchingegno narrativo che funziona quasi alla perfezione, ma l’hanno anche inserito in una confezione in pixel art che non ha timore nel ricorrere a uno stile grafico a tratti disturbante, fatto di anatomie distorte, volti deformati e colori dissonanti, mentre il loop della scena viene accompagnato dall’eterno ritorno di ottime tracce musicali, perfette per un mistery, che incedono senza stancare.

In Breve: The Case of the Golden Idol è un ottimo esordio. Color Gray ha imparato la lezione di Return of the Obra Dinn e l’ha reinterpretata con un proprio stile. I casi da risolvere sono ben studiati e risolverli dà sempre una certa soddisfazione venire a capo di puzzle che richiedono deduzione e intelligenza più che abilità con le classiche meccaniche del genere. Il duo di sviluppatori lettoni al loro primo gioco dimostra di avere personalità, anche nello stile grafico che non si preoccupa di risultare disturbante e nelle appropriate musiche di sottofondo, tutte a tema mistero.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Intel i5 7200U @2.50, 8 GB, Intel HD 620, SSD
Com’è, Come Gira: Bene anche sulla configurazione tostapane. Sono fortemente consigliate le periferiche carta e matita.

 

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Pro

  • Ottime meccaniche / Risolvere i casi è una soddisfazione / Non si preoccupa di essere disturbante.

Contro

  • Non c’è traduzione dei testi.
8.5

Più che buono

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