The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom – Recensione

Switch

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è un capolavoro, senza giri di parole. L’ennesima prova che, quando fa sul serio, Nintendo gioca davvero in un campionato tutto suo.

Sviluppatore / Publisher: Nintendo / Nintendo Prezzo: € 69,99 Localizzazione: Completa Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile su: Switch Data di uscita: 12 maggio

Se fossi nei panni di Nintendo pubblicherei un bel bundle contenente Breath of the Wild assieme all’illustre seguito che ci accingiamo a trattare, a uso e consumo di quegli sprovveduti che si sono persi la prima, vera killer application di Switch.

Perché il qui presente Tears of the Kingdom è praticamente il secondo tempo di quel capolavoro uscito oramai sei anni fa, la sua continuazione diretta che ne condivide mondo di gioco e protagonisti, destinata dunque a creare un attimo di straniamento quando quel personaggio o quell’altro si rivolgerà a Link con familiarità. Solo che in quel caso si creerebbe un precedente che mai avremmo considerato: dopo aver giocato entrambi i titoli in rapida successione, le nuove leve rischierebbero di trovare il primo capitolo “solo” bello. Perché, paradossalmente, ci troveremmo in un’inconcepibile scenario in cui la perfezione dell’intoccabile Breath of the Wild risulterebbe addirittura surclassata. Assurdo, no?

LA RESA DEI CONTI DI LEGEND OF ZELDA: TEARS OF THE KINGDOM

Link e Zelda si trovano ad esplorare le fondamenta del castello di Hyrule dopo aver sconfitto la Calamità Ganon, quando la scoperta di misteriose iscrizioni gettano nuova luce sul passato del regno. Sfortunatamente non sono l’unica cosa che trovano, giacché un male millenario viene destato dalla loro presenza: in un breve confronto a senso unico la sua dirompente forza risulta tale da rendere inutilizzabile la Master Sword e ridurre Link in fin di vita, separandolo per giunta dalla principessa. Contro ogni aspettativa il giovane spadaccino si risveglia, lontano però da casa. Il suo braccio destro, mutilato durante il precedente scontro, è stato sostituito dai poteri di un’intangibile entità che pare conoscere lui e Zelda fin troppo bene.

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom

Non è una cosa che si vede ogni giorno a Hyrule.

Sotto la sua guida Link muove i primi, confusi passi, realizzando con stupore di trovarsi tra le nuvole, a centinaia di metri da Hyrule, tra le rovine celesti del regno perduto degli Zonau, un popolo considerato leggendario e depositario di conoscenze e tecnologie inimmaginabili.

Tears of the Kingdom è praticamente il secondo tempo di Breath of the Wild

Sconfitto ma non per questo meno determinato, l’Eroe del Tempo dovrà tornare nel suo mondo, scoprire la natura del nuovo nemico e salvare nuovamente Zelda e il regno. Una missione indubbiamente ardua, ma fortunatamente il nuovo braccio racchiude una serie di abilità nuove di zecca, totalmente differenti da quelle offerte dalla Tavoletta Sheikah del primo capitolo e, per questo, sufficienti a rendere Tears of the Kingdom un gioco nuovo.

Certi nemici possono fare fuori Link con un colpo, e la ricerca di potenziamenti assortiti diventa subito indispensabile.

L’Ultramano è probabilmente quella che userete maggiormente, e permette di afferrare, ruotare e combinare oggetti di ogni tipo, “incollandoli” come meglio vi aggrada. Inizialmente potete usarla per creare ponti o piattaforme di fortuna con cui superare ostacoli, ma presto il gioco vi inviterà a pensare in grande, mettendovi davanti a situazioni che possono essere superate con la forza della sperimentazione e della creatività. Il Compositor ovvia al presunto problema (mai visto come tale, personalmente) della rottura delle armi: ora qualunque elemento inanimato può essere fuso a uno strumento per donargli nuova vita, aumentando il danno, garantendo proprietà elementali, estendendo la portata e ottenendo spesso vantaggi extra.

Ultramano, Compositor, Reverto e Ascensus: quattro abilità sufficienti a rendere Tears of the Kingdom un gioco nuovo

Unite uno spadone a una roccia e avrete una mazza con cui demolire le pareti di pietra ad esempio, oppure sacrificate l’ala di un pipistrello mentre vi accingete a scoccare una freccia per centrare il bersaglio a distanze insospettabili. Chiudono la rosa Reverto, che consente di riavvolgere a piacere gli ultimi secondi di un oggetto, e infine Ascensus, con cui “tuffarsi” verticalmente in direzione di soffitti e volte, attraversando la nuda pietra e sbucando dall’estremità opposta come se nulla fosse.

TRE VOLTE ZELDA

Assieme garantiscono non solo uno strumento flessibilissimo con cui affrontare le cerebrali prove dei nuovi, famigerati Sacrari, indispensabili per far tornare la scorta di vigore e punti ferita di Link ai fasti di inizio gioco, ma anche per sviscerare gli innumerevoli segreti di una mappa divisa in tre livelli, di cui le familiari lande di Hyrule rappresentano solo lo strato intermedio. Nel sottosuolo si celano infinite gallerie avvolte nelle tenebre più fitte, dove tesori e misteri sono tenuti in ostaggio da colate laviche e pozze di miasma, la materia cremisi colpevole di aver corroso le armi del regno che consumerà i cuori degli avventurieri tanto sventurati da entrarci in contatto, rendendoli inutilizzabili fino al corroborante contatto con i raggi del sole.

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom

Sì, ma ora come le raggiungo quelle isole?

Un arcipelago di isole fluttuanti attende invece chi non teme le vertigini; inizialmente raggiungerle sarà un problema, ma il gioco non sarà avaro di possibilità, non ultima la spinta verticale gentilmente offerta dalle Torri Topografiche, enormi costruzioni con cui tracciare la conformazione del terreno. Tears of the Kingdom raramente mostra l’obiettivo della missione di turno sulla mappa, limitando a circoscrivere una zona e lasciando al giocatore il brivido della scoperta e dell’avventura.

La nuova mappa è divisa in tre livelli, di cui le familiari lande di Hyrule rappresentano solo lo strato intermedio

Mi è difficile stabilire la longevità assoluta, perché la cosa è molto soggettiva: personalmente ho superato in maniera vergognosa il centinaio di ore, mantenendo sempre un’attenzione altissima. Anche volendo muovermi celermente da un obiettivo all’altro venivo costantemente motivato a deviare verso qualche interessante missione secondaria, partendo dalle informazioni confidate da viandanti amici o da improvvisi indizi; posso asserire senza timore di smentita che non c’è stato un singolo enigma che mi abbia fatto storcere il naso, e anche il combattimento mi ha appagato. Le meccaniche padroneggiate in Breath of the Wild restano quelle, ma i nemici sono più agguerriti e pestano duro, tanto che ho dovuto affrontare boss particolarmente ostici diverse volte.

Al galoppo cavallino, quel bestione tricefalo deve cadere!

Stavolta però Link non sarà solo, perché lungo la strada potrà evocare a piacimento le emanazioni spirituali di alcuni importanti alleati; queste non si limiteranno a contribuire attivamente agli scontri, ma doneranno utili abilità che sapranno agevolare l’esplorazione, come provvidenziali folate di vento per coprire maggiori distanze planato sulla paravela. Ci sarebbe da obiettare che buona parte degli asset e la totalità delle idee di base provengano da Breath of the Wild, ma non ricordo lamentele in occasione dell’uscita di Majora’s Mask, che aveva un debito simile nei confronti di Ocarina of Time.

Stavolta Link non è solo: lungo la strada può evocare a piacimento le emanazioni spirituali di alcuni importanti alleati

Creare un lavoro simile da zero avrebbe dilatato a dismisura i tempi, senza contare che di nuova carne sul fuoco ce n’è in abbondanza tra nuovi nemici e situazioni inedite: volgete lo sguardo al cielo durante una tempesta e vedrete i fulmini illuminare le nuvole, rivelando all’interno isole di roccia che prima o poi potrete raggiungere, uno spettacolo assolutamente incantevole. Senza contare il motore fisico rinnovato per supportare al meglio i nuovi poteri, un aspetto che verrà ampliato all’ennesima potenza con l’introduzione dei congegni Zonau, formidabili meraviglie tecnologiche che riscriveranno completamente il modo di approcciare il gioco.

LO SQUADRONE AVVOLTOI

Costruite una rudimentale zattera abbattendo un paio di alberi, collegategli un ventilatore e avrete un natante con cui superare un corso d’acqua in barba alle correnti, un esempio invero banalotto. Come già detto dovete pensare in grande, approfittando del fatto che sempre nuovi congegni verranno elargiti andando avanti, rinvenuti sul campo o ottenuti da bizzarri distributori stile gashapon, rendendo graduale e indolore il loro apprendimento; c’è di tutto, da piattaforme antigravitazionali a reattori, passando per molle, alianti, lanciafiamme, palloni aerostatici e tantissime altre diavolerie. Il loro uso è soggetto a un indicatore che si scarica gradatamente, ma nel gioco non mancherà la possibilità di espandere la carica, garantendo un uso prolungato.

E Maverick MUTO!

Chiariamo un punto fondamentale: Tears of the Kingdom non vi impone di usarli continuamente, rallentando la cadenza del gioco e costringendovi a cervellotiche elucubrazioni quando in realtà vorreste semplicemente raggiungere una nuova missione a piedi o a cavallo, ma vi permette di sfruttarli per espandere e migliorare l’esperienza con la forza dell’immaginazione. Vi faccio un esempio: mi stavo avventurando nel sottosuolo, un compito ingrato che mi avrebbe costretto a procedere lentamente, al buio e in un ambiente pericolosissimo, facendo soste continue per dispiegare semi luminosi con cui rendere visibile il tragitto.

Tears of the Kingdom non vi impone di usare i congegni Zonau continuamente, rallentando la cadenza del gioco

Ho dunque messo in moto il cervello, controllando i congegni che mi portavo dietro e dando uno sguardo a quello che offriva l’ambiente: dopo un paio di minuti mi trovavo alla guida di un fuoristrada composto da due lastre di granito, quattro ruote motrici che si mangiano la lava a colazione, sistema di controllo, bouquet di fiori luminosi per garantire una visibilità ottimale e un paio di idranti frontali con cui spegnere incendi e permettermi di scendere in serenità! Avrei potuto tranquillamente procedere a tentoni avvolto nelle tenebre, ma ho preferito ammettere che Tears of the Kingdom è semplicemente il prossimo passo nell’evoluzione dei videogiochi, abbracciandone le infinite possibilità.

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom

Così si esplora il sottosuolo con stile!

E questa creatività non si limita a un paio di piattaforme improvvisate e a qualche mezzo di locomozione: più e più volte, specie all’interno dei dungeon (sono tornati, classici e complessivamente migliori delle divisive Bestie Divine), mi sono trovato davanti a enigmi che ho risolto sfruttando con inventiva i mezzi a mia disposizione, letteralmente giocando con l’ambiente e creando soluzioni degne di Dick Dastardly che – e questo mi fa impazzire – probabilmente saranno diverse da quelle ideate da voi o dagli stessi programmatori. Ecco, “giocando” è il termine adatto, ché tanto la storiella l’avrete sentita un milione di volte.

Nintendo nasce come giocattolaio, e Tears of the Kingdom è la sublimazione di questa filosofia che dovrebbe essere alla base del videogioco

Le carte Hanafuda, l’Ultra Hand (capita la citazione?), i giochi da tavolo e tanti altri balocchi, pubblicati ben prima del debutto sugli schermi domestici del Color TV Block Kuzushi: Nintendo nasce come giocattolaio, e Tears of the Kingdom è la sublimazione di questa filosofia che dovrebbe essere alla base del videogioco, e che spesso mettiamo da parte, abbagliati da milioni di poligoni. È level design semplicemente privo di difetti, esteso non a un solo labirinto, ma a un mondo intero, è il traguardo a cui i prossimi open world dovranno mirare per non apparire immediatamente preistorici, specialmente se gireranno su architetture palesemente più muscolari di Switch.

In Breve: Tears of the Kingdom riesce a superare la perfezione precedentemente raggiunta da Breath of the Wild, un traguardo incredibile. Sono molto felice per le altre software house, che da adesso potranno trascorrere un’estate spensierata, risparmiandosi interminabili sessioni di lavoro nel tentativo di creare un pretendente al titolo di gioco dell’anno: ora come ora, all’attuale generazione di game designer manca purtroppo quella scintilla con cui creare un prodotto in grado di avvicinarsi al genio di Tears of the Kingdom.

Piattaforma di Prova: Switch OLED
Com’è, Come Gira: Tears of the Kingdom fa del suo meglio per mantenere i 30 fps, non sempre riuscendoci. Solitamente i rallentamenti si evidenziano quando qualche elemento appare in primo piano mentre si usa l’Ultramano, quindi in momenti più “celebrali” quando si può chiudere un occhio, ma generalmente ci sono diverse occasioni in cui la fluidità si concede brevi cali, uno scenario sin da ora migliorato dalle patch. Condividendo parte degli asset di Breath of the Wild, la presentazione audiovisiva è di base meravigliosa, impreziosita dai nuovi contenuti che donano a Hyrule un fascino a tratti visionario, finora sconosciuto. Artisticamente è uno spettacolo degno dello Studio Ghibli, c’è poco da dire.

 

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Pro

  • Capolavoro assoluto per level design e creatività / presentazione audiovisiva immersiva e poetica

Contro

  • Buona parte degli asset proviene da Breath of the Wild, portando in dote un senso di già visto / l'attempato hardware di Switch fa davvero gli straordinari
9.8

Ottimo

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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