Welcome to ParadiZe è un videogioco di Eko Software con componenti hack’n’slash, crafting e survival ambientanto in un’apocalisse zombie? Vi ricorda mica How to Survive? Questa volta però c’è un twist interessante, ovviamente in salsa non-morta.
Sviluppatore / Publisher: Eko Software / Nacon Prezzo: € 39,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Co-op PEGI: 18. Disponibile su: PC, PS5, Xbox Series X|S Data d’uscita: Già disponibile
Era da un po’ che non sterminavate zombie? Di validi esemplari videoludici di questo sport si trova facilmente qualche esempio, anche negli ultimi tempi, ma si sa, quando uno ha un vizietto, perché trattenersi e darsi delle restrizioni?
Welcome di ParadiZe è qui per soddisfare il vostro guilty pleasure, anche se ancora non ho capito se il paradiso del titolo è per i sopravvissuti dell’umanità o per loro, i mitici esseri alla costante ricerca di materia grigia.
DENTRO L’INFERNO… O IL PARADISO?
Welcome to ParadiZe è una sorta di Diablo ambientato in un’apocalissi zombie, con in più una discreta componente di base building indirizzata al tower defence. Fin dal principio, il gioco di Eko Software si fa notare per un tono umoristico nel modo in cui si presenta e in cui racconta la storia del/la protagonista. Basta pensare al tratto principale che lo distingue dagli altri hack’n’slash: già dalle prime battute ci viene spiegato come “addestrare” uno zombot, ovvero uno zombie cui applichiamo uno speciale elmetto ad alta tecnologia (?) che ci permette di controllarlo. Non è possibile farlo in maniera diretta, perché noi comanderemo sempre e solo il nostro personaggio, ma potremo personalizzare il nostro zombot dandogli (o dandole? Non lo so, in effetti non mi ero posto il problema) indicazioni piuttosto precise su come comportarsi, in modo da realizzare combinazioni efficaci basate sul loadout che assegneremo loro.
Sono presenti indicazioni piuttosto precise su come comportarsi, in modo da realizzare combinazioni efficaci basate sul loadout che assegneremo loro. Possiamo creare zombot dalle armature pesanti concentrati sul corpo a corpo, oppure renderli una sorta di esca che attira il fuoco nemico per poi scappare a gambe levate. Il sistema e l’interfaccia di controllo degli zombot sono semplici ed efficaci, ma si scontrano contro la natura più primordiale di Welcome to ParadiZe. Perché stiamo parlando di zombie, e gli zombie non sono certo creature isolate. Lo sappiamo tutti che sono animali fortemente sociali, e quindi girano in grandi gruppi, pronti a fare festa tutti insieme e dare la caccia ai cervelli dei viventi.
Per questo motivo, gli zombot hanno un impatto riconoscibile solo negli scontri con i numeri più ridotti, mentre quando il gioco si fa serio, provare tattiche “raffinate” come quella dell’esca di cui vi ho appena parlato finisce per essere davvero poco efficace. Qui, di strategico c’è ben poco. Qui c’è da menare le mani duro, senza stare tanto a usare il cervello. Massacrare zombie a dozzine dà sempre una certa soddisfazione, e le armi a disposizione offrono una certa varietà, almeno in teoria. Perché in pratica, a me è capitato di innamorarmi della mannaia non appena l’ho trovata e di tenermela stretta per la maggior parte del tempo. Mi sarei invece aspettato che Welcome to ParadiZe avesse trovato il modo di incoraggiarmi a cambiare arma, magari proponendomene di nuove, sempre più potenti o strane. E invece no. Ho solo dovuto cambiare il mio equipaggiamento per affrontare i boss, che comunque hanno la tendenza a presentarsi piuttosto di rado. Timidi.
WELCOME TO PARADIZE… OR TO HELL
L’altro aspetto caratteristico di Welcome to ParadiZe è la costruzione di una base con le risorse raccolte in giro. Capiamoci, però: qui siamo a livelli meno complessi e dettagliati dei molti survival multipplayer che fanno di questa componente il loro aspetto fondante. Gli edifici da costruire vengono introdotti in maniera graduale, a vantaggio di chi non è più di tanto avvezzo a queste dinamiche, e all’inizio non sarà neanche necessario costruire palizzate e difese a protezione della nostra base, che però diventano necessarie quando dovremo difendere il nostro campo dalle orde zombie. La gestione della base funziona bene perché è ben calata nel mondo di Welcome to ParadiZe, e dà al giocatore qualcosa di diverso da fare rispetto al solito massacro.
Le missioni, sia in single player che in multi co-op, tendono invece a assomigliarsi parecchio tra di loro, e quelle poche che si differenziano durano purtroppo troppo poco. Qualche idea buona ogni tanto si vede, come la simpatica caccia a uno zombot ribelle, che dobbiamo trovare grazie a indicazioni di un PNG in stile “acqua, acqua” oppure “fuochino, fuoco”. Bello, divertente, in linea con lo spirito umoristico generale del gioco. Peccato che duri non più di due minuti. Avrei trovato più calzante un diverso tipo di ambientazioni, che sono piuttosto classiche: foreste, deserti, e addirittura miniere e centri commerciali da esplorare al buio. Questi ultimi si presterebbero a un tono più dark e horror, che però non fa per niente parte dell’essenza di questo gioco. Insomma, ad ogni ora che passava, pensavo sempre di più che gli sviluppatori si sarebbero dovuti ispirare a esempi pazzoidi come Saint Row, e in particolare alle esileranti missioni del terzo capitolo.
E proprio perché Welcome to ParadiZe soffre di questa disconnessione da se stesso e la propria natura umoristica, ne finisce per risentire anche il gameplay di base, in cui gli scontri diventano piuttosto ripetitivi e, francamente, poco divertenti. Non è un caso che facciano eccezione quei combattimenti in cui ci ritroviamo contro zombie dal tasso di comicità più elevato, come gli zombie trombettieri che camminano sul posto a passo di marcia, o gli zombie che ci caricano a bordo del loro fidato segway. Ce ne sarebbero voluti di più.
In Breve: Ma sì, Welcome to ParadiZe è anche divertente a tratti, il meccanismo di base è così semplice che funziona abbastanza e può assicurare agli appassionati di hack’n’slash ore di gameplay, a patto di non cercare un capolavoro. Detto questo, il gioco di Eko Software soffre di limiti piuttosto chiari, che nascono soprattutto dal non riuscire a sfruttare in tutte le sue componenti ludiche quell’ironia pazzerella che caratterizza la scrittura della storia della campagna. Davvero un peccato, perché se si ridesse di più anche mentre si combatte o mentre si portano a termine le missioni, il numeretto qui in basso sarebbe ben più alto.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Intel i7-10750H, RTX 2070, SSD
Com’è, Come Gira: Certo che dopo Diablo IV, da un gioco con visuale a volo d’uccello mi sarei aspettato qualcosa di più. Non ho notato niente di preciso di cui lamentarmi, in realtà.