In Wild Hearts, la caccia ai mostri griffata EA, le forze della natura si ribellano al colonialismo umano. La specie più debole ma più intelligente plasma la terra, l’acqua e l’aria in suo favore. Distrugge ecosistemi, spezza vite, ruba le ricchezze gelosamente custodite all’interno delle grotte.
Sviluppatore / Publisher: Tecmo Koei, Omega Force / Electronic Arts Prezzo: 69,99 € Localizzazione: Completa PEGI: 12 Multiplayer: Co-op online Disponibile su: PC (Steam, EA App), PS5, Xbox Series X/S
La natura, però, ha una sua volontà e, per quanto tenda ad essere accondiscendente con quelli che sono, in fondo, sui figli, prima o poi spezzerà le catene e si ribellerà all’oppressore. Ed è così che la terra diventa selvaggia. Ed è così che i cuori di enormi creature diventano selvaggi.
In Wild Hearts siamo un viandante alla ricerca di una terra dove le nostre capacità possono essere d’aiuto. Tutto il mondo, però, è devastato da queste forze della natura che mettono letteralmente le radici in un luogo e cambiano per sempre la vegetazione, le rocce, l’ambiente e l’ecosistema. Non c’è posto per nessuno, men che meno per noi cacciatori che per anni abbiamo ucciso queste creature ignari di cosa sarebbe successo. Il senso di colpa ci morde lo stomaco, ma noi sappiamo fare solo una cosa: cacciare.
ANTROPIZZAZIONE SELVAGGIA
L’essere umano negli hunting game mette un marchio bello grosso sull’ecosistema locale. Potremmo definirla un’azione quasi egoistica. Il parallelo con Monster Hunter è inevitabile e il gioco Capcom in tutti i suoi capitoli non nasconde il desiderio puro e selvaggio di cacciare per il piacere di cacciare. Attenzione, questo non è un giudizio negativo, anzi, il gioco è pensato così ed è giusto che trasmetta quelle sensazioni lì, ma credo sia altrettanto necessario sottolineare che trucidare qualsiasi creatura noncurante delle conseguenze sull’ecosistema sia una dissonanza bella grossa, Funzionale, ma bella grossa. Ora, Wild Hearts risolve il problema? Beh, sì.
I mostri sono legati a doppio filo con la natura stessa: assorbono potere, vivono e si muovono come se fossero un’unica entità incatenata da questo filo magico
Questo è già un primo campanello d’allarme che ci fa capire quanto uccidere qui non sia proprio così semplice. Il secondo campanello è una meccanica di gioco. Ovviamente la portata principale sono i Kemono grandi, ma come al solito si potranno prendere materiali utili anche dai mostri che abitano le varie mappe. Beh, non solo si potranno ottenere materiali uccidendo i mostri, ma anche accarezzandoli; e il gioco ci tiene a dirla subito questa cosa: accarezzare il nemico è fondamentale per ottenere materiali speciali. Terzo campanello dall’allarme è la modalità con cui otteniamo i materiali dai mostri. Quelli piccoli una volta esaurita la vita rimarranno per terra agonizzanti ma non morti e per poter ottenere il materiale dovremmo tener premuto il tasto suggerito dal prompt a schermo, con su scritto “finisci”. Brividi.
Uccidere non è tutto in Wild Hearts: i materiali speciali si possono ottenere anche accarezzando i mostri
Quello che mi interessa, però, è dirvi che i Kemono grandi sono un accumulo di questa energia e che questo accumulo è una meccanica fondamentale per la caccia. Ogni parte del Kemono è distruttibile: coda, corna, ali, artigli, etc. E, una volta distrutta, si stacca e rimane per terra pronta per essere raccolta. Si stacca anche fisicamente dal mostro che, di conseguenza, cambia aspetto, diventando sempre più un relitto. Non si staccano solo le estremità, però, si staccano anche parti di pelliccia o comunque parti di spalle, cosce e così via. Una volta distrutte queste parti inizieranno a brillare di blu. Ed ecco una delle meccaniche fondamentali di Wild Hearts: la Furia di Caccia. Il protagonista è in grado di arrampicarsi su qualsiasi superficie e di conseguenza anche sulle enormi creature (praticamente Shadow of the Colossus vista la mole di alcuni dei mostri). Una volta sul Kemono potremo avvicinarci alla parte blu e risucchiare via quell’energia. Questo è possibile perché anche noi dipendiamo dal filo e, senza dirvi altro, vi spiego la novità vera di Wild Hearts: i karakuri.
WILD HEARTS E L’ANELLO MANCANTE
In Wild Hearts, lo avrete sicuramente visto dai trailer, non si caccia solo con le armi ma anche con queste strane macchine in legno chiamate “karakuri”. Arrivo subito al dunque: stravolgono completamente il gameplay. Se in Monster Hunter tutto è incentrato sul fare il più alto numero di danni possibili al mostro nel minor tempo possibile, qui il tempo è dilatato in favore di una strategia che vede l’utilizzo di questi strumenti come punto cardine. Trampoli, arpioni, martelli, lampade che proteggono dai danni, ce ne sono davvero tantissimi, sono rapidissimi da usare e in compagnia di altri giocatori permettono di creare strategie come se fosse una vera caccia.
I karakuri stavolgono il gameplay, hanno uno skill tree a parte e quelli principali possono essere combinati per creare nuove forme più potenti o più utili
Ma quindi questi aggeggi creati grazie alla forza della natura si possono usare solo in combattimento? No, alcuni sono utili per esplorare la mappa velocemente, per arrampicarsi su una montagna o per planare fino alla piana dove c’è il mostro, ma non ci sono solo i karakuri rapidi. Sfruttando l’energia della zona, il giocatore ha a disposizione un sistema di crafting semplice che permette di costruire fucine, terme, posti per cucinare, torri che ricercano i kemono e tante altre cose. Per quanto l’idea sia fighissima perché ti forza a potenziare la zona (sì, rispetto a Monster Hunter si sta molto più in mappa che al villaggio), ad adattare gli accampamenti a tuo gusto per prepararti alla battaglia e a personalizzare un pochino con qualche cartello stupido, dall’altra parte non è proprio chiarissimo il tutorial che spiega cosa si può costruire e cosa no.
Sfruttando l’energia della zona, il giocatore ha a disposizione un sistema di crafting semplice ma intrigante, peccato che l’esecuzione non sia bella quanto l’idea
Allora Wild Hearts non ha difetti? Ehm, in realtà ne ha. Ok, la storia è figa, addirittura è completamente doppiato in italiano e ha audio e testi tradotti nel nostro idioma anche se si sceglie il genere neutro (per intendersi, il gioco adotta la ‘ə’ se si crea un PG di questo genere); la parte coop è fatta benissimo (direi quasi fondante: giocare in multiplayer è il fulcro di Wild Hearts), rapida e trovo anche perfetta la scelta di limitare il party a solo 3 giocatori. Però la telecamera proprio non ce la fa a reggere la stazza delle creature e la velocità a cui vuole andare il gioco. Si incastra, si bugga, rende a volte davvero frustrante qualsiasi azione e ti costringe a subire danni che non vorresti prendere.
Wild Hearts non è perfetto, c’è qualche reskin di troppo e la telecamera talvolta rende frustrante qualsiasi azione
In Breve: Wild Hearts è un hunting game innovativo, interessante e che riesce a dare un senso al genocidio di massa compiuto dai cacciatori. Al netto di qualche difetto di telecamera e di qualche reskin di troppo, è un gioco molto valido che porta una ventata di aria fresca ad un genere un po’ troppo spaventato dall’ombra di Monster Hunter.
Piattaforma di prova: PC
Configurazione di prova: I7 9th gen, 16 GB RAM, GeForce GTX 1660 ti, SSD
Com’è, Come gira: Frame Rate non sempre stabile, soprattutto online. Ci sono diversi problemi di ottimizzazione, soprattutto su configurazioni medio-alte come la mia.