Annunciato così tanto tempo da non ricordarsene e posticipato più volte a causa del COVID-19, Black Myth: Wukong, l’Action RPG che attualmente sta svettando nelle classifiche di Steam macinando numero da record, conduce il giocatore nell’immaginario della Mitologia Cinese, rivisitando Il Viaggio in Occidente, il più importante libro sulla ricerca dell’illuminazione. Io l’ho trovata, e non ho dovuto pagare l’Enel.
Sviluppatore / Publisher: Game Science / Game Science Prezzo: 59,99 euro (Steam), 69,99 euro (PlayStation 5) Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 18 Disponibile su: PC (Steam) e PlayStation 5 Data d’uscita: Già disponibile
La centralità del buddhismo, in Black Myth: Wukong, è stata ispiratrice. La sua presenza è ovunque sin dal primo momento, attraverso un’introduzione cinematografica e d’impatto che non mi sarei aspettato affatto. Game Science, nel suo storico, si è solo occupato di sviluppare videogiochi per cellulari, produzioni che nel mercato cinese sanno appassionare un numero particolarmente generoso di giocatori. Con Black Myth: Wukong, dunque, si sta parlando del loro primo videogioco “serio”, quello che poteva portarli nel dimenticatoio, o condurli alla gloria. Stando ai miei giorni di gioco, tuttavia, sembra proprio che il team stia percorrendo la seconda opzione, dimostrando che c’è un videogioco solido, nonostante le posizioni controverse avute nel corso degli ultimi anni.
Black Myth: Wukong, la cui durata si approssima sulle cinquanta ore, è un Action RPG che mi ha sorpreso inaspettatamente. Quando mi sono interfacciato con il videogioco di Game Science, lo ammetto, pensavo che non avrebbe proposto così tante differenze tra i boss, i miniboss e i vari biomi in cui la scimmia, impersonata proprio dal giocatore, si muove per cercare quell’illuminazione che, alla fine, eleva l’anima e lo spirito. Oltre alle botte orbe date, ricevute e assestate a mia volta, in Black Myth: Wukong ho ritrovato, per gran parte del tempo, l’esaltazione alla battaglia che era presenta in Sekiro: Shadows Die Twice.
Black Myth: Wukong, la cui durata si approssima sulle cinquanta ore di gioco, è un Action RPG che mi ha sorpreso inaspettatamente
LA STORIA DI SUN WUKONG
Prendendo a piene mani dal testo scritto da un monaco buddista (si presume sia così, anche se non si hanno dati certi su chi sia realmente l’autore), Black Myth: Wukong affonda nel contesto della Mitologia Cinese, espandendone in modo significativo e tangibile il suo impatto narrativo. Il team ha scelto, in tal senso, di seguire in modo cronologico gli eventi raccontati nel testo sacro, parlando di una figura che ha un valore rilevante nel credo buddhista. È rappresentata come una figura maliziosa ma abile, saggia e ponderata, la cui abilità con il bastone, la sua arma prediletta, sa come farsi strada e darsi una vera e propria nomea, come confà a chi cerca l’illuminazione.
La trama di Black Myth: Wukong, arzigogolata e ben scritta, ripercorre quindi una storia che poteva essere molto complessa da riportare in un videogioco. Il team, però, ha saputo dosare al meglio gli avvenimenti, scegliendo un metodo narrativo diverso, allacciato di conseguenza con il libro. In esso, infatti, sono presenti accadimenti che vengono riproposti con un certo ordine, in modo didascalico e vivace, per permettere al giocatore di capire bene di cosa si sta parlando. Il compito della giovane scimmia che s’impersona nel viaggio, insomma, è quello di rompere i sacri sigilli e liberare in questo modo il potere del maestro, confinato a causa della sua arroganza e della sua maliziosità.
Il team ha scelto, in tal senso, di seguire in modo cronologico gli eventi raccontati nel testo sacro, parlando di una figura che ha un valore rilevante nel credo buddhista
UN BASTONE CHE FA MALE, IN BLACK MYTH: WUKONG
Come accennavo prima, Black Myth: Wukong è un Action RPG che prende un’ispirazione leggera dalle altre produzioni di FromSoftware. La difficoltà, il sistema di combattimento e le scelte di design, diverse per costrizione da quelle dello studio nipponico, sono completamente frutti del suo sacco. Se erroneamente pensavo che fossero agrodolci, poco maturi e con semi qua e là, verso il secondo e il terzo capitolo dell’esperienza mi dovuto ricredere. Armato di un bastone, il protagonista, una giovane scimmia antropomorfa, sa come colpire e farsi sentire. Perché questo avvenga, però, serve pratica, tanta pazienza e un numero esagerato di sconfitte con dei nemici che, per gran parte del tempo del capitolo uno, pensavo non mi avrebbero mai messo davvero in difficoltà. Il videogioco di Game Science, che porta alle spalle della protagonista la telecamera per coinvolgere maggiormente il giocatore, si fonda completamente sul sistema di combattimento, il suo massimo punto di forza. In Black Myth: Wukong sono le schivate a contare ed è necessario prestare massima attenzione al vigore per non consumarlo completamente tra un colpo e l’altro. È bene calcolare, anche in base al proprio stile di combattimento, in che modo affondare le offensive e quali abilità impostare, prima di procedere nell’avventura. Andiamo con ordine, però: il sistema non si focalizza sulle deviazioni, è vero, ma è possibile apprendere un modo per impedire che i nemici arrivino a togliere gran parte della vitalità, ovvero tramutarsi in pietra e, in seguito, concatenare gli attacchi.
La produzione, anche se non lo spiega in modo efficiente, si basa sulle composizioni di attacchi e sulla potenza che possono sprigionare: accumulando concentrazione, utile per arrivare a segnare colpi più significativi, la scimmia può farsi spazio senza troppe difficoltà. È un videogioco pensato, proprio come Sekiro: Shadows Die Twice, per aggredire l’avversario. Certo, potrebbero esserci i casi in cui lo studio di un pattern di un boss richieda qualche momento in più, proprio per arrivare alla vittoria senza troppa difficoltà. All’interno dell’opera, sono presenti delle magie sbloccabili nel corso dell’avventura, alcune di esse davvero utile e altrettante che permettono di affrontare le bestie del titolo senza impazzire. Se la paralisi può bloccare l’offensiva di un nemico, concatenando gli attacchi e altrettante abilità, la trasformazione in un nemico precedentemente sconfitto garantisce di potersi dilettare con altrettante offensive. Facendo un utilizzo smodato, non considerando che tutti i combattimenti con i boss sono lunghi (il più longevo, ecco, conta addirittura venticinque minuti: già, proprio contro gli Eikon di Final Fantasy XVI), si potrebbe finire per avere pochissimo mana. La sua importanza, anche per arrivare alla vittoria, è tale da essere persino più rilevante del vigore, in certe situazioni.
La produzione, anche se non lo spiega in modo efficiente, si basa sulle composizioni di attacchi e sulla potenza che possono sprigionare: accumulando concentrazione, utile per arrivare a segnare colpi più significativi, la scimmia può farsi spazio senza troppe difficoltà
Se si muore, e potrebbe capitare spesso, si ritorna all’ultimo punto attivato con il pelo della scimmia, attraverso l’incenso. La cura, oltre a essere riposta nella struttura di gioco, è soprattutto presente nelle piccole cose. Black Myth: Wukong, quindi, non è un boss rush nel reale senso del termine, bensì un videogioco che fa del combattimento il suo punto focale. Erroneamente, sempre nel primo capitolo, pensavo che non avrei visto altro e che il videogioco di Game Science avrebbe percorso una strada striminzita e sicura per esprimersi al meglio. Invece, è stata una costante sorpresa continua, composta in modo attenta e peculiare. È un gameplay che, a meno che non siate poco propensi a videogiochi di questo tenore, arriva dal mondo action più che da quello del RPG fatto e finito. Le scelte devono comunque essere seguite in modo saggio, proprio per non ritrovarsi davanti dei nemici spietati. Una buona preparazione, quindi, è il grande segreto per vincere e arrivare più lontano, alla già citata illuminazione. L’equilibrio tra boss, mob e parti esplorative, seppure queste ultime non siano così trascendentali, è stato ben implementato all’interno dell’opera.
DI AMBIENTAZIONI E DI MERAVIGLIE
Black Myth: Wukong, giocato su PC, è visivamente una bomba a orologeria. È ricco d’impostazioni grafiche nel menu principale e d’impostazioni che si possono scegliere per avere l’esperienza migliore. I particellari su schermo esplodono e meravigliano, lasciando spazio al giocatore per ammirare le ambientazioni e cosa vi è attorno. L’utilizzo dell’Unreal Engine 5, motore di gioco già provato con Nobody Wants to Die, è dosato e pensato al meglio, elevato per offrire al giocatore un fotorealismo reale e tangibile. In tal senso, penso sia uno dei videogiochi più belli visivamente degli ultimi anni, anche se non sono uno che si lascia fin troppo ammaliare dal graficone, per quanto esso possa sempre fare molto piacere, in opere di questo calibro.
Black Myth: Wukong, giocato su PC, è visivamente una bomba a orologeria
Black Myth: Wukong, arrivato dalla profonda Cina, è un’esperienza trascinante e coinvolgente, che mostra i denti e lo fa in modo brillante e inaspettato. La speranza che il suo percorso continui è nei DLC, di cui il team non ha ancora assicurato la loro presenza. Ho picchiato, sono stato picchiato e, a mia volta, sono morto. È stato fantastico. Duro, ma fantastico.
In Breve: Black Myth: Wukong è un videogioco dal sistema di combattimento brillante e ben composto, ricco di sfaccettature e di cose da vedere. Potrebbe benissimo essere un nuovo metro di paragone per il genere action, malgrado l’inesperienza del team sotto certi aspetti, anche a causa della mole di boss al suo interno, porti a essere un poco meno entusiasti del risultato finale. Il videogioco di Game Science è solido, davvero solido, molto più di quanto mi sarei aspettato. Il futuro del team, sperando sia lontano da polemiche e comportamenti aggressivi, è ben segnato.
Piattaforma di Gioco: PC
Configurazione di Prova: i5-12400F, 16 GB RAM, GeForce RTX 3080, SSD
Com’è, come gira: Ottimamente. Liscio come l’olio e senza problemi di alcun genere. In ogni caso, è da sottolineare che è un videogioco molto pesante, e che è bene liberare un po’ di spazio sulla propria SSD.