Deck of Haunts – Recensione

PC

Ci sono giochi che ti invitano a esplorare, altri che ti spingono a fuggire. Deck of Haunts, invece, usa un approccio differente: ti mette addosso le mura di una casa infestata e ti chiede di essere il Male. Non il mostro sotto il letto, non l’ombra dietro la porta: la casa stessa.

Sviluppatore / Publisher: Mantis Games / DANGEN Entertainment Prezzo: € 19.50 Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: ND Disponibile su: PC (Steam) Data di uscita: Già disponibile

È un cambio di prospettiva affascinante, per certi versi insolito, a suo modo perversamente divertente. La premessa è semplice quanto brillante: impersonare una villa infestata senziente e spingere alla follia gli umani che osano entrarvi, sfruttando carte che scatenano fenomeni paranormali e stanze-trappola da piazzare con cura.

Una premessa perfetta per un roguelike deckbuilder, e Mantis Games sembra saperlo bene. Il ciclo di gioco è diviso in due fasi distinte. Durante il giorno si costruisce e si espande la villa, scegliendo tra stanze speciali che offrono bonus passivi o effetti permanenti sulle infestazioni. Ogni stanza può essere potenziata e collegata ad altre, creando percorsi obbligati e trappole sinergiche. Nella fase notturna, invece, entrano in gioco le carte: un mazzo di infestazioni paranormali che vanno usate per spaventare, rallentare e infine prosciugare le forze vitali e/o mentali degli intrusi.

DECK OF HAUNTS, IL FASCINO MALEDETTO DELLA CASA INFESTATA

L’obiettivo è sempre lo stesso: impedirgli di raggiungere la stanza dove si trova il cuore della casa, resistendo per 28 notti. Le carte non sono semplici attacchi, ma manifestazioni di orrore: apparizioni, suoni agghiaccianti, deformazioni architettoniche e presenze invisibili. Ogni carta ha un costo in Essence (niente traduzione? Mi adeguo), la valuta spettrale che si accumula “sistemando” gli ospiti della casa e si spende nel corso delle notti, e può interagire in modi diversi a seconda delle stanze in cui viene giocata.

Le carte non sono semplici attacchi, ma manifestazioni di orrore: apparizioni, suoni agghiaccianti, deformazioni architettoniche e presenze invisibili

La personalizzazione del mazzo è progressiva oltre che basata su sblocchi permanenti al termini di ogni run, ottenuti completando sfide o raggiungendo determinati obiettivi. In questo modo il gioco incoraggia a sperimentare combinazioni sempre più elaborate, scoprendo sinergie tra carte di paura passiva e infestazioni più aggressive. Ci sono carte che aumentano l’efficacia delle trappole ambientali, altre che generano effetti a catena se piazzate in certe stanze, altre ancora che obbligano gli intrusi a muoversi lungo percorsi obbligati. La costruzione della villa e la selezione del mazzo vanno amabilmente a braccetto, creando strategie personalizzabili in base allo stile di gioco. Fra tutti, questo è l’aspetto più interessante del gioco.

Deck of Haunts

Di giorno ci si dedica alla costruzione della casa infestata perfetta.

A livello estetico Deck of Haunts è un omaggio agli horror gotici degli anni ’30 e ’40, più vicino ai film della Universal che alle produzioni splatter moderne. L’atmosfera è carica di nebbie opprimenti, luci tremolanti e una palette di colori seppiati che restituiscono un certo fascino retrò. Le musiche minimali e gli effetti sonori ambientali completano un comparto audiovisivo essenziale ma funzionale, capace di evocare un senso di disagio e inquietudine costante, lo stesso che si deve instillare nelle persone che osano entrare nella magione.

Le run si trasformano rapidamente in sfide gestionali più che in esperienze horror

Il problema è che questo disagio resta spesso confinato all’apparenza, galleggia in superficie mentre sarebbe meglio si intrufolasse in profondità. Le run si trasformano rapidamente in sfide gestionali più che in esperienze horror, e la distanza emotiva tra il giocatore e le vittime rende il tutto più strategico che disturbante. Il sistema di carte funziona, con effetti interessanti e combinazioni da scoprire, ma sconta una certa rigidità, per non parlare del tutorial poco loquace. Gli intrusi inoltre si muovono seguendo routine prevedibili, le quali poco alla volta diventano facilmente aggirabili. Le infestazioni più potenti, che dovrebbero rappresentare il culmine di tensione, finiscono per diventare risorse da gestire al momento giusto piuttosto che strumenti di puro terrore. Anche la costruzione della villa, per quanto ricca di opzioni, soffre di un’interfaccia un po’ grezza e di scelte di design non sempre intuitive. Spesso posizionare stanze o consultare le sinergie tra ambienti e infestazioni richiede più passaggi del necessario, e nelle fasi più avanzate la gestione della mappa rischia di diventare macchinosa.

UN’OCCASIONE SPRECATA?

Sul lungo periodo emergono anche dei problemi di ritmo. Alcune partite tendono ad allungarsi più del dovuto, complice una struttura a ondate ripetitive che fatica a rinnovarsi, finendo per scricchiolare dopo un po’ di tempo. Gli obiettivi delle partite cambiano poco, e la narrativa ambientale è appena accennata. La villa, che avrebbe potuto addirittura ambire a un ruolo di personaggio principale con una sua mitologia e un suo background, finisce per risultare un semplice contenitore di stanze e trappole, senza mai raccontare davvero chi sia, quali siano le sue motivazioni o da dove venga il suo potere. È un’occasione sprecata, soprattutto in un genere flessibile che ha dimostrato come una buona narrativa emergente possa fare la differenza tra un deckbuilder dimenticabile e uno di culto.

Di notte, invece, è tempo di mietere vite.

Eppure sarebbe ingeneroso liquidare Deck of Haunts così. Perché il gioco diverte, intriga e, a modo suo, prova a proporre qualcosa di diverso rispetto alla concorrenza. L’idea di ribaltare il punto di vista, di impersonare il Male che infesta piuttosto della vittima che fugge, si traduce in meccaniche solide, coerenti con il contesto horror, e funziona. Le combinazioni tra carte e stanze offrono buone possibilità tattiche, i fan dei roguelike strategici troveranno pane per i loro denti nella gestione delle ondate più complicate. Se le persone raggiungono il cuore della casa è game over, non è facile “invogliarle” a lasciar perdere, depistarle e, una carta alla volta, un turno dopo l’altro, annichilirle fisicamente e mentalmente. Alcuni sono proprio duri a morire, mannaggia a loro!

il gioco di Mantis diverte, intriga e, a modo suo, prova a proporre qualcosa di diverso

Manca il coraggio di spingersi oltre con gli sperimenti, di dare alla villa un’identità vera e propria, di creare un horror che non sia solo estetico ma anche capace di coinvolgere emotivamente. Se Mantis Games avesse dato più consistenza all’esperienza, sfruttandone fino in fondo i punti di forza come la casa e reso più imprevedibili le routine degli intrusi, il risultato avrebbe potuto essere uno dei migliori deckbuilder horror degli ultimi anni, o almeno uno dei più curiosi. Così com’è, Deck of Haunts resta un titolo originale nella forma ma convenzionale nella sostanza, capace di intrattenere per qualche ora grazie a un gameplay coerente e funzionale senza però lasciare un segno duraturo nel giocatore. In un panorama di horror indie e deckbuilder game spesso troppo derivativi o scontati, un gioco in cui il protagonista è una casa infestata sarebbe stato la sorpresa dell’anno.

In Breve: Deck of Haunts diverte per le sue meccaniche e per il ribaltamento di prospettiva, ma manca di un vero mordente narrativo e di un crescendo di tensione. L’idea funziona, il deckbuilding è piacevole e la personalizzazione della villa garantisce varietà, ma sul lungo periodo emergono problemi di ritmo e prevedibilità. Un titolo interessante da un punto di vista del concept, a cui però sembra mancare quel guizzo in più che fa la differenza. Ha davvero un gran potenziale questa declinazione sinistra del deckbuilder roguelike, non c’è dubbio, ma purtroppo viene sfruttato soltanto in parte. Se siete curiosi lo trovate su Steam, in futuro però dovrebbe uscire anche su console.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 7 7800X3D, Radeon 7800XT Nitro+, 32 GB RAM DDR5, SSD NVMe
Com’è, Come Gira: Stabile, senza crash o bug rilevanti, gira senza problemi e non serve un PC della NASA. I caricamenti sono rapidi e l’ottimizzazione più che discreta, con frame rate costante e consumi di risorse contenuti. L’unico limite è una scarsa scalabilità delle opzioni grafiche, le quali restano piuttosto basilari e prive di supporto al 4K nativo o di impostazioni avanzate per i dettagli ambientali.

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Pro

  • L'idea di base è molto accattivante / L'anima da deckbuilder piace / Buone sinergie tra stanze e abilità

Contro

  • Soffre di problemi di ritmo e mordente / Potenziale sfruttato solo in parte / Perde slancio rapidamente
7.5

Buono

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