Volcanite Games ha fatto scacco matto con Gambit Shifter: ogni pezzo è al suo posto, pronto per essere prima toccato e poi mosso fino a costringere il puzzle all’arrocco, e noi a cercare il riconoscimento delle tre stelle in ogni livello.
Sviluppatore / Publisher: Volcanite Games / Volcanite Games Prezzo: € 7,99 Localizzazione: Completa Multiplayer: Assente PEGI: +3 Disponibile su: PC (Steam, Epic Games Store) Data d’uscita: Già disponibile
Nel gioco degli scacchi il gambetto è quella mossa in apertura che sacrifica dei pedoni per lasciare spazio e occasione ai pezzi nelle retrovie per potersi muovere. È un azzardo, uno stratagemma che scommette su come risponderà l’avversario, tant’è che “gambit” oltremanica è diventata l’espressione con cui si identificano queste astuzie. Gambit Shifter non porta il nome di questa mossa per posa, non è un solo un termine comodo e sufficientemente suggestivo per rimandare fin da subito al gioco degli scacchi.
No: Gambit Shifter tende continuamente gambetti al giocatore, ingolosendolo, istigandolo a mosse che ricompensano subito con la soddisfazione di aver mangiato un pezzo ma che alla fine risultano inutili diversivi per alzare il counter dei movimenti eseguiti e punirlo col punteggio.
IL GAMBETTO DELL’INDIE
Gambit Shifter si può raccontare facilmente in due parole come la crasi videloludica tra il già citato gioco degli scacchi e Monument Valley. Del capolavoro di Ustwo Volcanite ha ripreso l’estetica e la presentazione dei puzzle, che però chiaramente in Gambit Shifter giocano su scacchiere di dimensioni e forme variabili. E variabili sono anche le situazioni in cui il gioco mette chi sta davanti allo schermo: ogni mondo introduce una nuova meccanica e si articola in una serie di livelli che servono a somatizzarla, capirne le logiche per poi riuscire ad affrontarla quando si ripropone in combo alle altre idee in-game. Se il primo mondo è tutto sommato tranquillo e spiega sostanzialmente come si muovono i vari pezzi, mano a mano che si va avanti le situazioni si fanno più strane. Le pedine iniziano a muoversi in risposta in risposta al giocatore, compaiono caselle che promuovono il pedone che si sta controllando e altre che invece si spostano, portali che teletrasportano i pezzi che ci finiscono sopra e muri che si alzano bloccando percorsi e strategie.
Tutto quello che succede a schermo però è sempre chiaro. Ogni casella che si muove ha una freccia ad indicarne la direzione, ogni pezzo sulla scacchiera mostra quali sono le sue possibili mosse se ci si sofferma sopra col mouse. La cura messa in interfaccia e user experience è maniacale, le piccole trovate di Quality of Life si sprecano rendendo impossibile alla frustrazione per un enigma che sfugge di rovinare il giocato e le sue atmosfere oniriche. Gambit Shifters poteva accontentarsi dei suoi puzzle, e invece no, scegliere di essere un qualcosa che va oltre. Il fatto che non ci sia una narrativa non implichi che l’esperienza non diventi sinestesia, che non venga captato un messaggio che a conti fatti nemmeno c’è grazie a quei colori, quelle musiche, quelle atmosfere.
LO SCACCO NELL’UOVO
Dal punto di vista della struttura Gambit Shifter segue quella struttura che ormai è diventata zona di comfort per il genere. Mondi tematici suddivisi in livelli con una sfida via via crescente – nei limiti di quella che è la soggettività quando si parla di puzzle –, da completare rispettando determinati paletti per raggiungere la valutazione massima. Il paletto in questo caso sta nel numero di mosse, e le agognate tre stelle in ogni livello richiedono di utilizzarne sempre il minimo possibile. Non c’è spazio di manovra o qualche tipo di tolleranza: come gli scacchi sono quella disciplina ferrea dove se tocchi un pezzo sei costretto a muoverlo, così Gambit Shifter richiede rigore assoluto quando si punta al massimo.
È con lo stesso spirito che probabilmente Volcanite ha deciso di non inserire un sistema di aiuti in-game – quello che tipicamente poi su mobile diventa un sistema facilone per monetizzare l’esperienza –, e tutto sommato la scelta è diegetica, perfettamente coerente col tipo di esperienza che Gambit Shifter voleva essere e poi, una volta avviato, è.
In Breve: Gambit Shifter è il classico gioco dove se non mi vergognassi di farlo nei “contro” della recensione metterei “putroppo finisce”. Spero che infatti arrivino a) delle espansioni e b) una versione per mobile da poter giocare ovunque.
Piattaforma di prova: PC
Configurazione di prova: AMD Ryzen 7 5800X, 80 GB di RAM, GeForce RTX 4070, SSD
Com’è, come gira: Assolutamente nulla da segnalare. Ok, Volcanite qua giocava un po’ a vincere facile, ma sarebbe bastato mezzo scivolone per guastare l’atmosfera zen dell’esperienza. Invece al massimo ci pensano i puzzle più difficili.