Obscuritas è una nuova avventura horror di VIS Games e Ravenscourt, uscita qualche giorno fa su PC. Un lungo viaggio in treno verso un’incognita, un tetro maniero ereditato da uno zio misterioso, mille stanze che si susseguono quasi identiche e un motore capace di monitorare le reazioni dei giocatori per diventare ancora più spaventoso. Le premesse per un titolo interessante ci sono tutte, ma si concretizzano in un limbo sospeso tra un “gioco dell’orrore” e un “orrore di gioco”…
PARENTI SERPENTI
Chi non ha mai sognato di ricevere una ricca eredità da un lontano e sconosciuto parente?
Ammettiamolo: ricevere una cospicua eredità da un lontano parente, che magari neanche si conosceva, è il sogno di tanti. Certo, spiace per il caro estinto, ma in fondo la sua vita l’avrà fatta e di sicuro non è il caso di disdegnare la fortuna, né di andare contro le sue ultime volontà se consideriamo che, andando incontro al suo destino, ha pensato proprio a noi.
Se, però, questa improvvisa ricchezza dovesse assumere la forma di un’incantevole, ma ahinoi sconosciuta magione in un’amena località di campagna, come potremmo mai reagire? Probabilmente chiameremmo un’agenzia immobiliare del posto per farla valutare, metterla in vendita e spendere il ricavato in vizi, viaggi e altre attività divertenti. Ma non è questa l’opzione scelta da Sarah, la protagonista di questo gioco: un po’ perché la curiosità è donna, un po’ perché in caso contrario non potremmo mai giocare a quest’avventura, lei decide di affrontare un lungo viaggio in treno, raggiungere la misteriosa dimora e dare un’occhiata di persona. Un’occhiata che non potrà mai più dimenticare.
IL CREPUSCOLO DELLA RAGIONE
Come nella migliore tradizione degli horror, Sarah raggiunge la sua destinazione al tramonto, quando le ultime luci del giorno e la totale assenza di civiltà nel raggio di parecchi chilometri la costringono a entrare e restare prigioniera, per tutta la notte successiva, dell’oggetto della sua curiosità.
La villa di campagna nasconde rumori, crepitii, apparizioni e aracnidi in quantità
Ed è proprio qui che entriamo in scena anche noi, costretti a vivere l’incubo della ragazza attraverso i suoi stessi occhi, in prima persona. Che qualcosa nella mente del nostro caro vecchio zio non funzionasse correttamente lo intuiamo subito, se non altro perché difficilmente una persona sana di mente, a cui è stata diagnosticata una malattia mortale, passerebbe le sue ultime giornate a scrivere memorie spargendone i brandelli per la casa, chiudendo a chiave le porte e disseminando le chiavi qua e là, immaginandosi il percorso che avrebbe dovuto fare l’erede per ritrovarle tutte. Ma l’ultima preoccupazione del caro estinto è stata proprio questa. Del resto, se in famiglia nessuno più gli rivolgeva la parola da anni, ci sarà pur stato un perché! Fatto è che la meravigliosa casa di campagna è in realtà una specie di villazza decadente dove rumori, crepitii, apparizioni, aracnidi e un pessimo gusto per arredamento e tappezzerie regnano sovrani. E come se non bastasse dev’essere stata pure la dimora del Dottor Who in qualche epoca passata, visto che condivide con il Tardis la proprietà di essere, all’interno, almeno cinquanta volte più grande che all’esterno.
DA CARDIOPALMA? NO, DA EMICRANIA
All’inizio del gioco una schermata di avvertimento consiglia a cardiopatici e donne gravide di fare molta attenzione, perché le situazioni in cui si verranno a trovare durante il gioco potrebbero avere conseguenze molto gravi su di loro. Fortuna vuole che io non appartenga a nessuna delle due categorie, così mi sono dovuto accontentare di uno spiacevole senso di nausea che, un po’ per il ben noto “mal di Doom” di cui soffro da sempre, un po’ per le scarsissime condizioni di luce e per la mancata fluidità dei movimenti, mi ha causato dei ripetuti mal di testa. Niente di letale, quindi, ma comunque fastidiosi.
Il gioco si riduce quasi sempre a una ripetitiva ricerca di chiavi e di porte da aprire
Risolta la cosa dosando bene sessioni di gioco, pause e milligrammi di ibuprofene, mi sono comunque avventurato fra i labirintici corridoi della casa e le sue infinite stanze, accomunate dall’aspetto vecchio e trasandato, dai mobili tutti uguali in perfetto stile “casa della nonna nel 1981”, con le mura tappezzate con motivi orrendi e colori indistinguibili, adornate dai soliti dieci-venti quadri che si ripetono all’infinito dappertutto, risolvendo i classici enigmi logici “alla Myst” dopo aver trovato gli indizi opportuni a qualche porta di distanza. Ma, al netto di apparizioni angosciose, ragnacci schifosi, qualche trovata davvero spaventosa qua e là, alla fine il gioco si riduce a una ripetitiva ricerca di chiavi e di porte da aprire, a cui seguiranno altre chiavi e altre porte da aprire, separate fra loro da qualche occasionale salto sulla sedia, da poche location di un certo spessore, da tanta, troppa noia, ma anche da qualche simpatica trappola mortale (sì, si muore. E in un gioco di questo genere sarebbe anche giusto: peccato che a volte ‘ste trappole siano del tutto indistinguibili e che non si possa salvare a piacimento).
TECNICAMENTE PARLANDO
Per giocare a Obscuritas serve una buona scheda video, più simile a quelle in voga nei PC dei soldati in erba, che non in quelli degli avventurieri “stile Lucas”. Una scheda di fascia medio-bassa sarà a malapena sufficiente per muovere il gioco, con un minimo di fluidità, senza esagerare con la qualità delle ombre. La cosa lascia letteralmente interdetti, perché giochi ben più vecchi – come Half-Life 2 – erano molto più belli da vedere, muovevano molti più oggetti sullo schermo e lo facevano molto meglio di questo, con configurazioni decisamente più modeste. Con le dovute eccezioni per gli ambienti esterni, talvolta evocativi, qui abbiamo una grafica davvero al minimo sindacale per essere considerata decente, con abbondanza di curve spigolose e texture tutte uguali. Ci si perde facilmente in ambienti troppo grandi, ripetitivi, dispersivi, e davvero non si capisce come mai gli sviluppatori non abbiano preferito, piuttosto, limitarsi ad ambienti più piccoli ma più ricchi di oggetti da prendere, manipolare, utilizzare: qui è tutto posticcio, tutto intoccabile, tutto inutile. Ogni stanza pullula di armadi che non si possono aprire, oggetti che non si possono rompere o manipolare, cassetti messi lì per bellezza (oddio…), specchi che non riflettono e, quando lo fanno, si limitano a un abbozzo di pixelloni inguardabili. Non aiutano, infine, la necessità di ripercorrere più volte le stesse stanze per trovare chiavi o indizi precedentemente nascosti e la nuda impostazione in prima persona: per usare gli oggetti è necessario inquadrarli al centro dello schermo, attendendo che si illuminino. Una manovra che spesso ci costringe a indovinare la posizione giusta da assumere. A risollevare parzialmente le sorti di un totale disastro, tuttavia, concorrono due elementi: l’immersione – che, nonostante tutto, in qualche modo funziona – e la buona idea di costringere il giocatore a centellinare l’uso della torcia elettrica e dei fiammiferi, le sue uniche “armi” contro un’oscurità e una disperazione che altrimenti lo avvolgerebbero senza lasciargli scampo.
Chi mi conosce sa che sono un giocatore piuttosto “easy to please” e, probabilmente, il voto che mi appresto a dare sembrerà esageratamente punitivo. Ma se mi doveste chiedere “tu spenderesti mai venti euro per comprare questo gioco?”, molto difficilmente risponderei di sì. Obscuritas non mi è piaciuto. L’ho trovato banale, noioso, ripetitivo, graficamente scarso e complessivamente privo di mordente. Non serviva allungare il brodo con immotivati andirivieni per trovare cose che prima non c’erano. Non serviva creare ambienti così vasti, dispersivi e identici a loro stessi, perché aumentano solo la frustrazione: per spaventare la gente serve altro, come thriller e film horror ci hanno insegnato per anni. L’impressione, insomma, è che in VIS Games abbiano voluto strafare e qualcosa sia sfuggito di mano. Meno fumo e più arrosto, insomma, e magari la prossima volta ci scappa il capolavoro. La prossima volta, però.