Shinobi: Art of Vengeance – Recensione

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Shinobi: Art of Vengeance segna il ritorno trionfale di Joe Musashi, combinando azione frenetica, level design meticoloso e rispetto assoluto per le radici della saga. Preparatevi a immergervi in un mondo di ombre, kunai e ninja leggendari a opera degli infallibili Lizardcube.

Sviluppatore / Publisher: SEGA, Lizardcube / SEGA Prezzo: 26,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile su: PS4, PS5, Switch, Steam, GOG, Xbox One, Xbox Series

I ninja leggendari non muoiono: restano celati tra le ombre, in attesa di tornare in azione. Joe Musashi lo sa meglio di chiunque altro, costretto a tenere a freno la katana durante l’era Dreamcast, dopo che il controverso debutto su Saturn con Shinobi X si era rivelato una disfatta: solido nelle meccaniche, ma condannato da una grafica digitalizzata invecchiata male già pochi minuti dopo l’uscita.

Neppure un paio di sperimentali sortite poligonali su PS2 riuscirono a riscattare il nome del Clan Oboro, né quel piccolo gioiello per 3DS che, purtroppo, giocarono in pochi. Ora entra in scena Lizarcube, capace di reinterpretare le vecchie glorie SEGA con amore e padronanza filologica sorprendenti; l’alleato ideale per far uscire Joe dal suo ascetico ritiro. Il risultato? Il miglior Shinobi di sempre.

L’INARRESTABILE SHINOBI: ART OF VENGEANCE

La sorpresa più grande è arrivata durante i titoli di coda: scoprire che Joe ha un doppiatore. Un dettaglio curioso, visto che per tutta l’avventura la sua interazione con alleati e nemici si riduce a grugniti e ruggiti soffocati. Del resto, il ninja più famoso delle sale giochi non ha bisogno di parole: gli bastano i fatti, espressi attraverso uno dei sistemi di combattimento più raffinati mai creati per un platform. Facile da padroneggiare nelle prime ore, si espande enormemente con tecniche extra e strumenti ninja. L’alternanza di attacchi leggeri e pesanti trasforma ogni scontro in un massacro a senso unico: sequenze rapidissime si alternano a schivate all’ultimo secondo, frazioni di tempo in cui lo sprite principale si riposiziona, lancia kunai in volo con naturalezza inumana e si abbandona a juggle infinite e colpi finali violentissimi, sottolineati da rallentamenti coreografici che segnano la distruzione di protezioni e scudi. Non c’è respiro davanti a un sistema che rielabora ed espande quello di The Super Shinobi 2 (per molti il punto più alto della saga) a partire dal dive kick, con cui piombare sui nemici come un falco, schiantarli a terra e proseguire a mulinare la spada fino a raggiungere combo a tre cifre.

Poesia, poesia in movimento.

Si possono eliminare gli avversari o lasciarli agonizzanti quel tanto che basta perché compaia il kanji 滅 (metsu, “annientamento”), innescando fulminee esecuzioni a catena, balzando da un capo all’altro dello schermo come una saetta bianca e rossa. Art of Vengeance rinuncia alla parata – introdotta negli episodi casalinghi e così distante dalla visione originale di Yutaka Sugano che, dopo il primo capitolo, realizzò Crack Down, da lui considerato il “vero” Shinobi 2 – in favore di una mobilità totale: una vera rivoluzione. A questo si aggiunge un ricco arsenale di strumenti e arti ninja; i primi, come shuriken giganti o lingue di fuoco, vanno usati con parsimonia consumando un apposito indicatore, mentre i ninpo  sono magie potentissime ispirate agli episodi Mega Drive (smart bomb, protezione, recupero energia e attacco totale al costo di vitalità) attivabili quando la furia di Musashi raggiunge l’apice. Tutti questi aspetti trovano il giusto equilibrio grazie ai talismani: alcuni offrono bonus passivi costanti, altri sprigionano il loro potere segreto solo quando il contatore delle combo supera determinate soglie. Se volete lo scomodo ma inevitabile paragone col rivale più recente, la risposta è semplice: a livello di sistema di combattimento, Shinobi pulisce il pavimento con Ninja Gaiden: Ragebound, senza mezzi termini.

Immaginate l’approccio dell’ottimo Order of Ecclesia e avrete un’idea di ciò che Lizardcube ha messo in piedi

Artisticamente sprite e fondali disegnati a mano offrono uno spettacolo affascinante, incorniciato da animazioni curate e improvvise zoomate che espandono l’area di gioco quando si tratta di fronteggiare più nemici o aumentare la drammaticità dell’azione, il tutto sulle note di una colonna sonora impeccabile che dona di epicità la lotta dell’ultimo ninja Oboro contro il tirannico Lord Ruse e la sua organizzazione ENE-CORP. Lo spettacolo sinestetico è abbacinante, memorabile e destinato a venire ricordato negli anni futuri come uno dei momenti più alti nella storia del ninja SEGA.

NON C’È SCAMPO PER I MALVAGI

Il level design è un altro aspetto brillante. Ognuno dei quattordici stage – fatta eccezione per un paio lineari a scorrimento forzato, che ancora una volta richiamano la perfezione bitmap di The Super Shinobi 2 – è vasto e ricco di percorsi secondari inizialmente bloccati, pronti a rivelarsi con l’acquisizione di nuove abilità. Dietro questi passaggi si nascondono sezioni davvero impegnative, ricompensate con numerosi extra indispensabili per puntare al completamento al 100%, un traguardo tutt’altro che semplice. Al posto di un unico, gigantesco mondo di gioco, ogni mappa è un autentico labirinto in stile metroidvania, fittissimo e concepito per essere rigiocato più volte, dove il backtracking non diventa mai pesante grazie alla possibilità di teletrasportarsi istantaneamente tra i checkpoint. Immaginate l’approccio dell’ottimo Order of Ecclesia e avrete un’idea di ciò che Lizardcube ha messo in piedi: una grande varietà di ambientazioni senza rinunciare a una corposa dose di segreti. Tra questi figurano le reliquie Oboro, utili ad ampliare l’inventario dell’immancabile negozio, truppe speciali da eliminare per ottenere potenziamenti, e misteriosi portali di cui non rivelerò nulla, se non che garantiscono un oggetto estremamente utile nell’endgame. Joe si muove con estrema naturalezza, alternando doppio salto e scatto aereo per orchestrare elaborate coreografie volanti, ampliando il repertorio man mano che strumenti come artigli o deltaplano entrano in gioco, consultando all’occorrenza l’indispensabile mappa per non lasciare dietro preziosi collezionabili.

Ma quello lì dietro è il mitico Ryo Hazuki, sempre al volante dell’inseparabile carrello elevatore.

È importante sottolineare come i contenuti extra siano pensati su misura per i più abili: ho terminato il gioco in quasi nove ore (c’è un obiettivo apposito per chi riesce a battere l’ultimo boss restando sotto le dieci) lasciandomi alle spalle numerose zone inesplorate, piene di salti e trappole letali riservati palesemente ai veterani dei giochi di piattaforme. Qui non esistono scorciatoie: un singolo errore significa morte istantanea, con respawn nelle vicinanze finché c’è energia e, una volta esaurita, ritorno all’ultimo checkpoint. In questo modo Shinobi riesce a offrire una difficoltà equilibrata per i giocatori occasionali – grazie anche alla presenza di modificatori per alleggerire l’esperienza – e una sfida brutale per i più determinati.

a livello di sistema di combattimento, Shinobi pulisce il pavimento con Ninja Gaiden: Ragebound, senza mezzi termini

Una volta terminato il gioco si sblocca il boss rush, dove i nemici principali vanno affrontati di fila senza poter fare il pieno di punti ferita, e la possibilità di affrontare i livelli in modalità arcade con tanto di punteggio e tempi da limare. Ci sarebbe un altro contenuto riservato ai più determinati, su cui preferisco tacere. Diciamo solo che il nome del cattivo avrà forse fatto storcere il naso ai VERI fan della serie, che magari si aspettavano un altro avversario… Occhio, perché a volte i desideri rischiano di avverarsi.

In Breve: Shinobi: Art of Vengeance è un titolo capace di ridefinire ciò che un action-platform 2D può offrire oggi. Lizardcube ci riesce ancora una volta, unendo tecnica, stile e ritmo con una padronanza che cattura sia i nostalgici di lunga data sia chi si avvicina per la prima volta al Clan Oboro. Ogni combattimento è una danza letale, ogni stage un invito a esplorare e migliorarsi, e ogni extra una sfida che premia la dedizione e l’impegno. È un’esperienza intensa, elegante e spietata, in cui ogni vittoria si guadagna sul campo e ogni errore si paga caro. Un ritorno in cui passato e presente si incontrano senza compromessi, ricordandoci perché Joe Musashi è, e resta, una leggenda. E adesso, amici di Lizardcube, che ve ne pare di richiamare dalla pensione Golden Axe?

Piattaforma di Prova: PC, Steam Deck
Configurazione di prova: Ryzen 7 5800X, RTX 4070 12Gb, RAM 32Gb 3600Mhz, SSD.
Com’è, Come Gira: Opzioni PC ridotte all’osso, ma una fluidità granitica dall’inizio alla fine. Con una simile difficoltà, affrontarlo senza un buon pad sarebbe pura follia. Il costante zoom durante l’azione penalizza invece l’esperienza su Steam Deck, dove le dimensioni degli sprite rischiano spesso di compromettere la leggibilità.

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Pro

  • Sistema di combattimento profondo e appagante / Level design complesso e rigiocabile / Direzione artistica e colonna sonora di altissimo livello / Contenuti extra e segreti per i veterani

Contro

  • Difficoltà davvero elevata nei contenuti opzionali / Tralasciare le sfide extra vuol dire accontentarsi di una decina di ore di gioco
9.5

Ottimo

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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