Quello di Cthulhu e della letteratura lovecraftiana in generale pare essere un tema piuttosto gettonato in quest’ultimo periodo. Non è passato poi così tanto dalle nostre recensioni di Call of Cthulhu e The Sinking City, ma il richiamo dei Great Old Ones non è affatto cessato. Al contrario, ha portato alla luce un nuovo titolo videoludico, che con i già citati ‘cugini’ ha in comune molto più dell’atmosfera tetra e disperata. Stygian: Reign of the Old Ones ci catapulta nel 1920 ad Arkham, città che, per qualche oscura ragione, è sparita dalle carte geografiche e finita in un’altra dimensione dopo il misterioso Black Day. Cosa ci riserverà il futuro? E cosa vuole da noi l’enigmatico Dismal Man?
A SPASSO PER LA CITTÁ
Il primo impatto con Stygian: Reign of the Old Ones può sembrare fin troppo opprimente. Essendo di base un RPG, ci viene subito richiesto di creare il nostro personaggio scegliendone non solo sesso ed età (quest’ultima avrà una sua valenza anche in termini di statistiche) ma anche “classe” e Credo, sul quale si basa una parte della meccanica ruolistica.
Arkham, per qualche oscura ragione, è sparita dalle carte geografiche dopo il misterioso Black Day
A fare da contrappeso a una parte GDR non certo perfetta ma comunque piacevole ci sono degli scontri piuttosto deludenti. Una parola di troppo con il malavitoso di turno, l’esplorazione di un edificio o il solo volersi riposare al falò può catapultarci in una sessione di combattimento a turni: qui sarà possibile adoperare le armi e dare sfoggio delle arti mistiche dei nostri “eroi” in lenti faccia a faccia con uno o più gruppi di nemici.
lenti faccia a faccia con uno o più gruppi di nemici
DARE DI MATTO
Dal punto di vista estetico, Stygian: Reign of the Old Ones merita più di un complimento. La fatiscente Arkham avvolta dalla nebbia e i suoi disperati abitanti sono lugubri abbastanza da farci desiderare di fuggire il prima possibile ma, al contempo, riescono a suscitare uno strano fascino, mentre la musica e gli effetti sonori, come cigolii di porte e pavimenti, ne arricchiscono ulteriormente la pesante atmosfera.
Purtroppo, tecnicamente non è tutto rose e fiori; il titolo è infatti ulteriormente appesantito da cali di FPS e piccoli bug (un paio di volte ho addirittura dovuto ricaricare l’ultimo salvataggio perché i miei personaggi si rifiutavano di muoversi) che, sommati alle lunghe sezioni di combattimento, rendono sempre meno piacevole il gameplay già altalenante.
Stygian: Reign of the Old Ones ha messo davvero tanta carne sul fuoco, ma non tutta è arrivata in tavola cotta a puntino. Capisco che un po’ d’azione non guasti (quasi) mai, ma forse sarebbe stato di gran lunga meglio un gioco senza combattimenti, nel quale mettere alla prova esclusivamente le nostre abilità di investigatori, scienziati, oratori e scassinatori e, perché no, anche la nostra sanità mentale.