Aliens: Dark Descent – Recensione

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Poveri, poveri abitanti del pianeta Lethe: non appena Tindalos Interactive ha deciso che quella doveva essere la sede di Aliens: Dark Descent, il loro destino era segnato. Andiamo a vedere se almeno si riesce a salvarne qualcuno, va.

Sviluppatore / Publisher: Tindalos Interactive / Focus Entertainment Prezzo: 39,99€ Localizzazione: Testi PEGI: 16 Disponibile Su: PC (Steam, Epic Games Store), PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S Data di Lancio: 20 giugno

È una giornata come tante altre per Maeko Hayes, vice amministratrice della piattaforma Pioneer, in orbita attorno a Lethe. Navi in arrivo, ispezioni doganali, carichi in partenza verso gli altri pianeti del sistema, i soliti battibecchi con l’amministratore MacDonald e il suo approccio molto rilassato al protocollo.

Forse troppo, stavolta: c’è qualcosa che non torna con un carico in partenza e, a dispetto dell’ostilità del suo superiore, Maeko ha deciso che è il caso di controllare. E ben presto la sua giornata prenderà una piega decisamente drammatica…

ALIENS: DARK DESCENT E GLI XENOMORPHI ISOMETRICI

Nuovo gioco dei creatori di Battlefleet Gothic, dopo la fase introduttiva nei panni di una Maeko alla ricerca di una via di fuga dalla stazione rapidamente travolta da facehugger e droni, Aliens: Dark Descent ci mette al comando di una squadra di Marine Coloniali della USS Otago. Precipitata sulla superficie del pianeta Lethe, la Otago si trova ben presto ad essere l’ultima speranza delle poche persone ancora in vita sulla superficie, che scopriremo rapidamente essere diventata terreno di caccia degli xenomorfi. Un po’ alla volta, i nostra marine dovranno cercare di capire cos’è successo, trovare un modo per fermare l’infestazione e fare i conti con il fatto che la maledetta Weyland-Yutani c’entra sempre, in un modo o nell’altro.

Aliens Dark Descent

Eddai, sbrigati con quella porta! Gli alieni non è che stanno ad aspettare!

Anche se i protagonisti sono sempre i marine coloniali, l’approccio di Aliens: Dark Descent è piuttosto diverso da quello del recente Fireteam Elite. Non solo in termini di meccaniche: quello era uno sparatutto in terza persona improntato alla cooperazione fra tre giocatori, mentre questo è un tattico in tempo reale e in visuale isometrica, il cui campo di gioco sono ampie mappe spesso disposte su più piani e, naturalmente, ricche di pericoli.

OLTRE ALLA LORO SALUTE, DOVREMO TENERE D’OCCHIO ANCHE IL LIVELLO DI STRESS DEI SOLDATI

Diverso è in ogni caso anche l’approccio a livello di atmosfera. I marine della Otago sono pezzi duri, ma quello che si trovano di fronte è un pericolo fuori dal comune: dovremo dunque imparare non solo a preservarne la loro integrità fisica di fronte alle interminabili orde di alieni, ma anche tenere sotto controllo il loro livello di stress. Manteneteli troppo a lungo in combattimento, o sotto la minaccia dell’alveare, e i marine inizieranno a risentirne ricevendo malus di vario tipo che in casi particolarmente severi potranno anche permanere fra una missione e l’altra.

PASSI CAUTI

Conviene, dunque, cercare di evitare più possibile gli scontri, affidandosi all’iconico sensore di movimento. In Aliens: Dark Descent, lo strumento funziona costantemente in un raggio di 360 gradi intorno alla squadra, segnando in autonomia sulla mappa la posizione aggiornata in tempo reale di qualunque cosa si stia muovendo nei dintorni. Diventa dunque importantissimo tenere sempre un occhio sulla minimappa, capire dove sono e dove si stanno dirigendo i nemici e qual è il modo più sicuro per raggiungere i vari obiettivi (consiglio: sulla base della mia esperienza personale le mine sono utilissime, piazzatene in ogni dove).

I NOSTRI MARINE NON SE LA CAVANO CERTO MALE, MA EVITARE GLI SCONTRI È COMUNQUE UNA BUONA IDEA

Certo, evitare ogni scontro sarà impossibile: alla fine della campagna, il conteggio degli alieni uccisi raggiungerà facilmente qualche centinaio di unità, quindi farete meglio a prepararvi mentalmente a rischiare la pellaccia. A difficoltà Difficile, Aliens: Dark Descent riesce a bilanciare molto bene la sensazione di avere il controllo di soldati temprati con la realtà del nemico che ci troviamo di fronte, che non è una bestia senza intelletto ma un predatore brutale e intelligente, e che sopratutto ha i numeri dalla sua parte. Decidere quale strada prendere, come evitare i nemici, gestire la scarsità di risorse e lo stress dei soldati, scegliere se spingersi ancora un po’ più in profondità o piuttosto tornare alla base e leccarsi le ferite: le decisioni grandi e piccole sono all’ordine del giorno, su Lethe.

Aliens Dark Descent

Il Veicolo di Ricognizione Corazzato è utile per spostare la squadra… e per far fuori rapidamente qualunque nemico gli capiti a tiro.

Nel complesso, il gioco è realizzato molto bene. L’atmosfera è azzeccatissima, così come gli ambienti e la struttura dei livelli che ci troveremo ad affrontare. Anche la storia, seppure non vada certo a stabilire nuove frontiere nel genere della fantascienza horror, è comunque buona e ben recitata. Nel complesso, qualche osservazione c’è però da fare. La nostra squadra di marine viene controllata come un’unica entità: si muoveranno e combatteranno assieme, e quando assegneremo ordini particolari – come per esempio interagire con un terminale – sarà il gioco a scegliere in autonomia a quale dei marine far svolgere l’ordine.

NON SAREBBE MALE POTER CONTROLLARE ANCHE IL SINGOLO SOLDATO

Fin qui tutto ok: il problema è che talvolta non sarebbe per niente male avere la possibilità di controllare un singolo soldato. Per garantire al cecchino linea di tiro su un inconsapevole (ma non a lungo) bersaglio, per esempio, dovremo muovere tutta la squadra: non sempre la soluzione più pratica, visto che così facendo non avremo controllo preciso sul soldato che serve a noi. Oltre a questo, nonostante sia una componente importante del gioco, la parte stealth è fin troppo basilare e a volte approssimativa. Non è sempre facile capire cosa renda un particolare elemento dello scenario qualcosa dietro cui ci si può nascondere alla vista delle forze ostili o piuttosto un semplice ostacolo ambientale; o ancora, talvolta mi è capitato che uno xenomorfo decidesse di presidiare un condotto di ventilazione esattamente nel momento in cui la mia squadra stava passando di là, portandola ad essere immediatamente individuata.

Aliens Dark Descent

Occhio quando arrivano le ondate. Basta un attimo perché vada tutto a quel paese.

Al di là di queste considerazioni, comunque, Aliens: Dark Descent è sicuramente un prodotto ben riuscito, e dal contenuto non indifferente. La durata dipende parecchio dall’abilità personale e dalla difficoltà prescelta, ma ci aggiriamo comunque intorno alla ventina di ore, qualcosa di più se siete fra quelli che amano esplorare ogni singolo anfratto. Bene così, e speriamo che Tindalos Interactive torni a visitare questo universo, magari anche con un budget leggermente più alto.

In Breve: Aliens: Dark Descent è un tattico in tempo reale più che buono, che riesce a trovare il giusto equilibrio fra la competenza nel mestiere delle armi dei marine e la necessità di giocare d’astuzia ed evitare gli scontri quando possibile. Insomma, decisamente un gioco che riesce a rispettare el atmosfere che ci si aspetterebbe di incontrare nell’universo narrativo popolarizzato da Ridley Scott e James Cameron.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: RTX 3060, Ryzen 3600, 16 GB RAM, SSD NVMe
Com’è, Come Gira: Animazioni e comparto sonoro tradiscono il suo budget non altissimo, ma lato ambienti e illuminazione è stato fatto un ottimo lavoro. Pesantino sulla CPU.

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Pro

  • Atmosfera azzeccatissima / Buona quantità di contenuto / Storia negli standard, ma ben recitata e presentata.

Contro

  • Animazioni non sempre pulitissime / Comparto stealth molto basilare.
8.5

Più che buono

Dai monti del Trentino scende Marco Bortoluzzi – figurativamente, s'intende, perché per smuoverlo dal suo paese servono le cannonate. Non chiedetegli mai perché ha giocato così tanto a Dota 2.

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