Battlefield 6 – Recensione

PC PS5 Xbox Series X

Electronic Arts lancia il guanto di sfida ad Activision con Battlefield 6, un capitolo titanico nella portata e nelle ambizioni che profuma di nuova alba per il franchise: il campo di battaglia non è mai stato così vasto, dinamico e brutale, la guerra totale è tornata.

Sviluppatore / Publisher: Battlefield Studios / Electronic Arts Prezzo: € 69.99 Localizzazione: Completa Multiplayer: Competitivo e Co-op online PEGI: 16 Disponibile su: PC (Steam, Epic Games Store, EA App), PlayStation 5, Xbox Series X|S Data di Lancio: Già disponibile

Battlefield non è mai stato un semplice sparatutto. Fin dalle origini s’è distinto per la sua promessa di un’esperienza bellica collettiva, di un caos orchestrato dove le linee del fronte si muovono sinuose, gli edifici crollano con ipnotico fragore e i giocatori si scontrano come le onde di un’unica marea inarrestabile, forieri di una devastazione che tutto travolge.

 

Negli ultimi anni quella promessa si era appannata, tra scelte di design discutibili e un’identità meno definita del solito. Prendendo le distanze da Battlefield 2042, il nuovo capitolo si presenta al mondo per ripristinare l’ordine naturale delle cose, per restituire al brand la sua ragion d’essere: la guerra totale suprema, spettacolare e imprevedibile, che non ha simili nel panorama degli FPS multiplayer (no, il confronto con Call of Duty regge fino a un certo punto: sono assai differenti come gameplay e caratteristiche, uno non esclude necessariamente l’altro).

LA GUERRA TOTALE DI BATTLEFIELD 6

Scopriamo il nuovo capitolo da qui, dal cuore di un’esperienza online su vasta scala che resta l’All-Out Warfare, un trittico di modalità collaudato eppure rinnovato. Conquista, Sfondamento e Corsa (20 – 40 minuti di partita) sono veri e propri scenari bellici, ognuno con un ritmo e una filosofia specifica. Conquista mantiene intonso il suo fascino composto da un campo di battaglia che vive e respira, da basi che cambiano proprietario di continuo, da veicoli che sfrecciano tra i palazzi e dalla fanteria che cerca disperatamente di farsi largo in mezzo a un turbine di proiettili ed esplosioni. Su PC l’impatto è impressionante: 64 giocatori divisi in due fazioni (niente più 128), server solidi e mappe gigantesche che restituiscono la sensazione di trovarsi in un conflitto realmente in corso. Se c’è un’esperienza iconica, è questa.

Conquista, Sfondamento e Corsa (20 – 40 minuti di partita) sono veri e propri scenari bellici, ognuno con un ritmo e una filosofia specifica

Sfondamento, invece, concentra l’attenzione in precisi punti della mappa. Non si combatte ovunque, ma su linee precise che avanzano o arretrano seguendo l’andazzo del match. È una modalità che valorizza il sacrificio e la pianificazione: serve coordinazione per superare una linea di difesa ben messa e basta un singolo carro piazzato al momento giusto per ribaltare un’intera offensiva. Corsa, infine, fa leva sulla nostalgia e l’aggiorna con eleganza: il braccio di ferro attorno agli M-COM da far saltare/difendere è ancora una volta una danza di esplosivi e fucilate, capace di riportare i veterani agli anni d’oro della saga.

Battlefield 6

Escalation e Op. Firestorm, come dire nuovo e vecchio che fanno all’ammore.

Accanto a queste modalità storiche c’è Escalation, una delle novità. La mappa si restringe progressivamente a forza di basi mantenute sotto il proprio controllo fino alla loro conquista definitiva con conseguente eliminazione dalla mappa, un modus operandi che, a poco a poco, obbliga i giocatori a convergere verso un punto centrale. Sul finire di match rimangono pochi obiettivi e ciò dà vita a finali di partita adrenalinici, in cui soldati e veicoli si riversano nello stesso spazio vitale partecipando a un tiro alla fune che, spesso, si risolve all’ultimo ticket. È una formula pensata per mantenere sempre alta la tensione, un climax che evita la dispersione tipica di Conquista e concentra lo spettacolo in una spirale di devastazione e lotta per la supremazia. Ci mette un po’ a carburare, chi arriva a tre territori conquistati vince quindi se ci si gioca male le proprie carte può finire presto, ma quando le partite sono combattute il gran finale è assicurato. Chiudono il cerchio di attività Sfondamento, Dominio, Dominio della Collina, Deathmatch a Squadre/Team e Deathmatch, magari non la massima espressione della grandeur di BF6 ma sicuramente delle valide alternative alle portate principali, specie quando il tempo a disposizione non è abbondante. Si segnalano alcuni spawn assassini, ma niente di grave.

IL CORPO IN PRIMA LINEA

Battlefield 6 mette al centro dell’esperienza il corpo del protagonista, mai come oggi tangibile e reattivo, parte integrante della battaglia. Il nuovo sistema kinesthetic non si limita a introdurre animazioni più fluide, ma trasforma il modo di muoversi e di combattere. Rotolare dietro un riparo, sporgersi da un angolo (automaticamente, niente tasti specifici), trascinare un compagno ferito fino a una zona sicura: non sono più semplici script, ma azioni integrate nel flusso del combattimento, che modificano il ritmo dello scontro e restituiscono una fisicità mai vista prima nella serie.

il corpo del protagonista non è mai stato così tangibile e reattivo, parte integrante della battaglia

Persino arrampicarsi su un ostacolo o scivolare lungo una scarpata non è più un gesto marginale, ma un’opportunità tattica da sfruttare come suggerisce l’intuito. In alcune circostanze si nota qualche discrepanza tra azione ed esecuzione, mi è capitato accoltellando da dietro un paio di avversari, ma sono sbavature tecniche di poco conto, un po’ come quando ci si imbatte in un soldato rimasto morto per metà in un muro o in corpi che svolazzano via in maniera bizzarra.

Trascinare un compagno ferito fuori dai guai e rianimarlo, una scarica di vita in piena regola. Per entrambi.

Il lavoro di ammodernamento abbraccia svariati aspetti di gioco. Il gunplay ha subito una rifinitura sostanziale, ad esempio. Ogni arma ha un rinculo leggibile e un carattere distintivo, che non si limita ai valori numerici ma si traduce in sensazioni concrete, in una curva di apprendimento che spinge a migliorare colpo dopo colpo. La differenza è evidente: si percepisce il peso di un fucile d’assalto rispetto alla leggerezza di un SMG, la precisione chirurgica di un DMR contrapposta alla brutalità incontrollata di un LMG. Forse si può rendere ancora più marcata la differenza, ma come punto di partenza ci siamo. E poi c’è l’immancabile personalizzazione delle armi a correre in aiuto di chi ama tarare le armi secondo i propri gusti, che corre parallelamente a una progressione orizzontale che definirei classica.

si percepisce il peso di un fucile d’assalto rispetto alla leggerezza di un SMG, la precisione chirurgica di un DMR contrapposta alla brutalità incontrollata di un LMG

La stessa filosofia si riflette negli equipaggiamenti. Il ritorno delle classi classiche non significa rigidità, perché i gadget disponibili – sbloccabili avanzando in una progressione articolata, che terrà impegnati a lungo – aprono una gamma di soluzioni/approcci che donano imprevedibilità agli scontri. I droni da ricognizione possono esplorare l’area prima di un assalto, i sistemi di copertura portatile creano fortini improvvisati, le scale possono fare molto comodo per organizzare assalti da punti poco noti, le mine EMP mettono in ginocchio veicoli corazzati senza sparare un colpo e così via. Sono strumenti che, combinati alle abilità di classe, danno vita a una catena di possibilità eccitante in termini di loadout. A proposito di veicoli, fa piacere notare che Battlefield 6 ha scelto di tornare a valorizzarne il ruolo tattico. Non sono più macchine invincibili guidate da pochi eletti, ma strumenti potenti e al contempo vulnerabili, che richiedono coordinazione e protezione. Un carro armato può ribaltare le sorti di una battaglia in mani capaci, ma senza un Geniere al fianco è destinato ben presto a trasformarsi in un rottame. Gli aerei da combattimento, spettacolari e devastanti, devono fare i conti con un sistema antiaereo più severo, che premia chi sa pilotare con intelligenza. Anche qui il realismo non è mai fine a se stesso: l’obiettivo è dare peso a ogni scelta, rendere ogni mezzo parte di un ecosistema bellico in cui nulla è scontato.

I veicoli sono letali ma, senza adeguato supporto, anche fragili.

Un ulteriore passo avanti riguarda l’intelligenza artificiale. Nella campagna i compagni non sono più sagome statiche ma reagiscono, avanzano, si coprono a vicenda e sfruttano i gadget in modo credibile. Talvolta si vedono cose che voi umani non potete nemmeno immaginare durante i match online completati dai bot (vengono usati per riempire i buchi in alcune modalità come Conquista), tuttavia la loro presenza garantisce un livello di sfida tutto sommato accettabile per chi vuole allenarsi sul campo o imparare a memorie la mappe. Tutto questo si regge su un’infrastruttura tecnica più solida che in passato. Il tickrate elevato dei server, la riduzione della latenza e la stabilità generale del netcode garantiscono scontri intensi senza i rallentamenti e le disconnessioni che avevano macchiato i precedenti capitoli al lancio. Non significa che sia un’esperienza perfetta – restano margini di miglioramento nel matchmaking e nell’equilibrio delle squadre – ma la base è solida, ed è quella che serviva per restituire credibilità alla serie. Il risultato complessivo è un gameplay avvolgente che non si limita a replicare la formula dei più illustri predecessori, ma la ridefinisce dall’interno in un miscuglio di novità e tradizione che sa di celebrazione riuscita. Questo non è solo un Battlefield più grande, ma è anche più profondo, più fisico e più gratificante da giocare che mai. Battlefield 6 spinge a pensare come parte di un organismo collettivo e, allo stesso tempo, offre al giocatore gli strumenti per lasciare un segno individuale su ogni match. Ed è proprio in questo equilibrio fragile e affascinante che risiede la sua vittoria più bella.

IL RITORNO DELLE CLASSI

La saggia decisione di riportare in auge le classi storiche è probabilmente la più significativa di questo capitolo. Battlefield 6 torna ad affidarsi ai quattro pilastri della saga: Assalto, Geniere, Supporto e Ricognitore. Ognuno di questi ruoli non si limita a fornire un arsenale di armi e gadget, ma reintroduce vere e proprie identità di squadra. L’Assalto è il fulcro della fanteria: rapido, aggressivo, capace di stimolare la carica del gruppo con gadget come l’iniettore di adrenalina. Il Geniere, da sempre terrore dei veicoli nemici, alterna missili devastanti e capacità di riparazione, diventando indispensabile per la sopravvivenza di carri ed elicotteri. Il Supporto mantiene alto l’onore di medici e rifornitori, con la possibilità di distribuire munizioni e kit medici in quantità, mentre il Ricognitore resta la voce silenziosa che sorveglia il campo da lontano (chi ha detto camper?!), individua bersagli e crea occasioni per la squadra.

La saggia decisione di riportare in auge le classi storiche è probabilmente la più significativa di questo capitolo

Ciascuna classe prevede un Tratto distintivo e un’Abilità distintiva, e come se non bastasse c’è anche un sistema di addestramento, ovvero delle progressioni specifiche che permettono di specializzare ulteriormente la classe scelta, creando delle figure ibride capaci di sorprendere l’avversario. È un meccanismo che scava un po’ più in profondità in ogni classe senza scardinare l’equilibrio complessivo, aumentandone la flessibilità senza allontanarsi eccessivamente dall’impostazione classica.

Il ritorno di Battlefield coincide con quello delle classi. Solo una coincidenza? Io non credo.

Le nove mappe di Battlefield 6 sono il manifesto del Frostbite aggiornato. Sono gigantesche, variegate ma soprattutto vive. La Valle di Mirak alterna spazi aperti e villaggi sparsi, ideale per chi ama il mix di fanteria e veicoli. Picco della Liberazione, incastonato tra le montagne del Tagikistan, costringe invece a combattere su dislivelli e punti di strozzatura, mentre Offensiva Iberica porta la battaglia nei vicoli stretti e caotici di Gibilterra. A Brooklyn, in Empire State, i grattacieli diventano fortezze da difendere o abbattere, e quando le fondamenta cedono l’intera struttura crolla in un boato che scuote la mappa e i giocatori. E poi c’è il ritorno di Operazione Firestorm, un tuffo al cuore per chi, come il sottoscritto, ha speso 1000+ ore su Battlefield 3. Probabilmente si può spingere ulteriormente sul fronte della caratterizzazione, ma è il classico pelo nell’uovo. La tanto pubblicizzata distruttibilità non è un orpello visivo, ma il cuore stesso del gameplay. Un muro che ti protegge può cedere in pochi secondi (carino il martello sfonda-pareti), una copertura può sparire sotto i colpi di un carro, una casa può diventare tomba in un attimo. Giocare a Battlefield 6 significa adattarsi costantemente, leggere il flow del match e sfruttarne i cambiamenti a proprio favore. I migliori sono quelli che li causano o li anticipano, questi cambiamenti.

DAGGER 1-3, PORTAL E BOTTI FINALI

Come spesso avviene negli shooter multiplayer, la campagna assume un ruolo marginale. A chi ama il single player Battlefield 6 propone nove missioni lineari, collegate da una storia che, pur senza stupire, se la cava grazie a una regia votata alla spettacolarità tipica degli action movie. La squadra Dagger 1-3 è il filo conduttore di un conflitto tra la NATO e l’organizzazione Pax Armata ambientato in un 2027 sull’orlo del collasso geopolitico. I protagonisti non sono eroi senza macchia, ma soldati segnati da scelte morali e sacrifici, che danno un volto umano al caos della guerra. Haz Carter, Gecko Espina, Murphy e Lopez formano un quartetto credibile e affiatato, capace di accompagnare il giocatore attraverso teatri di battaglia che spaziano dal Medio Oriente all’Europa orientale, fino alle strade devastate di New York. La campagna inserisce anche qualche spunto di gameplay unico, come ordini impartibili alla squadra, sezioni stealth e momenti in stile hollywoodiano. Il tutto si conclude nel giro di 4/5 ore, rivelandosi una sorta di lungo tutorial utile a prendere confidenza coi vari sistemi di gioco e farsi trovare pronti ai match online.

Come spesso avviene negli shooter multiplayer, la campagna assume un ruolo marginale

In attesa dei contenuti in arrivo subito dopo il lancio o in futuro (ci sarà anche la modalità Battle Royale!), il pacchetto si completa con il rinnovato Battlefield Portal, non un semplice editor ma un autentico laboratorio di esperienze. Portal permette di modificare regole, combinare mappe, creare script e reinventare il gioco a piacimento. È lo strumento che trasforma Battlefield in piattaforma, garantendo una longevità potenzialmente infinita al nuovo capitolo a patto di venir sfruttato con costanza dalla comunità. Si sa che quando si lascia il comando ai giocatori tutto può succedere, nel bene ma anche nel male, ergo va bene sognare a occhi aperti ma aspettiamo di scoprire se e come verrà sfruttato dalla community.

Si torna a casa, finalmente.

Ciò che più conta sono le sensazioni, ed è qui che Battlefield 6 convince maggiormente: quando si scende in campo la prima volta, ci si sente di nuovo a casa. La Campagna non è particolarmente accattivante, Portal è intrigante ma pur sempre un’incognita, ma con un multiplayer di tale pregevole fattura, stratificato e avvincente come i migliori del passato, un gameplay tanto solido quanto spettacolare e una progressione longeva, Battlefield 6 riesce a far dimenticare ogni passo falso e a proiettare la serie verso un futuro che promette grandi cose.

Più ci gioco, più mi convinco che sia questo il capitolo che la saga e i fan aspettavano e meritavano da anni

Più ci gioco, più prende forma in me la convinzione che sia questo il capitolo che la saga e i fan aspettavano e meritavano da anni. Si notano dei margini di miglioramento, certo, ma Battlefield 6 è capace di riesumare l’anima perduta, quell’essenza eccessivamente diluita in passato, e di tornare a essere sinonimo di distruzione spettacolare e collaborazione di squadra come nessun altro sa fare. Su PC poi l’esperienza è potente, ottimizzata e stabile. Graficamente ci sono momenti in cui si rimane a bocca aperta, l’esaltazione raggiunge livelli pericolosi, quasi dispiace di non avere il tempo per potersi lasciare andare alla pura contemplazione: la guerra totale è tornata ed è più bella che mai, fatevi un favore e arruolatevi.

In Breve: La corsa sfrenata sotto il fuoco di soppressione nemico, mentre tutto intorno gli edifici crollano come le speranze di vittoria del tuo team e i tuoi compagni cadono crivellati di colpi. Ne trascini uno al riparo, una promessa vi unisce mentre lo salvi dalle grinfie della morte: non sei solo, non lo sarai mai. Questo è Battlefield 6 ed è qui per ricordarci che la guerra totale, quand’è virtuale, può essere un’esperienza magnifica. EA, DICE/Battlefield Studios e la comunità intera avevano una gran voglia di voltare pagina, è un sollievo poter dire che ce l’hanno fatta. Quella pagina, che pure fa parte della storia del franchise, non è stata solo dimenticata ma è stata strappata dalla memoria e gettata alle fiamme, le stesse che alimentano la travolgente passione di cui è intriso il nuovo capitolo. E questo è solo l’inizio!

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 7 7800X3D, Radeon 7800XT Nitro+ 16 GB VRAM, 32 GB RAM DDR5
Com’è, Come Gira: In 1440p e tutte le impostazioni grafiche al massimo, con FSR/Qualità e Frame Gen 150-170 fps con un utilizzo di 14/15GB di VRAM. Senza Frame Gen, 100-120 fps. Senza Frame Gen e senza FSR, 60-70 fps. La sensazione è che BF6 sia ben ottimizzato, e, sebbene in 4K richieda un PC performante per dare il meglio di sé, godibile anche da configurazioni non top di gamma. Qualche calo di fluidità si nota, ma con tutti i momenti colmi di effetti speciali ed elementi da gestire contemporaneamente direi che è il minimo sindacale. Buona la varietà di opzioni grafiche e molto buono il comparto audio, specie nei rumori ambientali che aiutano a individuare la direzione da cui s’avvicina il nemico. HUD, visibilità dei nemici e gestione dell’illuminazione nei cambi di ambiente perfettibili. Meno bene alcuni problemi al day one lato server, con diversi utenti impossibilitati ad accedere (da qui l’accoglienza iniziale “Nella Media” delle primissime ore post lancio) e DICE costretta ad attivare temporaneamente delle code d’ingresso per gestire il congestionamento ma, considerando l’afflusso record (750.000 giocatori solo su Steam), in parte comprensibili.

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Pro

  • Perfetto per chi ama le battaglie totali con fanteria e mezzi / Riporta di prepotenza la serie dove merita di stare: nell’olimpo degli shooter online / Le sensazioni sono quelle di una volta, Battlefield è tornato!

Contro

  • Qualche imprecisione tecnica / La campagna è poco più di un tutorial / Visibilità nemici, HUD e caratterizzazione delle armi e mappe su cui si può lavorare ulteriormente / Day one con qualche fisiologico problemino lato server
8.8

Più che buono

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