Buscar el levante por el poniente: Hi-Fi Rush, ovvero l’ennesima Operazione Downfall di Microsoft per grattare quel prurito mai domo di Giappone. Il revival di SEGA con GT 2022 e Jet Set Radio Future. I grandi nomi del JRPG sotto contratto su 360. Blue Dragon, Lost Odyssey, Eternal Sonata.
Sviluppatore / Publisher: Tango Gameworks / Bethesda Softworks Prezzo: 29,99€ Localizzazione: Completa Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile Su: PC (Steam), Xbox Series X|S Data di Lancio: 25 gennaio 2023
Ere geologiche fa, lo stesso tempo che è passato dalla musica di Chopin a quella dei Prodigy. Adesso però in console si balla Tango Gameworks, il disco è Hi-Fi Rush ed è tutt’altra musica.
Hi-Fi Rush e il futuro cyber-positive
C’è il futuro pessimista. Quello del cyberpunk fatto di innesti che rendono l’essere umano più macchina mentre la macchina diventa sempre più umana, di centri urbani diventati melting pot di culture accomunate dall’essere le culture di chi è rimasto in fondo alla fila, schiacciato dai giochi di potere delle corporazioni. E poi c’è quel retro-futuro positivo fin dalla paletta cromatica, le grafiche di WipeOut dipinte dal sound elettronico dei Daft Punk, dei The Chemical Brothers, dei Prodigy. Lo stesso futuro – lo stesso sound – di Hi-Fi Rush, quasi che viene da chiedersi se sia un caso aver invaso entrambi questi mondi sulle note di Invaders Must Die, o è solo la storia dei videogiochi che chiude l’ennesimo cerchio.
Hi-Fi Rush è Tango Gameworks che scava nella sua memoria genetica e risale l’albero genealogico fino a Clover Studio. È Viewtiful Joe che scopre l’iPod e allora pensa diversamente, fuori dal suo stesso schema a due dimensioni per abbracciare il 3D. Nei momenti in cui la pista si svuota ed il ritmo cala viene naturale pensare a quanto abbiamo rinunciato votandoci all’Unico Dio del Fotorealismo.
Viewtiful Joe che scopre l’iPod e allora pensa diversamente abbracciando le tre dimensioni
Last Night a D.J. Saved My Life
È più un gioco d’azione che un rythm game, Hi-Fi Rush. È stato facile markettizzarlo come un featuring di queste due anime, un Devil May Cry remixato da Tiësto e costretto ad andare a tempo. Dante Must Die non è diventato Dante Must Dance: il metronomo rimane una traccia, qualcosa da provare a seguire ma che non si trasforma automaticamente in fischi quando si stecca. Abbassa il punteggio alla fine del ritornello, ma non è poi un problema quando gli altri due indicatori (tempo e danni) raggiungono la valutazione massima abbastanza in scioltezza.
E diventa via via più facile farlo man mano che il gioco fa il suo corso e Chai impara nuovi passi, siano combo con cui martellare i tasti o nuovi strumenti che si aggiungono trasformando l’esperienza dalla performance di un solista a quella di un’orchestra. Succede a piccoli passi, dando sempre il tempo di familiarizzare con le novità – spesso e volentieri costruendoci attorno il livello.
una rockstar alla perenne ricerca del battito giusto per premere i tasti d’attacco
A Fifth of Beethoven
Lo stylish action – o aspirante tale – si è accontentato spesso di risuonare cover dei suoi pezzi più famosi cambiando al massimo qualche accordo. C’era voluto Devil May Cry una decade esatta fa per provare un approccio nuovo, che abbandonasse il passo à la Resident Evil delle sezioni dove non si spaccava la Nevan addosso a qualche nemico.
Sezioni platform da rivedere, ma chi chiederebbe il rimborso dopo un grande concerto?
Sezioni scolastiche, quasi in imbarazzo nel muoversi sullo stesso suolo sacro di un genere che sa regalare anche oggi twist e sorprese che vanno oltre il dover saltare col giusto tempismo su una piattaforma o arrivare dall’altra parte del livello entro un certo tempo. Il ritmo poi spesso viene spezzato dalla necessità di selezionare manualmente il compagno da richiamare per superare gli ostacoli, macchinoso laddove sarebbe bastato limitarsi a richiedere al giocatore di premere il tasto che attiva la meccanica. Anche i quick time event – potevano mancare in un gioco così? – sono altalenanti, passando dall’artificiosamente frustrante al fin troppo semplice anche all’interno dello stesso livello.
Hi-Fi Rush è salito sul palco quasi per caso e ha scoperto di star bene sotto i riflettori
In breve: Hi-Fi Rush è una grandissima Woodstock di quello che era il periodo d’oro di chi poi ha finito per fondare Tango Gameworks. Facile ricordarsi dei Resident Evil e dei Devil May Cry, ma una volta il real deal si chiamava Viewtiful Joe e poter rivedere qualcosa di simile nella filosofia ma diverso (forse addirittura inedito?) nelle meccaniche è come spiare una timeline parallela del videogioco da una finestra disponibile anche su Game Pass.
Piattaforma di prova: PC
Configurazione di Prova: Intel Core i5 6 core 3Ghz, Radeon Pro 570X 4 GB, SSD
Com’è, Come Gira: all’interno dei requisiti minimi Hi-Fi Rush gira bene in tutte le taglie e le forme, dagli pseudo-720p di Steam Deck fino al monitor del PC. Fluido, mai in affanno, non perde mai un clock e tiene il tempo come in quel vecchio pezzo degli 883.