Lone Ruin – Recensione

PC Switch

Rovine antiche traboccanti in egual misura di magia e di corruzione si profilano all’orizzonte. Per fortuna il (o la? boh) protagonista di Lone Ruin, oltre a una buona dose di incoscienza, può anche contare su un arsenale di potenti incantesimi!

Sviluppatore / Publisher: Cuddle Monster Games / Super Rare Originals Prezzo: 13,99€ Localizzazione: Assente PEGI: 3 Multiplayer: Assente Disponibile Su: PC (Steam), Nintendo Switch Data di Lancio: 12 gennaio

Spopolare nel genere dei roguelike, al giorno d’oggi, non è certo facile. Sono ben lontani i tempi in cui gli unici esponenti degni di nota del genere erano Binding of Isaac ed FTL: oggi per gli amanti delle giocate brevi e ad alto tasso di letalità non c’è altro che l’imbarazzo della scelta; l’anno scorso in particolare siamo stati investiti da una vera e propria pioggia di giochi appartenenti a questo genere dai confini e dalle definizioni piuttosto labili.

Questo però non vuol dire che non ci sia spazio per farsi notare; e va detto che Lone Ruin, coi suoi colori acidi e quella grafica pixellosa che non manca mai di far risuonare le corde di certi cuori (io, sto parlando di me, datemi qua tutti i pixel che avete, li amo) riesce sicuramente ad attirare l’attenzione.

PARLACI UN PO’ DI TE, LONE RUIN

La struttura di gioco di Lone Ruin è piuttosto semplice. All’inizio di ciascuna partita, ci verrà chiesto di scegliere un incantesimo di partenza fra una selezione sempre identica; alcuni di essi partiranno con già un potenziamento, giusto per incentivare un po’ la sperimentazione. Da lì, ci getteremo poi a capofitto nel combattimento, strutturato ad arene; entriamo, facciamo fuori fino all’ultimo nemico, raccogliamo la nostra sudata ricompensa, e a quel punto ci troveremo di fronte un bivio. L’unica vera differenza fra una o l’altra strada è la ricompensa che riceveremo: siamo di fronte a un sistema “alla Hades” piuttosto che “alla Slay the Spire”, dove cioè scegliere una strada invece di un’altra influenzerà anche gli incontri successivi. E via così senza particolari variazioni fino al terzo ed ultimo boss.

Lone Ruin Recensione

Buondì signor albero. Mi lascia passare in tranquillità? Ho anche la tessera del WWF. Ah dice di no. Bene.

Visto che il nocciolo del gioco è rappresentato proprio dai combattimenti – di storia, ve lo anticipo subito, non c’è praticamente nulla – direi che è il caso di parlarne, no? I primi livelli, com’è lecito aspettarsi, partono abbastanza tranquilli ma farete meglio a non riposare troppo sugli allori: soprattutto se sceglierete la difficoltà Hard, non ci vorrà molto prima che le arene si riempiano di mostriciattoli color viola e azzurro acido pronti a vomitarvi addosso quantità talvolta imbarazzanti di proiettili.

il combattimento è semplice nei meccanismi ma ben riuscito, di quelli che ti tengono incollato!

Riuscire a gestire questi scontri richiede una buona dose di abilità personale e di riflessi pronti, e diciamo che anche la fortuna aiuta: se bilanciare un gioco è mestiere difficile ed è sostanzialmente inevitabile che alcuni incantesimi e combinazioni di oggetti passivi siano più forti di altri, sappiate che non mancheranno alcune scelte che vi faranno pensare “ma chi me l’ha fatto fare di prenderla”. Il risultato, comunque, è decisamente ben riuscito: Lone Ruin ha un gameplay loop soddisfacente, intenso e che ti lascia sempre con quella sensazione da “no, dai, non vale, stavolta vado meglio!” quando ti trovi di fronte all’inevitabile schermata del game over. Ad aiutare ci pensa anche una colonna sonora synthwave a tratti stranamente rilassante, che inizialmente mi aveva lasciato un po’ perplesso ma che devo dire non ci ha messo molto a convincermi. Sarà anche che il gioco sembra a sua volta uscito da un trip acido, che volete che vi dica (in senso buono, eh).

Lone Ruin Recensione

Oltre il settimo minuto la modalità Survival diventa un macello già a Medium!

Tutto bene quindi? Sì, ma fino a un certo punto. Se infatti il gameplay è promosso, la grafica è decisamente accattivante pur se a tratti un po’ confusionaria, e come accompagnamento sonoro ci siamo, Lone Ruin soffre per la quantità di contenuto. Capisco che trattandosi di un gioco dal budget ristretto, e per di più sviluppato in larga parte da una sola persona, uno non si può aspettare centinaia di livelli tutti diversi: ma devo confessare che quando alla mia seconda run a difficoltà Medium mi sono trovato di fronte i titoli di coda, nel giro di meno di un’ora dall’installazione del gioco, mi sono sentito un po’ interdetto.

Con così poco contenuto, è difficile pensare che chi non è maniaco del completismo gli dedichi più di una manciata di ore

Certo, a difficoltà Hard la musica cambia, avete meno vita, e non solo ci sono più nemici come quantità ma ne incontrerete anche altri che a Medium invece non si degnavano mai di fare un salto a visitarvi, e dunque per forza di cose i tempi per acquisire un’abilità sufficiente da permettervi di battere il terzo boss si allungano (niente progressione orizzontale: siete voi quelli che devono migliorare!). Va detto che c’è anche una modalità Survival, che vi chiede di restare in vita per dieci minuti; non una cosa da dare per scontata nemmeno a difficoltà Medium, figurarsi ad Hard. Però il gioco è sempre quello, i livelli hanno variazioni strutturali ma dal punto di vista estetico sono tutti molto simili (c’è giusto qualche cascata di sangue in più a dare atmosfera, in quelli avanzati), e insomma diventa difficile pensare che chi non è fanatico delle leaderboard o del completismo gli dedicherà più di una manciata di ore. Il che ci può pure stare, beninteso; come ho già detto sopra, il gioco è divertente e non pecca nelle idee o nella realizzazione, ma solo nel contenuto. L’importante è sapere a cosa si va incontro. Chiudo dicendo che Lone Ruin è compatibile anche con Steam Deck, e che ovviamente poterlo giocare su una console portatile è la morte sua – anche se su uno schermo così piccolo non è sempre semplicissimo vedere che accidenti sta succedendo, sopratutto nelle situazioni più caotiche.

In Breve: Lone Ruin è un roguelike (o roguelite, vabbè) action ben realizzato il cui unico vero difetto è la scarsità di contenuto. Anche così vi terrà incollati allo schermo per almeno qualche oretta in virtù del suo ottimo gameplay, ma siamo proprio curiosi di vedere Cuddle Monster Games in azione con più tempo e più budget.

Piattaforma di Prova: PC, Steam Deck
Configurazione di Prova: Ryzen 3600, GTX 1070, 16 GB RAM, SSD NVMe
Com’è, Come Gira: Bello da vedere anche se piuttosto caotico nella fasi finali. Non è comunque un gioco pensato per mettere in difficoltà qualunque configurazione vagamente adatta al gaming.

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Pro

  • Gameplay strutturalmente semplice, ma ben riuscito / Lo stile acido è tanta roba!

Contro

  • C’è davvero poco contenuto.
7.8

Buono

Dai monti del Trentino scende Marco Bortoluzzi – figurativamente, s'intende, perché per smuoverlo dal suo paese servono le cannonate. Non chiedetegli mai perché ha giocato così tanto a Dota 2.

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