L’ormai più che ventennale saga di Dinasty Warriors (Sangoku Musou nel Sol Levante) atterra anche sull’ibrido di Nintendo, con uno dei suoi spinoff di maggior successo. Si tratta di One Piece: Pirate Warriors 3, porting dell’ultimo, e sicuramente più riuscito, capitolo di questa costola della saga principale. Uscito originariamente nel 2015 per tutte le console Sony (PS3, PS4 e PS Vita), è stato poi convertito per PC (un indimenticabile scempio tecnico, direttamente dalla versione PS3) e, ora, per Switch.
Un po’ di contesto per quelle quattro persone che non abbiano mai avuto a che fare con il manga più letto del pianeta: il grande pirata Gol D. Roger viene giustiziato dalla marina dopo aver raggiunto il massimo traguardo per un avventuriero del mare, l’ottenimento del One Piece, tesoro misterioso e leggendario che si trova al termine della “Rotta Maggiore“, tratto di mare particolarmente irto di pericoli e mai navigato prima nella sua interezza. Dall’alto del patibolo, un attimo prima di morire, il suo lascito è un invito a tutti i temerari che vorranno provare ad imitarlo nel cercare di recuperare il tesoro inestimabile lasciato li, proprio a Raftel Island, l’ultima isola che solo lui era riuscito a raggiungere.
HURRÀ PER LA GRANDE ERA DEI PIRATI!
Monkey D. Luffy è un ragazzo che vuole diventare un pirata. E a chi non piacerebbe? Tuttavia non intende un qualsiasi bandito dei mari, bensì il re di tutti i pirati. Vuol proprio ripercorrere le orme di Gol D. Roger, e per farlo è innanzitutto necessario mettere insieme un equipaggio degno di questo nome. Questo sarà solo il primo dei problemi che il protagonista si troverà ad affrontare, fin dai primi momenti del suo lungo viaggio.
Monkey D. Luffy è un ragazzo che vuole diventare un pirata. E a chi non piacerebbe, per di più con un esempio come Gol D. Roger?
I gamemode sono sostanzialmente tre, più un’opzione nascosta. Nella modalità principale, il “Diario della leggenda“, ci troveremo a combattere moltitudini di nemici, letteralmente nell’ordine delle migliaia alla volta, su mappe dal layout spesso abbastanza labirintico. Gli obiettivi ci verranno forniti all’inizio di ogni capitolo ma, nel pieno stile del manga da cui è tratto, le cose tenderanno a complicarsi non poco durante lo svolgimento della varie missioni, spesso inaspettatamente, tanto da costringerci ad adattarci in tempo reale alle nuove condizioni di vittoria e di sconfitta. Il gameplay, altrimenti ripetitivo ma comunque marchio di fabbrica della serie, è movimentato da questi improvvisi cambi di fronte che ci costringono a tenere sempre alto il livello di attenzione, pena la repentina disfatta. I capitoli ripercorrono tutta la saga di One Piece fin da dove era giunto l’anime all’uscita del gioco, ovvero la saga di Dressrosa, offrendo, però, un finale alternativo a quello originale. Tutti i momenti salienti sono presenti e vengono spesso proposti attraverso sequenze in stile fumetto, o con piacevolissime cinematiche in CGI. Si tratta sostanzialmente di omaggi, che non faranno altro che alzare il gradimento dei fan a cui questo titolo è principalmente indirizzato.
I capitoli del Diario della Leggenda ripercorrono tutta la saga di One Piece fin da dove era giunto l’anime all’uscita del gioco
Merita una menzione a parte il sistema di crescita dei personaggi. Oltre al banale aumento di livello a suon di cazzotti, portatore degli ovvi incrementi di statistiche, tornano le famose (famigerate?) monete. Protagonista anche degli episodi precedenti, l’ottenimento di questi importanti collezionabili non è più legato totalmente al caso, ma al rispetto di diverse condizioni che possono spaziare dal completamento dei capitoli in un certo modo, o usando un certo personaggio, dal compiere peculiari missioni secondarie (gli Eventi Tesoro), battere determinati avversari in determinati modi e chi più ne ha più ne metta. Una volta ottenute delle specifiche combinazioni delle monete potranno essere sbloccati ulteriori upgrade di stats; tutto questo fino al cap del livello inizialmente fissato a 50, che fornisce la potenza necessaria a finire tutti i contenuti anche a livello difficile, diario del sogno compreso. Tale cap può (anzi, deve!) essere rimosso, così da permetterci di arrivare in fondo anche al più impegnativo “Diario dell’incubo”.
Il layout delle abilità può essere gestito e modificato prima di ogni missione per meglio adattarci a quello che ci aspetta
Insomma, tra missioni base, obiettivi secondari, upgrade più o meno necessari, modalità aggiuntive ed espansione delle stesse, la longevità è più che garantita. Se non bastasse, la Deluxe Edition comprende anche tutti i DLC a pagamento usciti per la versione originale, il cui computo finale arriva fino a 40 tra costumi e missioni aggiuntive.
La componente tecnica, purtroppo, non è la nota più positiva di una melodia talvolta ripetitiva ma molto godibile
Due parole, infine, per quel che riguarda la localizzazione limitata al testo, dunque per menu e sottotitoli. Il che è addirittura una fortuna, per quel che mi riguarda, anche se la qualità, purtroppo, è la stessa delle versioni precedenti, ovvero tra lo scarso e il sufficiente. Ogni tanto capita di leggere frasi senza senso o mostruosi errori di traduzione degni dei peggiori fan-sub. Consiglio caldamente i sottotitoli in inglese. La traccia audio è di ottima qualità, direttamente tratta dall’anime con il parlato tutto in giapponese, altra scelta che ai fan più stretti non potrà che far piacere.
One Piece Pirate Warriors 3 è un titolo mirato principalmente ai fan della saga, oltre che agli appassionati duri e puri dei “dinasty warriors-like”. Sotto questo profilo risulta un titolo divertente, longevo e completo nella sua offerta: massacrare centinaia di nemici alla volta, con tanto di contatore incrementa, è foriero di sensazioni addirittura catartiche. La realizzazione tecnica non è di prim’ordine ma fa il suo dovere, relativamente all’harware disponibile; la versione PC, per esempio, come porting diretto da PS3 ne usciva molto peggio.