Quella che state per leggere è una delle mie recensioni più sofferte, questo perché sono un grandissimo appassionato del celebre gioco da tavolo da cui è tratto Warhammer 40.000: Inquisitor – Martyr, ma il videogioco sviluppato da NeoCore Games purtroppo non riesce a valorizzare al cento percento la licenza su cui si basa. Ci ho sperato tantissimo, davvero, sono stato fiducioso fino alla fine, ho voluto dare credito al curriculum di una software house che in passato ha dimostrato di saperci fare con la serie di action RPG di Van Helsing; eppure le mie speranze sono state disattese: ho finalmente capito come si sia sentito l’Imperatore dopo il tradimento di Horus, il suo figlio prediletto.
A CACCIA DI ERETICI
Warhammer 40.000: Inquisitor – Martyr si presenta sin dai primi minuti come un hack & slash atipico: pur mantenendo alcune caratteristiche distintive dei cloni di Diablo, il titolo sviluppato dallo studio ungherese si discosta molto dall’esperienza classica a cui siamo abituati.
il gioco di NeoCore non riesce a valorizzare al cento percento l’illustre licenza
Da questo punto di vista, siamo di fronte a una delle migliori trasposizioni del Tetro Millennio mai vista sui nostri monitor, grazie alla cura maniacale riposta nella realizzazione di un intreccio narrativo coerente e avvincente incentrato sulla misteriosa ricomparsa della Martyr, la nave del leggendario inquisitore Uther Tiberius a lungo smarrita tra le mutevoli correnti del Warp. La struttura del racconto basata sui vari casi affidati al nostro inquisitore permette di sviluppare l’intreccio su vari livelli: affrontando le missioni della main quest si prosegue nell’investigazione relativa alla Martyr e al terribile destino che ha colpito i membri dell’equipaggio, mentre portando a compimento gli incarichi secondari si ha modo non solo di ottenere ricompense aggiuntive utili a potenziare ulteriormente il protagonista, ma anche di far luce sul contesto nel quale si svolgono queste vicende.
Come giudice, giuria e carnefici, dovremo indagare su tutto ciò che può destabilizzare l’Imperium
AMALANTHIANISMO
Nonostante sia tutto sommato fisiologica dato il genere di appartenenza, la ripetitività di fondo non è l’unico problema di cui soffre Warhammer 40.000: Inquisitor – Martyr. Al di là di alcuni bug e glitch grafici che purtroppo si presentano con costanza, causando l’immediata scomparsa dei nemici o l’errata visualizzazione delle texture, ciò che tarpa le ali all’opera di NeoCore Games è una serie di scelte di design decisamente infelici.
La ripetitività di fondo non è l’unico problema di cui soffre Warhammer 40.000: Inquisitor – Martyr
Va da sé che la progressione dipende esclusivamente dal caso, dal momento che tutto passa dalla randomizzazione degli oggetti recuperati al termine di ogni missione. Terribile, poi, la gestione della telecamera: la visuale non riesce mai a inquadrare al meglio l’azione, per questo bisogna aggiustarla costantemente per non fare una brutta fine a causa di qualche nemico che ci colpisce dal di fuori dallo schermo; va da sé che un’operazione simile – soprattutto in un gioco che sa essere frenetico e positivamente confusionario – può distogliere l’attenzione dagli scontri e comunque portare a decessi indesiderati.
Anche Warhammer 40.000: Inquisitor – Martyr va a finire nell’ormai traboccante contenitore delle occasioni sprecate basate sulle licenze dei board game firmati Games Workshop. NeoCore Games ha imbastito una storia affascinante e, almeno da un punto di vista narrativo, ha saputo esaltare al meglio l’ambientazione del Tetro Millennio. Peccato che tutto questo non trovi poi un riscontro adeguato sul fronte del gameplay, dove non si va oltre il semplice compitino a causa di molte scelte di design a dir poco discutibili. Gli appassionati di Warhammer 40.000 potrebbero comunque trovare in Inquisitor – Martyr un gioco in grado di intrattenere per diverse decine di ore, mentre tutti gli altri dovranno fare i conti con un hack & slash insipido con qualche difetto di troppo.