Wizardry Proving Grounds of the Mad Overlord – Recensione

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Il nonno dei dungeon crawler, Wizardry Proving Grounds of the Mad Overlord, torna in grande spolvero grazie alla magia di Digital Eclipse. Un lavoro eccellente, ma forse non per tutti.

Sviluppatore / Publisher: Digital Eclipse Prezzo: € 33,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: ND Disponibile su: PC (Steam), PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S, Nintendo Switch Data d’uscita: Già disponibile

Durante la mia primissima partita a Wizardry Proving Grounds of the Mad Overlord (d’ora in poi solo Wizardry, ché siamo tra amici), il mio neonato party composto da sei baldi guerrieri – amorevolmente creati con tutta la cura del caso – ha incontrato un comitato di benvenuto probabilmente proveniente da un distaccamento dell’Armata delle Tenebre di Raimi, composto da otto banditi e altrettanti zombi.

Il risultato è stato un massacro a senso unico in uno scenario che non avrei vinto neppure con un paio di livelli di esperienza in più, senza troppi complimenti e, per giunta, dopo neppure cinque passi dall’inizio dell’avventura. Bentornati nel 1981.

LA SPIETATA LEZIONE DI WIZARDRY PROVING GROUNDS OF THE MAD OVERLORD

Cinque anni fa la mente del signore della guerra Trebor venne fatta a pezzi dal semplice possesso di un amuleto magico. La situazione degenerò quando il mago Werdna glielo sottrasse, attingendo al suo potere arcano per creare un labirinto profondo dieci piani perché, si sa, i cattivi hanno bisogno di un dungeon popolato da creature assassine per sentirsi realmente a casa e studiare in pace gli artefatti rubati.

In Wizardry la nobile arte del grind non è solo consigliata, bensì va adottata come stile di vita

Trebor non la prese bene, e la sua folle ossessione lo portò a creare una struttura con cui formare e offrire supporto a quegli avventurieri decisi a rischiare la vita in cambio della promessa di infinite ricchezze. Il gruppo di cui narravo le fugaci gesta all’inizio faceva parte di questi sprovveduti usa e getta, pace all’anima loro. Sì, avrei potuto creare un secondo party per andare a recuperarli e successivamente riportarli in vita presso il tempio locale ma, come il gioco ha premura di segnalare all’inizio, questi poveracci sono destinati a morire ineluttabilmente, quindi ho preferito abbandonarli al loro destino e cercare di sviluppare una nuova squadra con pazienza e metodicità, accumulando tesori ed esperienza con ripetute incursioni mordi e fuggi nel primo livello, un po’ alla volta. Il risultato?

La moderna veste grafica dona personalità all’altrimenti monotono labirinto.

Questo nuovo manipolo di disgraziati ha subito una fine simile a quella degli infausti predecessori una volta raggiunto il secondo livello, dove ha fatto la conoscenza con nemici ancora più potenti. In altre parole, in Wizardry la nobile arte del grind non è solo consigliata, bensì va adottata come stile di vita. Perché il gioco ricalca a livello maniacale il titolo originale, pubblicato nel 1981 e divenuto uno dei CRPG più influenti di tutti i tempi, famoso per aver codificato la grammatica che il genere dei dungeon crawler avrebbe studiato per muovere i primi passi e evolversi; senza di lui non avremmo avuto Bard’s Tale, Might & Magic e… Wonderboy in Monster Land, visto che l’impatto di Wizardry in Giappone è stato, se possibile, addirittura più incisivo e fondamentale.

MUORI E RIPROVA. TANTE VOLTE.

Il remake risulta talmente aderente all’originale da girare letteralmente sul codice del primissimo capitolo: certo, l’opera di Digital Eclipse è indubbiamente più gradevole ai sensi grazie a una veste bidimensionale assai riuscita che, per certi versi, arriva stilisticamente a ricordare i lavori di Vanillaware, tuttavia la sua natura ci viene costantemente ricordata da una piccola finestra (disattivabile o sovrapponibile all’azione in primo piano) che mostra la partita in modalità Apple II. È l’inconfondibile prova che l’anima di Wizardry resta quella di una volta, tanto verace nell’essere ripetitiva e punitiva da non qualificarsi come un prodotto adatto a tutti i palati. Si attraversano corridoi bui in attesa di far scattare un incontro casuale possibilmente meno letale di quello con cui ho aperto la recensione, si combatte a turni accumulando tesori ed esperienza e si prova a riaffiorare in superficie, guadagnando livelli e comprando equipaggiamento prima di scendere nuovamente nel labirinto di Werdna.

Una porta nascosta! Occhio allo scintillio sulle pareti.

Il tutto facendo i conti con il salvataggio automatico che non permette il minimo margine di errore. Alcune concessioni sono state introdotte per facilitare la vita e rendere l’esperienza più interessante e un attimo meno antiquata, vedi la possibilità (presente nei capitoli su console, un vero e proprio universo a parte) di nascondere i ladri per effettuare imboscate, ma queste possono essere disattivate per giocare come una volta, alla maniera degli spartani. Altre aggiunte, invece, non intaccano le meccaniche originali ma si limitano a rendono il gioco fortunatamente più leggibile. Tra queste il compendio dei mostri tiene progressivamente conto di tutte le informazioni necessarie per fronteggiare i numerosi antagonisti, il diario della battaglia in corso permette di comprendere e analizzare la logica dietro lo scambio dei colpi, la percentuale di disinnesco delle trappole evita di compiere pericolosi salti nel buio e, dulcis in fundo, i bonus offerti da armi e armature, originariamente riassunti in criptiche descrizioni, sono finalmente elencati chiaramente.

Altre aggiunte non intaccano le meccaniche originali ma si limitano a rendono il gioco fortunatamente più leggibile

Il problema principale del gioco non è tanto l’opera di restauro, quanto il mancato contorno: Digital Eclipse è oramai famosa per gli eccellenti contenuti museali delle sue opere e, in quest’ottica, il “nuovo” Wizardry avrebbe potuto offrire un’inestimabile fonte di curiosità inedite sulle origini del capolavoro di Robert Woodhead e Andrew Greenberg. Ah, provate a leggere i loro nomi al contrario, già che ci siete. Quello che resta, dicevamo, è sicuramente un remake realizzato con estrema passione, nonché il modo migliore per godersi un simile classico nel 2024, una prospettiva che però potrebbe non essere abbastanza considerati i suoi farraginosi limiti, apparenti più che mai dopo oltre quarant’anni in cui valanghe di discendenti come Etrian Odyssey ne hanno brillantemente raccolto l’eredità.

In Breve: Wizardry Proving Grounds of the Mad Overlord è l’ennesimo colpo da maestro dei Digital Eclipse, uno sviluppatore capace di donare nuova vita ai classici con un talento incredibile. Al netto del fondamentale valore storico, però, Wizardry è un gioco oramai piuttosto limitato nelle meccaniche e nella cadenza, classificandosi come una reliquia adatta principalmente agli archeologi digitali desiderosi di riscoprirlo. Sarebbe stato fantastico se fosse stato accompagnato dalla ricchezza di nozioni storiche a cui Digital Eclipse ci ha ormai abituati.

Piattaforma di Prova: Ryzen 7 5800X, RTX 4070 12Gb, RAM 32Gb 3600Mhz, SSD / Steam Deck
Com’è, Come Gira:  Wizardry Proving Grounds of the Mad Overlord è un gioco estremamente modesto, graziato da una piacevole direzione artistica tuttavia assai leggero, tanto che non ho avuto il minimo problema a giocarlo su Steam Deck. Anzi, volete sapere una cosa? È molto più pratico da giocare con un joypad che con il mouse.

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Pro

  • Solito amore per i classici di Digital Eclipse / Una leggenda dei CRPG nella sua forma più leggibile / Molte opzioni per i puristi più esigenti.

Contro

  • Schema di gioco primordiale che mostra tutti i suoi anni / Spietato e brutale come pochi / Trattandosi di Digital Eclipse, sarebbe potuto essere qualcosa di molto più interessante.
7.3

Buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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