È ormai risaputo quanto l’industria videoludica vada piacevolmente a braccetto con quella del fumetto e dell’animazione (in particolar modo giapponese). La lista di giochi ispirati a manga e anime è chilometrica e Black Clover è solamente una delle ultime opere provenienti dal Sol Levante ad aver ricevuto una trasposizione virtuale. Sebbene l’opera di Yūki Tabata (iniziata nel 2015 e tuttora in svolgimento) non sia tutto questo tripudio di originalità, ha riscosso abbastanza successo da attirare l’interesse di Bandai Namco, la quale ha annunciato l’arrivo del videogioco Black Clover: Quartet Knights lo scorso anno. Arrivato su PC e PlayStation 4 con l’intento di catturare l’attenzione dei fan della serie, il titolo è purtroppo un banale miscuglio di meccaniche già viste e scenari ripetitivi, conditi in salsa giapponese.
IL PASSO PIÙ LUNGO DELLA GAMBA
Chiariamo subito una cosa: molte delle idee di partenza messe sul piatto dagli sviluppatori di ILINX non sono malvagie, tuttaltro. Essendo un gioco principalmente incentrato sul multiplayer, la decisione di introdurre le meccaniche dei vari personaggi e le modalità di gioco attraverso una campagna in single player è senza ombra di dubbio promettente. La storia narrata è inedita e introduce ai non conoscitori dell’opera originale molti di quei personaggi principali del manga che andranno poi a costituire il roster a nostra disposizione durante le partite online. I venti capitoli complessivi dividono l’avventura in due parti, ognuna delle quali raccontata dal punto di vista dei personaggi principali: il giovane Asta e il capitano del suo clan (la gilda Toro Nero), Yami. In più, in coda alla storia principale vengono sbloccati due capitoli extra che coinvolgono alcuni dei loro compagni in una piccola missione secondaria.
I venti capitoli complessivi dividono la stessa avventura in due parti, ossia i punti di vista dei due personaggi principali
DUELLI TRA MAGHI
I personaggi a nostra disposizione sono in tutto 17 (l’ultimo è sbloccabile terminando la storia dal punto di vista di Yami) e sono quasi equamente divisi in 4 classi: aggressore, guaritore, tiratore e supporto. Ciascuno di loro ha una abilità principale melee o ranged, una secondaria, generalmente di difesa o di movimento, e tre skill con più o meno tempo di ricarica. Ogni personaggio può essere potenziato attraverso delle apposite carte, sbloccabili con i punti guadagnati nella modalità storia o in multiplayer. È possibile combinarle in 3 set diversi, accedendo alla sezione personalizzazione del menu principale. Le modalità di gioco proposte da Black Clover: Quartet Knights sono 3: su “Control Zone” si conquistano e proteggono determinate aree della mappa per un certo periodo di tempo, in “Crystal Carry” si difende l’avanzata di un cristallo dagli assalti nemici, mentre in “Treasure Hunt” l’obiettivo è quello di trovare delle chiavi sparse per la mappa, e usarle per aprire il maggior numero di forzieri possibile. Nonostante non abbia trovato i controlli troppo complicati (la mappatura dei tasti è uguale a quella di Overwatch, se giocato su PC con mouse e tastiera) e i personaggi rispondano relativamente bene, i combattimenti sono decisamente caotici e fin troppo pieni di effetti luminosi. In più, su Steam la community è praticamente inesistente. I giocatori sono così pochi che mi è stato impossibile fare anche solo una partita con più di altre due persone, sia con che contro.
ANCHE L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE
Sebbene dal punto di vista della fluidità e della stabilità degli FPS il titolo sia più che buono, lo stile con cui è stato realizzato fa decisamente storcere il naso. La storia alterna le fantastiche scene d’animazione a dialoghi con inquadrature semistatiche disegnate e, inspiegabilmente, a strane piccole sequenze con grafica in-game, realizzate non troppo brillantemente in cel shading.
Nonostante la buona fluidità stabilità degli FPS, lo stile con cui è stato realizzato fa decisamente storcere il naso
Nonostante la crescente popolarità del manga di Yūki Tabata, Black Clover: Quartet Knights non riesce a risultare attraente, per via di modalità di gioco e meccaniche trite e ritrite, una story mode ripetitiva e la quasi totale assenza di customizzazione. Alla buona idea di proporre una storia originale, abbinata a parte della grafica disegnata e alle voci originali dell’anime, il prodotto finale non è in grado di far affiorare appieno tutte le sue potenzialità.