Dopo le vicende del primo capitolo, il culto lovecraftiano si è esteso nella maggior parte delle terre conosciute e adesso, in Darkest Dungeon II, sta a noi attraversarle per raggiungere il cuore dell’orrore cosmico. Che fortuna, eh?
Sviluppatore / Publisher: Red Hook Studios / Red Hook Studios Prezzo: € 23,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PC (Steam, Epic Games Store) Data di uscita: 8 maggio
Non ho neanche fatto un errore vero e proprio. È andata così: durante uno scontro che stava andando apparentemente liscio, il Macellaio ha tirato giù un critico al mio Lebbroso e l’ha ridotto in fin di vita. Al suo turno, il poveraccio è morto dissanguato. Così, senza che potessi farci niente. È caduto con semplicità, quasi sotto voce. Chiaro che arrivare alla sicurezza della locanda successiva senza il mio tank non sarebbe stato facile, ma che dovevo fare?
Mai abbandonare la speranza, anche quando la sua luce si offusca. All’ultimo scontro prima della salvezza, ho come sempre incontrato quei maledettissimi cultisti che stanno infestando ormai tutte le terre conosciute. Tra i miei, per primo è caduto il Giullare. Poi si sono accaniti sulla Ladra di Tombe. Gli ultimi turni sono stati dilanianti. Rimaneva solo un cultista, ma il mio ultimo eroe, una Vestale, che di mestiere fa la curatrice, era ormai stata portata in prima linea, e non aveva nessuna abilità offensiva utilizzabile da lì. Me l’hanno fatta a pezzi sotto gli occhi, mentre era del tutto inerme. Colpo. Dopo colpo. Dopo colpo. E così, è finito il mio viaggio. Welcome to Darkest Dungeon II.
DARKEST DUNGEON IN DARKEST WORLD
Allora, facciamo che ve lo dico subito: il mio giudizio su questo seguito non è basato sul confronto con il suo predecessore, né in positivo né in negativo. Ogni tanto mi capiterà di fare qualche paragone, ma cercherò di limitarli, e sarà più che altro per chiarire alcuni concetti a chi conosce già la serie. Intanto partiamo dal principio: Darkest Dungeon II è un impegnativo strategico a turni in cui guidiamo un gruppo di quattro eroi – a scelta tra dodici – attraverso lande ostili, luoghi corrotti dove ormai la civiltà ha ceduto il posto a distruzione e follia, per giungere alla inquietante montagna da cui si è sparso il male. Ogni eroe porta in combattimento le proprie uniche abilità, ognuna delle quali ha limitazioni legate alla posizione che occupa in battaglia (prima linea, intermedia o retroguardia), e può colpire solo certi bersagli nemici, anche qui a seconda della loro posizione.
Il cuore della tattica in Darkest Dungeon II è tutto qui, ed è tanto semplice concettualmente quanto poi si rivela complesso da gestire al meglio, perché la scelta delle abilità di un eroe ne cambia in maniera radicale il ruolo nel party e il modo in cui usarlo al meglio. Rispetto al capitolo precedente, la componente randomica è di molto ridotta, abbandonata a favore di un sistema di token che applicano buff o debuff con percentuali di successo chiaramente comunicate dall’interfaccia e controllabili in qualsiasi momento. È un sistema elegante che mi ha tenuto attaccato al monitor, gli sviluppatori di Red Hook Studios offrono una sorta di parco giochi per noi amanti degli strategici. Ciascuno dei dodici eroi parte con cinque abilità per arrivare a un totale di undici attraverso quelle sbloccabili, e i nemici che ci si parano davanti richiedono approcci diversi e specifici.
L’elegante sistema di combattimento elaborato da Red Hook Studios è un vero parco giochi per gli amanti della strategia
Darkest Dungeon II abbraccia in pieno diverse caratteristiche roguelite: alla fine di ogni run (chiamate “viaggi”) otterremo un certo numero di candele da spendere al Tabernacolo della Speranza. Questo è il fulcro della componente roguelite, con numerosi tipi di upgrade, i più classici dei quali vanno a migliorare le caratteristiche dei nostri eroi, o quelle della carrozza su cui viaggiano. Questo spunto mi permette di tornare a parlare della profondità tattica in cui ci si può immergere da capo a piedi: una delle novità di questo secondo capitolo è l’introduzione dei “Percorsi”. Già abbiamo detto che c’è una certa flessibilità insita nel loadout delle abilità che assegniamo ai personaggi, e questi upgrade fanno leva proprio su questo aspetto. Ogni Percorso potenzia solo alcune abilità, e in questo modo premiano chi ama giocare secondo un determinato stile.
Le classi di Darkest Dungeon II sono bellissime e mettono a nudo la pigrizia di tanti sviluppatori
WITH FRIENDS LIKE THESE…
Mi riaggancio alla promessa precedente di parlavi più nel dettaglio dei nemici: se parliamo di una singola run, gli scontri che affrontiamo si ripetono raramente, per almeno un paio di ottime ragioni. Innanzitutto, ogni viaggio è diviso in due lande da attraversare prima di giungere alla montagna, molto diverse tra loro per concept, stile visivo e tattiche dei mostri che le popolano. Inoltre, in ognuno di questi ambienti dobbiamo scegliere il percorso da seguire con la carrozza che ospita i nostri eroi. Anche questa parte di Darkest Dungeon 2 ci obbliga a prendere decisioni che spesso oscillano dal “non esattamente quello che avrei sperato” al “Mosconi-level-of-exclamation-here”.
Spesso, mappa alla mano, fin da subito sappiamo che ci toccherà danneggiare la carrozza, perdendo buff difensivi non da poco per il nostro party, perché magari l’alternativa è dover affrontare uno dei mini-boss, che di “mini” in realtà hanno davvero poco, specie quando i nostri eroi non sono in formissima. Quando si supera la decina di viaggi, può capitare di intuire già a cosa si va incontro, ma la varietà delle regioni e di eroi tra cui scegliere aiuta a ridurre questo problemino. A proposito, è ovviamente rimasto il sistema di stress che forse più di tutto il resto ha portato il primo capitolo alla notorietà, ma gli sviluppatori canadesi hanno aggiunto un’altra componente psicologica.
Il sistema delle relazioni aumenta lo spessore tattico ed è in linea con l’anima del gioco, ma toglie un po’ di padronanza al giocatore
Non ho però apprezzato molto il fatto che tolga padronanza al giocatore. Come dicevamo, ognuna delle cinque abilità usabili in contemporanea è molto importante per costruire il proprio piano d’attacco, e sì, lo ammetto: quando non ho pieno potere di scelta, rosico. Rosico perché una abilità mi viene imposta a caso, a volte tra quelle che io non avrei mai usato. Avrei preferito, per esempio, che il gioco tenesse traccia di quali skill usassi più di frequente per applicare buff o debuff proprio a quelle. Del milione di altre cose che vi vorrei raccontare prima di arrivare alla fine (chiedetemi quello che volete nei commenti, ndr), voglio soffermarmi sul lore di Darkest Dungeon II.
Red Hook Studios non solo ha mantenuto le basi narrative del primo capitolo, ma le ha anche ampliare a dismisura e portato in nuove ambientazioni grazie ai viaggi
In Breve: Ma cosa si può volere di più dalla vita? Un Lucano? Darkest Dungeon II ci porta in un mondo oscuro, lovecraftiano e super affascinante. Ci fa combattere scontri tostissimi con delle classi di eroi che non si vedono da nessun’altra parte. Ci offre una profondità tattica tra abilità, equipaggiamenti, buff e debuff e tutto il resto che è una goduria, senza per questo essere inaccessibile. Ci mette davanti a un’estetica dal gran carisma che è una goduria per gli occhi. Devo andare avanti? Potrei, credetemi, potrei. Difetti? Pressoché inesistenti.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Intel i7-7700k (4.2GHz), GeForce GTX 1080 8GB, 8GB RAM, HDD.
Com’è, Come Gira: Lo stile grafico di Darkest Dungeon 2 è tanto spettacolare quanto innocuo per l’hardware di un PC anche poco al di sopra del livello “tostapane”. Animazioni e effetti visivi danno dinamismo e fluidità agli scontri. La build che ho provato non funzionava su Steam Deck, ripassate a chiedere lumi in merito tra qualche giorno.