SIAMO PUR SEMPRE IN AMERICA, E QUESTO SIGNIFICA AMPIA ABBONDANZA DI ARMI DA FUOCO DI TUTTI I TIPI
PER FORTUNA IL MECCANICO NON SERVE
Se Rambo era così figo che si ricuciva le ferite da solo, Deacon è capace di riparare qualsiasi cosa, a partire dalla sua moto. Il mezzo, del resto, è a dir poco indispensabile: necessario per filare via da aree troppo infestate, per coprire rapidamente le lunghe distanze che conducono da un punto all’altro della mappa e, perché no, alle volte può servire anche a investire qualche nemico, sebbene quest’ultima sia una strategia piuttosto pericolosa da mettere in atto (essere disarcionati da qualche nemico imbizzarrito è molto facile, e fa male). Come il suo centauro, anche la moto dispone di aggiornamenti e pezzi di ricambio che possono migliorarne le prestazioni e, col procedere del gioco, consumare meno benzina, andare a velocità turbo o accelerare più in fretta può fare la differenza.
Uno degli aspetti più piacevoli più di tutti, in Days Gone, è proprio la naturalezza con cui si possa guidare la motocicletta, estrarre un’arma e ingaggiare sparatorie contro altri motociclisti o contro avversari a piedi: si sale e si scende dalle due ruote in continuazione e non si ha mai la sensazione che non ci sia continuità, tra le due cose. Quanti giochi nella storia hanno fallito questo pur basilare obiettivo?
SCENEGGIATURA DA OSCAR…
L’aspetto migliore di Days Gone, in ogni caso, è quello narrativo. Sì, a vederlo sembra un open world dove si possa fare questo e quello, e magari quell’altro ancora, ma in realtà la storia scorre come un treno sui binari tracciati dagli sceneggiatori. Sono loro che dettano i tempi della narrazione e che, con grande sapienza, riescono a trasmetterci sempre la necessità di sbrigarci a fare qualcosa, oppure la libertà di prendercela più comoda.
Noi, come marionette manovrate con grande attenzione, ci limitiamo a obbedire e a spostarci da un campo all’altro, per meravigliarci di fronte all’altro grande pregio di questo gioco: lo studio dei personaggi. Il protagonista Deacon, così come la fida spalla Boozer e i personaggi con cui siamo costretti a interagire nel corso delle missioni, hanno tutti una loro storia alle spalle e finiranno in qualche modo col raccontarcela, lasciandoci spesso a bocca aperta. Ma a raccontare questi personaggi non sono solo le parole: sono le loro espressioni, le loro movenze, le parolacce… tutto insomma concorre a delineare un videogioco che non è soltanto gioco, ma anche romanzo.
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