Emio - L'uomo che sorride : Famicom Detective Club – Recensione

Switch

Emio – L’uomo che sorride sancisce il ritorno di Yoshio Sakamoto alla regia di Famicom Detective Club, un gioco nuovo legato ancora una volta a un passato non adatto a tutti i palati.

Sviluppatore / Publisher: Nintendo Prezzo: € 49,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 18 Disponibile su: Nintendo Switch

Quando qualche mese fa Emio venne presentato ai possessori di Switch con uno dei trailer meno “Nintendosi” di sempre, riuscì ad attirare attenzioni e supposizioni. Ammetto di essere rimasto spiazzato nell’apprendere che il sinistro figuro dal sorridente sacchetto di carta calato sul volto sarebbe stato al centro di un nuovo capitolo della serie Famicom Detective Club, ripescata dagli abissi del tempo grazie a un doppio remake uscito tre anni fa.

Yoshio Sakamoto (che, ricordiamo, ha contribuito in maniera decisiva a serie come Metroid e Kid Icarus) ci ha preso gusto con il restauro, ha ritrovato la vecchia ispirazione e ne ha approfittato per tirare fuori dall’armadio il vecchio cappello da Sherlock Holmes per scrivere un giallo inedito, distante circa trent’anni dall’ultima investigazione dell’agenzia Utsugi e, per una volta, non più relegato al solo suolo nipponico. Iniziamo con una buona notizia: stavolta il gioco è completamente localizzato in italiano, una mancanza che rendeva i precedenti remake difficili da digerire per i non avvezzi alla lingua d’Albione. Un elemento da non sottovalutare, perché in Emio si legge tanto, tantissimo, forse anche troppo.

EMIO – L’UOMO CHE SORRIDE AL SUO POTENZIALE?

Uno studente quindicenne è stato trovato morto dalle parti dell’impianto idrico della città di Kofuku con il volto coperto da un sacchetto di carta decorato da una faccia sorridente scarabocchiata a penna. Una scena grottesca che assume connotati ancora più sinistri se collegata a una serie di omicidi avvenuti diciotto anni prima, accomunati dal medesimo modus operandi. Tutte paiono condurre alla leggenda metropolitana di Emio, un assassino dal volto coperto nel medesimo modo che si palesa davanti alle ragazze in lacrime con la promessa di un sorriso eterno in cambio della loro vita.

È tempo di tirare le somme e riunire gli indizi al termine del capitolo.

La nuova vittima è però di sesso maschile, e anche l’arma del delitto pare non corrispondere; la stessa presenza del sacchetto è di per sé un mistero, all’epoca tenuto nascosto dalla polizia per evitare tentativi di emulazione.  L’assassino sarà dunque la medesima persona, o la vicenda nasconde un segreto ancora più terribile? Una cosa è certa: al netto del finale presumibilmente divisivo (almeno secondo le parole di Sakamoto, a me è piaciuto molto) e di una cura lievemente maggiore sul fronte grafico per via di un numero superiore di animazioni nei fondali, è purtroppo lo schema di gioco a non essersi evoluto.

Emio prende fin troppo sul serio il suo ruolo di graphic novel interattiva imponendo un iter rigidissimo

Ho alzato la mano per vergare questa recensione motivato dalla curiosità: con l’opportunità di creare una nuova avventura dopo tanti anni, speravo che Sakamoto e la sua squadra avessero voluto approfittarne per dare una mano di vernice fresca al vecchio club investigativo. Perseverare è diabolico, purtroppo, e anche questa volta la difficoltà del gioco non è da cercare nella caccia a indizi e testimoni. Quella è lineare, con Emio che prende fin troppo sul serio il suo ruolo di graphic novel interattiva, imponendo un iter rigidissimo tracciato dalla narrazione che il nostro anonimo protagonista dovrà seguire giorno dopo giorno assieme ai colleghi dell’agenzia Utsugi.

SVEGLIAMI QUANDO HAI FINITO DI PARLARE, PER FAVORE

La sfiancante sfida si nasconde negli interminabili dialoghi tenuti bloccati col freno a mano dall’obbligo di usare una serie di comandi in maniera ottusa e preimpostata, martellando continuamente l’interlocutore di turno con le medesime domande riguardo un numero finito di argomenti fino al fatidico momento in cui le risposte a sua disposizione saranno terminate. Il segnale del nostro successo è banalmente indicato dalla celestiale apparizione del comando Spostati, che si rende disponibile solo quando esauriremo le opzioni stabilite dal gioco; prima di allora saremo imprigionati in un intricato labirinto verbale che obbedisce a regole refrattarie a qualunque libertà di improvvisazione, e la situazione rischierà di degenerare quando sbatteremo contro un vicolo cieco.

È un po’ la sensazione che mi ha assalito per buona parte del gioco, devo ammetterlo.

In tali frangenti saremo spesso e volentieri costretti a procedere a tentativi in preda alla frustrazione, provando comandi apparentemente superflui come Guarda/Indaga (per evidenziare elementi del fondale) o Pensa affinché il protagonista possa immergersi in elucubrazioni che, se previste dal “copione”, sbloccheranno nuovi argomenti da approfondire ricominciando d’accapo. È un sistema estremamente antipatico che non nasconde un’anima oscura votata al trial and error, e che ama far perdere tempo in particolar modo quando la soluzione appare platealmente evidente, costringendo il giocatore a seguire un percorso prestabilito per giungere all’agognato traguardo seguendo la traccia imposta categoricamente dagli autori. È un vero peccato, perché la trama è certamente il punto di forza di Emio, suo malgrado lenta nell’esecuzione, tuttavia intrigante, efficacemente portata avanti da un ottimo doppiaggio in giapponese e da una colonna sonora che sa bene quando stuzzicare i nervi nei momenti più drammatici.

La sfiancante sfida si nasconde negli interminabili dialoghi tenuti bloccati col freno a mano dall’obbligo di usare una serie di comandi in maniera ottusa

A conti fatti il gioco riesce a mostrare il suo potenziale prevalentemente alla fine di ogni giornata/capitolo, quando i colleghi si radunano attorno alle proprie scrivanie per mettere assieme i pezzi del puzzle, confrontando le informazioni raccolte; non a caso si tratta delle fasi in cui l’interazione si svincola un attimo dalle asfissianti chiacchierate e permette di respirare la sensazione di compiere concreti progressi, con il fedele taccuino da consultare per confrontare gli indizi con quelli racimolati dal resto dell’agenzia investigativa al fine di trovare assieme una pista che possa portare all’identità dell’assassino.

In Breve: Emio – l’uomo che sorride ha una bella storia da raccontare, tenuta in ostaggio da meccaniche risalenti agli albori delle interactive fiction giapponesi che si rifiutano di cedere il posto  a idee di game design più fresche e attuali. È un po’ la fiera del trial and error e dell’eccessiva verbosità, ma se la cosa non vi spaventa (c’è una demo da provare che potrebbe fare al caso vostro) verrete ricompensati da un racconto investigativo di indubbio valore.

Piattaforma di Prova: Switch
Com’è, Come Gira: Tutto perfetto: la veste grafica è quella del remake dei due capitoli originali pubblicata nel 2021, impreziosita da un numero maggiore di animazioni.

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Pro

  • Famicom Detective Club parla finalmente in italiano / trama intrigante, seppure forzatamente lenta / un nuovo capitolo inedito dopo circa trent'anni.

Contro

  • Dialoghi e meccaniche ottuse, farraginose e a senso unico rendono a volte il gioco una sofferenza.
7

Buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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