GRID è pura trance motoristica. Un inno alla guida aggressiva, alla sportellata in staccata, gli occhi sbarrati a preparare il prossimo agguato, mirando il cordolo e buttandosi nello spazio sgranando un rosario irripetibile, consapevoli che un’intelligenza artificiale settata ai livelli giusti ci renderà poi il favore, speronandoci senza remore e senza incorrere in penalità alcuna. Si corre sporco, in uno stato di tensione catartico che si esaurisce nel corso di 4 giri a ritmo folle, per poi ricominciare in un loop di morte e rinascita automobilistica decine e decine di volte. Codemasters c’è riuscita ancora, dopo il primo indimenticabile capitolo che viene ancora ricordato come uno dei migliori racing della scorsa generazione, nonostante un motore (grafico) che mostra inaspettatamente problemi a qualche cilindro, usurato da una generazione in cui ha corso solo e unicamente per vincere.
MAKE SIMCADE GREAT AGAIN
Nella mixology dei corsistici trovare il perfetto equilibrio tra simulazione e arcade è un’arte, e GRID il metro di paragone. Nella divertente cornice del GRID World Series, evento multidisciplinare che mira a eleggere senza appello il miglior pilota vivente, correre è un rituale ancestrale privo di contaminazioni. Tutto è secondario, dalla possibilità di affrontare un singolo giro di qualifica, stile Super Pole, all’assetto dell’auto, messo lì per puro didascalismo. La gara è tutto, immediata, votata alla rimonta selvaggia (se si ignora la possibilità di qualifica, spesso comunque necessaria ai livelli più alti di difficoltà). La guida è agile, scalabile a piacere con vari livelli di ABS, controllo di trazione e stabilità, senza comunque mai diventare esasperata, permettendo un ottimo controllo, calzabile da tutti con qualsiasi periferica, senza rinunciare a forti sensazioni di grip e forza G.
gli avversari sono programmati in maniera anarchica, disordinati e pronti alla guerra
Il simcade ideale illude al controllo, a una fisica tangibile, solida, e l’
opera Codemasters ci riesce dal primo intertempo. Ogni manovra viene glorificata da un punteggio in puro stile arcade, convertito in crediti a fine gara, sintetizzando in numeri l’emozione di un puro e costante piacere motoristico. L’IA è volutamente fallibile, tenace ma soggetta allo stress, ogni sorpasso è la pagina di una storia scritta in presa diretta con gomme bruciate sull’asfalto. Capita di subire un sorpasso violento per poi vedere il karma intervenire sulla tenuta di strada dell’avversario, trovandoselo ribaltato in uno stretto vicolo di Barcellona, mentre gli ultimi raggi di sole filtrano attraverso il denso fumo del ritiro ai box. Occasione perfetta per uno
spettacolare rewind, molto più contestualizzato che in altri titoli ben più aderenti alla realtà. C’è una fortissima emotività in pista, tra la tensione di un ultimo giro in lotta per il primo posto e tutto il sincero divertimento che ha portato a quella situazione. Niente trenini o elastici, gli avversari sono programmati in maniera anarchica, disordinati e pronti alla guerra. Si spingono reciprocamente fuori pista, sbandano, toccano i guard-rail in una pioggia di scintille, vanno lunghi in staccata. Tutto ciò funziona contro la CPU ma andrà testato a fondo con altri esseri umani all’apertura dei server. È
un racing che fa sudare le mani, toglie il fiato e butta in circolo adrenalina, sorprendendo ad ogni giro. “Se a fine gara si ha ancora la vernice intatta, vuol dire che o sei in testa o sei stato fortunato!”, come spesso sottolinea brillantemente una delle telecroniste dell’evento, riassumendo perfettamente lo spirito di un titolo viscerale che però non scade mai nel caotico.
l’illuminazione è folle, bellissima, coreografica
Si è spinti a provare tutto, a chiedere ancora una corsa prima di staccare, davanti a un tabellone diviso in sei categorie più il gran finale, sbloccabile dopo aver vinto almeno 4 Showdown. 78 eventi che da un certo punto in avanti comincerebbero anche a mostrare un po’ di stanchezza, soprattutto per un’impostazione di gara abbastanza classica, con sole gare singole, mini campionati e time attack, se non fossero sorrette dallo spettacolo della guida stessa e dalla varietà tattile delle auto disponibili. Si inizia dalle classiche touring all’aroma di TOCA per passare poi da una scorbutica e pesantissima muscle car a un’agilissima tuner giapponese con un innato talento per la derapata; è tutto un altro gameplay, tutto un altro sapore che fa ballare a turno ogni papilla gustativa, come passare da una t-bone a un sashimi di salmone. Anche i circuiti non riescono a stare dietro alla quantità degli eventi, ma affrontarli con auto così diverse cambia il modo di leggerli, come scoprire nuove definizioni, sinonimi e contrari della stessa curva. Un meltin’ pot di circuiti ufficiali e cittadini, declinati in varianti, condizioni meteo e di illuminazione caleidoscopiche, vere protagoniste di un Ego Engine sotto torchio.
VETRI APPANNATI
Il colpo d’occhio è meraviglioso, con un pubblico festante, esaltato e ben animato a bordo di piste ricche di dettagli che gravano su un motore mai così poco fluido, ancorato a 30 fotogrammi al secondo laddove Codemasters ci ha viziati ai 60 anche su console standard e PC di fascia media. Rimane tutto perfettamente leggibile, per carità, ma dopo aver provato giusto qualche mese fa F1 2019 si avverte nettamente questa differenza. Un affaticamento grafico che si nota anche in un orizzonte leggermente appannato, giusto con una diottria in meno dei dieci decimi, che si nota soprattutto sui lunghi rettilinei, con conseguenze meramente estetiche. L’unica cosa davvero imperdonabile sono specchietti retrovisori che urgono di una patch, colpevoli di riflettere una gara in stop-motion a 10-15 fps, al massimo. Caduta di stile.
La guida è agile, scalabile a piacere con vari livelli di ABS, controllo di trazione e stabilità
Di contro
l’illuminazione è folle, bellissima, coreografica, talmente importante e intensa da diventare elemento di gameplay; come in gare al tramonto, con curve in controluce da immaginare e indovinare, accecati dai raggi del sole filtrati dal parabrezza, ritornando con la memoria alle gare de L’Avana, vero e proprio manifesto estetico di questo capitolo. Le onde del mare che bagnano il lungo mare, la Storia dietro ogni angolo e sotto le ruote. Altro che Montecarlo. Fantastico, così come la pioggia, intesa come effetto grafico in sé, una delle manifestazioni meteorologiche virtuali più suggestive della generazione, e come variabile di guida con particolare enfasi sulla gestione di cordoli, infidi e oleosi. Cala poi la notte, spesso sul circuito di Okutama, come un sipario teatrale tra i suoi tornanti montani dominati da ciliegi in fiore, dove l’epica della gara raggiunge vette altissime di narrazione rombante e stridente. Aggettivi che non possono certo mancare quando ci si avvicina a descrivere le qualità sonore del team britannico, sempre di livello altissimo, capaci di replicare materiali ed episodi fisici in formato audio, come i terribili boati di uno schianto contro le barriere, talmente intensi da far saltare sulla sedia. Dal punto di vista dei sinistri il motore fisico si comporta discretamente, anche perché in questo campo Wreckfest ha settato un nuovo standard e
GRID non raggiunge quei livelli di fedeltà scontro/conseguenza sulla carrozzeria. Capiterà comunque di fare slalom tra paraurti e ruote in libera uscita.
GRID è tornato per imporsi come uno dei corsistici più esaltanti degli ultimi anni. Pura competizione simcade contro un’IA aggressiva, coreografica, volgare senza mai scadere nell’eccesso, regalando gare brevi, intense, dove lottare col cuore in gola consapevoli di avere tra le mani un modello di guida fantastico, affidabile, reattivo. Manca un pizzico di coraggio e inventiva, qualche modalità e tracciato in più magari, ma la quantità di auto e discipline riesce a mantenere la voglia di gareggiare sempre alta, anche solo per vedere cosa accadrà nella prossima corsa. Ad alcuni limiti tecnici di un motore grafico arrivato a fine ciclo, ancorato a 30 frame al secondo, si contrappone una gestione del meteo e dell’illuminazione meravigliosa, a livello estetico e ludico. Codemasters è una garanzia e questo GRID è il racing che mancava a questa generazione.