Live a Live – Recensione

Switch

Live A Live torna dall’oblio dopo quasi trent’anni testardamente voluto dal proprio creatore. Una buona occasione per chi ne ha solo sentito parlare, ma nel frattempo gli standard si sono alzati…

Sviluppatore / Publisher: Historia / Square Enix Prezzo: 49,99€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile Su: Nintendo Switch Data di Lancio: 22 luglio

La varietà nell’economia di un’unica, organica storia è il punto di forza di Live A Live, con i suoi otto protagonisti che intrecciano le rispettive vicende all’interno di una narrazione che abbraccia altrettante epoche. Una diversità ottenuta in cambio di una semplificazione che potrebbe non trovare il favore dell’appassionato di JRPG più conservatore, giacché la creatura di Takashi Tokita si conferma come una creatura bizzarra, oggi come nel 1994.




Sicuramente c’è solo da applaudire di fronte alla varietà di situazioni che personaggi tanto diversi portano in dote, un risultato voluto da Tokita per raccontare più vite all’interno di un solo gioco. Dalle gag preistoriche del protagonista Pogo con i suoi buffi dialoghi a base di gesti e baloon popolati da immagini (del resto il linguaggio non era ancora stato codificato) al ben più canonico medioevo del taciturno cavaliere Oersted, l’intento di offrire un’esperienza unica rispetto ai JRPG dell’epoca – e anche odierni, a conti fatti – resta palese oggi come ieri.

LIVE A LIVE, MILLE VITE COME PLAYMOBIL

Non tutte le vicende sono però altrettanto interessanti, una sensazione rafforzata dai mutevoli approcci adottati: personalmente i continui scontri all’interno di una mappa risicata mi hanno reso insopportabilmente tediosa la vicenda del giovane Akira nonostante le premesse (poteri ESP e robot giganti in un omaggio a Babil Junior, bene o male tutto quello che mi piace) apparissero lusinghiere, mentre ho apprezzato molto l’osservazione quasi passiva della tragedia consumata a bordo dell’astronave mercantile Cogito Ergo Sum da parte del piccolo robot Cube.

Live A Live si conferma ancora oggi un gioco di ruolo non particolarmente longevo

Mettendo da parte i gusti personali, Live A Live si conferma ancora oggi un gioco di ruolo non particolarmente longevo, un aspetto che si riflette nella durata dei singoli capitoli. Se l’avventura del fuorilegge The Sundown Kid può essere completata agevolmente in meno di un’ora come anticipato in sede di anteprima, quella ambientata ai giorni nostri risulta ancora più asciutta, con la sete di vittoria del protagonista Masaru Takahara destinata ad essere saziata in un lampo: niente esplorazione, niente livelli da scalare e niente equipaggiamento, solo una breve serie di combattimenti contro pittoreschi avversari in un omaggio ai giochi di combattimento competitivi che nel 1994 godevano di una indiscussa popolarità. Al contrario, la missione di salvataggio del ninja Oboromaru nasconde una buona dose di segreti all’interno di una mappa insospettabilmente estesa, ma generalmente la durata delle otto vicende resta molto contenuta.

Live a Live Recensione

Quelle parole non sono adatte a una signora, per quanto adirata possa essere!

Ho terminato il gioco in ventidue ore ottenendo il finale migliore e investendo un po’ di tempo per far salire i membri del mio party al livello sedici per sbloccare le loro tecniche più potenti (protip: quella di Sundown rompe un po’ il gioco) e andando a caccia delle armi finali all’interno di semplici dungeon, una durata decisamente contenuta per un gioco caratterizzato da una simile premessa. Contenutisticamente parlando, chi ha completato il gioco originale su Super Famicom sarà felice di sapere che questo remake nasconde un piccolo extra su cui ovviamente taccio: nulla di eclatante, e non sarò certo io a dirvi di cosa si tratta e quando accadrà, ma un contenuto inedito è sempre ben accetto.

FACCIAMOLA FINITA SUBITO

Sfortunatamente i combattimenti seguono la semplicità che permea il resto della produzione risultando quasi sempre una formalità, tranne forse nel capitolo finale, sbloccato dopo aver portato a termine tutti i precedenti. Potenzialmente sarebbero anche interessanti, con eroi e nemici disposti su una scacchiera dove soppesare bene attacchi mordi e fuggi, tecniche ad area, spostamenti e una robusta dose di alterazioni di stato, ma la verità è che assai difficilmente vi troverete in difficoltà. I personaggi guariscono immediatamente al termine di uno scontro e possono usare a sazietà magie e tecniche speciali senza attingere a riserve di mana o diavolerie simili; come corollario non ci sono soldi da spendere, e l’attrezzatura extra va recuperato sul campo, girovagando per mappe (quando ci sono, ovviamente) limitate.

Live a Live Recensione

Un po’ Babil Junior, un po’ Giant Robot: il capitolo di Akira è noioso ed esaltante, in egual misura.

Intendiamoci, Live A Live non è un gioco brutto: è appassionante tirare i fili della vicenda un po’ alla volta per scoprire cosa lega personaggi tanto differenti e distanti l’uno all’altro, e la fortissima personalità del gioco lo colloca in una categoria tutta sua, quasi a giustificare lo stato di culto che gode in Giappone, dove venne messo in secondo piano al momento del debutto da Final Fantasy 6 e Chrono Trigger, bordate ben più dirompenti deflagrate da una Squaresoft in stato di grazia.

L’opera di restauro è il nuovo termine di paragone con cui tutte le riedizioni di classici del passato dovranno fare i conti

Senza tralasciare il fatto che l’opera di restauro è qualcosa di pazzesco, un nuovo termine di paragone con cui tutte le future riedizioni di classici del passato dovranno fare i conti, centrando quel genere di obiettivo a cui solo Natsume in tempi recenti ha dimostrato di saper puntare. Live A Live, del resto, ha rappresentato tantissimo per la carriera del suo creatore, il quale ha espresso più e più volte in passato la volontà di riportare in vita la sua creazione per dargli un’altra possibilità. Il risultato non poteva essere più glorioso, forte del medesimo HD-2D che dona vita ai “diorami in movimento” di giochi come Octopath Traveler, il tutto impreziosito da un nuovo ed efficace doppiaggio in lingua inglese e giapponese e dalla sempre eccellente colonna sonora firmata dalla leggenda vivente Yoko Shimomura. È un gioco di ruolo ruolo unico, che risulta superiore alla somma delle sue parti ma che si classifica nel panorama odierno come una scelta non adatta a tutti, senza mezzi termini.

In Breve: Live A Live cerca di fare molte cose, non riuscendo a portare a termine ogni compito con la medesima diligenza. La narrazione complessiva è soddisfacente, ma la discrepanza stilistica tra le sue diverse avventure, unita a una certa semplicità di fondo, rende il gioco un’avventura breve e priva di profondità, per quanto appassionante. La sua spiccata personalità me lo fa raccomandare nonostante tutto, ma possibilmente non a prezzo pieno, né con un’alternativa come Xenoblade Chronicles 3 dietro l’angolo.

Piattaforma di Prova: Nintendo Switch OLED
Com’è, Come Gira: La qualità del remake è indiscutibile, e la palette dai colori caldi viene particolarmente valorizzata dallo schermo del modello OLED. Nessuna incertezza da segnalare sotto il fronte della fluidità.

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Pro

  • Otto diverse storie, attraverso altrettante epoche / Yoko Shimomura alla tastiera, straordinaria oggi come nel 1994 / Opera di restauro magistrale.

Contro

  • Narrazione altalenante / Complessivamente breve / Quasi mai impegnativo.
7.8

Buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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