Per voi che avete sempre sognato di lavorare nella stampa videoludica, ecco il tipico scambio redazionale che avviene solitamente tra lo sgherro di turno e il buon Ivan, armato di codici da recensire e zero pietà per il prossimo.
“Talarico, hai vinto la rece di Rogue Trooper Redux”.
“La cosa di cosa?”
“Rogue Trooper Redux.”
“Non ho idea di cosa sia.”
“È la remaster di un classicone”
“Madonna, ma è il gioco di Blue degli Eiffel 65.”
“Ma no, cialtrone, è uno sparatutto in terza persone con le coperture, il nostro amico CliffyB da questo ci ha fatto nascere Gears [of War, nda].”
“Mh… sì, vabbé. Ma sei sicuro che non può farlo qualcun altro? Guarda che ho altra roba da scrivere… il lavoro… il gomito che fa contatto col piede…”
“Ormai ho tirato il dado.”
“Una volta eravamo amici però, mi volevi bene…”
(è andata ESATTAMENTE così, parola per parola. ndKikko)
Per fortuna, scrivo da abbastanza tempo da saper cavare il massimo da questi inconvenienti tipici da precario dell’informazione, e con un colpo da maestro vi ho già raccontato tutto quello che dovete sapere del gioco, garantendomi un tremila caratteri di descrizione sommaria che mi permetteranno di portare a casa la pagnotta. Il tutto grazie all’estrazione della pagliuzza corta! MAGIA!
EVERYTHING IS BLUE FOR HIM
Come ci insegna il buon Ivan, Rogue Trooper Redux è la riedizione in alta definizione del Rogue Trooper uscito su PlayStation 2, Xbox (la prima!) e PC nel 2006, qualche mese prima rispetto a quel novembre in cui, una generazione di console dopo, il summenzionato Gears of War avrebbe fatto esplodere la testa di tutti gli appassionati di videogiochi, di sparatutto, e anche del terraforming coatto. Calendario e Wikipedia alla mano, risulta difficile immaginare che Rogue Trooper abbia davvero ispirato Cliff Bleszinski nel concepimento di un gioco uscito solo pochi mesi dopo, ma sta di fatto che entrambi i titoli siano stati gli apripista del genere “sparatutto con le coperture”. Anzi, per molti versi, si può dire senza dubbio che Rogue Trooper sia il disco indie con le sonorità interessanti che non si ricorda nessuno (a parte i vecchi barbogi un po’ lunatici), perché due mesi dopo è uscito il disco mainstream dell’artista acclamato, che suona molto meglio e vende tipo miliardi di copie in più. La vita sa essere infame, alle volte… ma tant’è.
le tempistiche e soprattutto il fattore tecnico hanno minato il successo di Rogue Trooper, oggi come allora
BLUE ARE THE FEELINGS THAT LIVE INSIDE ME
Per quanto riguarda le sensazioni di gioco, Rogue Trooper Redux è uno sparacchino in terza persona senza particolari pretese e che, nel 2017, non ha più nulla da insegnarci. Tutte le meccaniche funzionano bene, con qualche primizia che non mi sarei aspettato, come ad esempio i soldati avversari che scappano zoppicando se colpiti agli arti inferiori, ma davvero nulla che entusiasmi. Anche la meccanica delle coperture, che dovrebbe avere un valore storico e regalarci emozioni, finisce per scadere dalle parti del cliché aggiunto solo per dare una parvenza di profondità a un gameplay che, altrimenti, finirebbe per dar vita a un Rambo con la color correction a ramengo.
Rogue Trooper Redux è una riedizione accettabile per un gioco che non ha sfondato undici anni fa, e che realisticamente non può farcela oggi. Il valore storico è andato perduto nel tempo, come lacrime nella pioggia prosciugate da molti altri titoli che hanno fatto la stessa cosa e meglio, nel corso del decennio. Quello che rimane è uno sparatutto in terza persona esteticamente brutto, dalla profondità di gameplay non eccelsa e, nel complesso, dimenticabile. A meno che non abbiate ricordi particolari legati all’aprile 2006 (o che non siate fan sfegatati degli Eiffel 65), è difficile che Rogue Trooper Redux abbia qualcosa da dirvi, oggi come oggi.