In Black Ops 3 Descent, terzo DLC sui quattro previsti, la strada tracciata da publisher e sviluppatori appare ancora più chiara. Sotto il profilo strettamente progettuale, come ho avuto modo di scrivere anche qui, siamo di fronte a una scansione e offerta dei contenuti quasi “meccanica”, con 4 nuove mappe per rimpolpare l’anima competitiva e un nuovo capitolo della saga zombie co-op, senza inedite modalità per il multiplayer né tanto meno nuovi Specialisti o poteri correlati.
Il nuovo capitolo zombie è tra i più gustosamente “pulp” della saga di Origins
ANTICA ROMA, VICHINGHI E PRIGIONI CRIOGENICHE
Prima della pubblicazione di Descent, ma con un’infarinatura generale sui contenuti, abbiamo potuto fare due chiacchiere con il producer di Treyarch Leslie Miles (impegnato sui DLC di Black Ops fin del primo capitolo) sul level design, intorno al quale ho sentito di dover rimarcare la dimensione “media” che tutte le mappe hanno tenuto fino a oggi, ben stretta sull’identità più adrenalinica e “close-combat” di Call of Duty. “In realtà – ha risposto Miles – per Descent è più corretto parlare di mappe ‘da medie a grandi’, perché le sensazioni e il respiro del livelli sono connessi allo stile dei giocatori; alcuni li percorreranno alla massima velocità possibile e li percepiranno come più piccoli, sfruttando rampe, muri verticali e passaggi vari, mentre chi preferisce un ragionato cambio di posizione sentirà le mappe in modo diverso, riconoscendo le variazioni di grandezza per un gameplay più allungato e continuo“.
Quest’ultimo è senz’altro il caso di Empire, vera guest star del DLC: si tratta di una rivisitazione della classica mappa Raid di Black Ops II, dove al posto dell’architettura moderna troviamo una vasta villa romana con giardini, arene multiple e una generale adattamento intorno allo stile iper-cinetico degli Specialisti, attraverso spazi più allungati per i movimenti in acrobazia e un ribilanciamento “tentativo per tentativo” (espressione usata da Miles, dopo una domanda su questo aspetto) degli angoli e degli accessi meno facilmente adattabili. In Berserk, invece, un’arena alquanto tradizionale si mischia con i vicoli, le strettoie e le strutture in legno di un villaggio vichingo, dove infuria una bufera di neve (mi aspettavo molto di meglio, a livello di impatto e conseguenze per la visibilità) che nemmeno a livello scenografico riesce a risollevare troppo la prestazione visiva e funzionale, a mio modo di vedere la meno convincente dell’intero pacchetto.
Al di là del fattore scenografico, nelle mappe competitive c’è davvero poco di nuovo sotto il sole
Cryogen e Rumble, infine, si distinguono come le più brutali di Black Ops 3 Descent. La prima è ambientata in una struttura-prigione criogenica dal design continuo e vagamente circolare, dove suonano particolarmente distintivi i grandi tubi verticali con i corpi congelati dei criminali dell’arena principale – per ragioni di fascino estetico e per la possibilità di sfruttare le loro curve per le acrobazie in corsa sospesi nel vuoto. Rumble, infine, non si dimostra troppo distintiva a livello di costruzione grafica e sostanza del combattimento, ma può comunque contare su un simpatico background sci-fi (una sorta di Colosseo dove combattono robot giganti del futuro) e sulla particolare violenza degli scontri nello spazio centrale e nei vicoli coperti, dove i riflessi e la pura skill la fanno quasi sempre da padroni.
Il risultato è che non c’è niente di davvero nuovo sotto il sole, e tuttavia almeno in un paio di casi ho apprezzato la quantità di spunti visivi e “strategici” (mettete il termine nel contesto di CoD, naturalmente) delle mappe, al di là del massacro che mi vede protagonista per via dell’esclusiva temporanea di PlayStation 4. Con il pad alla mano sono un discreto cane, e qui è la fiera dei giovinastri che ti saltano addosso da ogni dove.
DRAGHI A STALINGRADO
E con il titoletto, direi che si può andare anche a casa: se è vero che le modalità zombie di Treyarch si sono spesso distinte per le suggestioni dello scenario, il capitolo “Gordo Krovi” prosegue con piglio quasi sbruffone la sua camminata attraverso citazioni videoludiche e cinematografiche. In questo caso, i complicati ricorsi di timeline e personaggi alternativi ci portano in uno dei teatri preferiti della fiction bellica contemporanea, Stalingrado, dove Treyarch ha deciso di esagerare e, fra zombie meccanizzati, robot volanti ed estetica quasi “diesel punk“, ha inserito veri e propri draghi sputafuoco che solcano i cieli incenerendo la già martoriata città sovietica. Tutto il resto equivarrebbe a spoiler, a lato della struttura che rimane grossomodo la stessa – dunque con armi, porzioni e segreti della mappa da sbloccare a colpi di esplorazione e monete guadagnate – e del particolare focus su uno dei personaggi più “borderline” della saga di Origins, ovvero il burbero e “occasionalmente” psicotico Nikolai Belinski. Se cercava un posto in cui sfogarsi, a Stalingrado lo troverà.
Il nuovo DCL di Black Ops III si mantiene in media inglese, compensando la minore caratura di un paio di mappe con i background visivi e la fattura delle altre, così come con il capitolo co-op di Origins più gustosamente esagerato e “pulp” di tutta la saga (ed è un bel dire). Empire e Crygen sono le mappe che svolgono meglio il loro compito sul versante multiplayer, mentre la scelta di una Stalingrado solcata dai draghi si rivela particolarmente adatta allo spirito fuori dalle righe della campagna zombie, con il top del top della sfacciataggine da film della Asylum. Manca ancora, però, un qualsivoglia upgrade per gli Specialisti, quasi a confermare il fatto (al di là di un easter egg su un possibile decimo personaggio, nel primo DLC Awakening) che gli stessi sono stati inseriti per un esperimento prevalentemente “modaiolo”, più che per una reale volontà di seguire quella strada.