Dark Souls Remastered – Recensione

PC PS4 Switch Xbox One

In effetti, come si conviene fra appassionati, il vero primo capitolo è quello che ha dato inizio a tutto, Demon’s Souls, con un’esclusiva PS3 che è sempre rimasta tale. Uscito nel 2009 esclusivamente in Giappone e negli USA, la creatura di Miyazaki presentava un game design punitivo e meccaniche così indecifrabili (alcune sarebbero rimaste tali fino allo spegnimento dei server, avvenuto 9 anni dopo) da essere ritenute troppo hardcore da Bandai Namco, precludendone inizialmente la pubblicazione nel vecchio continente. Il gioco sarebbe uscito anche da noi solo 8 mesi dopo, a fronte di una mozione popolare decretata dall’inaspettato successo al di fuori della terra del Sol Levante.

Il resto fa parte di una storia ancora più nota: nel 2011, Dark Souls ha seguito un iter di pubblicazione molto più tradizionale, con una pubblicazione in contemporanea mondiale per i due maggiori sistemi dell’epoca, PS3 e Xbox360. Dopo un’estenuante attesa durata 12 mesi, a completare l’offerta già ricchissima è arrivato il bellissimo DLC Artorias of the Abyss, uscito quasi contemporaneamente alla Prepare to Die Edition, una specie di GOTY contenente entrambi i prodotti ad un prezzo vantaggioso ed alcune migliorie all’online. Dark Souls Remastered recensione

Il vero primo capitolo è quello che ha dato inizio a tutto, Demon’s Souls, con un’esclusiva PS3 che è sempre rimasta tale

In particolare, questa è stata l’occasione per l’uscita della richiestissima versione PC, ottenuta dagli utenti a colpi di petizioni online e che, tra le altre cose, sarebbe rimasta impressa nella mente di molti come l’ennesimo porting disastroso di un prodotto arrivato da console. Solo il repentino intervento di un volenteroso utente riuscì a mitigare il disastro, con la creazione dell’ormai celebre “DSFix” che ha messo a posto diverse cose, tra cui l’intollerabile e anacronistica risoluzione. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tantissima: i Souls non sono più un’esclusiva console (in tal senso è arrivato Bloodborne, sempre di From Software e Hidetaka Miyazaki, vera e propria killer application per PS4), laddove il secondo capitolo “apocrifo” ha avuto a sua volta una riedizione con i relativi DLC (Dark Souls II: Scholar of the First Sin); la saga è poi diventata una trilogia con un ultimo capitolo strepitoso, quasi a celebrare il dark fantasy psicanalitico dell’autore e gli stilemi del sistema di gioco, dal combattimento fino alla peculiare impostazione del ritorno in partita. Morte e resurrezione, ancora e ancora, con tanti strati di lettura per il gameplay e la criptica trama.

IL SENSO DELLA REMASTERED

Il lungo cappello aveva il solo scopo di evidenziare un contesto già composto di innumerevoli edizioni, purtroppo ancora prive di una degna celebrazione al vero capostipite (Demon’s Souls, appunto). In questo senso, con la scusa della prima pubblicazione per Nintendo Switch, Dark Souls si ripresenta a noi anche su PS4, Xbox One e PC, imponendoci di dare un senso ancora più preciso alla parola impressa dopo il titolo del gioco.

Dark Souls Remastered recensione

Il gioco è sostanzialmente identico alla sua prima iterazione, eventuali glitch compresi, a lato di risoluzione e framerate migliorati

In questo caso, il termine “Remastered” vuol dire tutto e niente. Ci si potrebbe aspettare una vera riedizione che sfrutti appieno le nuove console, una cosa à la Shadow of the Colossus con un comparto tecnico completamente aggiornato, oppure una semplice “HD Version”. Ebbene, l’ago della bilancia sta grossomodo nel mezzo, pendendo per certi versi alla seconda interpretazione: il gioco è sostanzialmente identico alla sua prima iterazione, eventuali glitch compresi, e le poche differenze vanno cercate nella risoluzione a 1080p per PS4 e Xbox One – 4K per sorelle più grandi e PC – nel framerate saldamente ancorato ai 60 fps in tutte le incarnazioni (di sicuro il cambiamento più sostanziale, specie per la famigerata area di Blight Town), oltre che nel miglioramento di alcune trame e degli effetti particellari, ora più dettagliati con l’aggiunta di un marginale aggiornamento del motore di illuminazione. È stato inoltre ottimizzato il netcode, accanto alla modifica della topologia di rete che passa da un’architettura peer-to-peer ad una server-based; il sistema di matchmaking consente ora di creare sessioni private protette da password, feature già introdotta nei capitoli successivi e che era totalmente assente nell’originale, mentre il numero massimo di partecipanti al PvP passa da 4 a 6 e giocatori.

Per quel che riguarda il gameplay vero e proprio, si segnalano alcuni miglioramenti di “quality of life”: è possibile, ad esempio, utilizzare più di un consumabile alla volta, è stato aggiunto un bonfire nelle catacombe nei pressi del fabbro e, una volta sbloccati, è possibile cambiare Patto direttamente ai falò. Infine, come è d’uopo aspettarsi, il DLC fa nuovamente parte dell’offerta. La versione PC è forse quella ad aver giovato maggiormente della riedizione, etichettabile come “il porting che sarebbe dovuto essere fin dall’inizio”; per amor di onestà, va aggiunto che pure in questo caso le migliorie (almeno, rispetto alla la Prepare to Die Edition col DSfix applicato) sono abbastanza trascurabili. È altrettanto necessario, però, precisare che Bandai Namco offre su PC uno sconto di metà prezzo per tutti i possessori dello sfacelo originale, con una mossa di indubbia eleganza.

TUTTI IN GITA A LORDRAN!

Tutti i veterani possono saltare allegramente le prossime righe. Al contrario, per i neofiti può essere utile una descrizione più precisa di Dark Souls: tanto per iniziare, senza impropri spoiler sulla lore (da approfondire con l’amico Sabaku, se volete, sempre presente sulle pagine di TGM), una delle peculiarità dei “Souls” è proprio l’ambientazione particolarmente cupa, con una vicenda articolata al limite dell’incomprensibile, complice un metodo di narrazione che definire “anti-convenzionale” sarebbe quasi riduttivo.LORDRAN

La lore viene raccontata attraverso indizi visivi, dettagli del paesaggio, tooltip degli oggetti raccolti, che siano pezzi di equipaggiamento o consumabili

La lore viene raccontata attraverso indizi visivi, dettagli del paesaggio, tooltip degli oggetti raccolti, che siano pezzi di equipaggiamento o consumabili, affiancati da dialoghi ermetici della rarefatta schiera di PNG. Possiamo ascoltare gli stessi personaggi, prendendo la strada di quest mai comunicate chiaramente, o anche ucciderli per far proprio il loro equipaggiamento, muovendo talvolta la trama verso qualche direzione inaspettata. Dark Souls, insieme alla pletora di seguiti e cloni che ne sono derivati, si configura come un action RPG in terza persona (o uno slasher/ picchiaduro incredibilmente profondo, se volete) molto impegnativo e, allo stesso tempo, ottimamente bilanciato per chi farà proprie le sue intime meccaniche. Passerete gran parte del tempo a girovagare per Lordran, il vasto regno che fa da cornice alle nostre (dis)avventure, uccidendo ed esplorando nell’arduo tentativo di venire a capo della vicenda, spesso alla ricerca delle anime che consentono di evolverci e che, come ormai sanno anche le pietre, rimangono nel luogo dell’uccisione alla morte del PG . Ogni tanto a sbarrarci la strada troveremo qualche boss, vera raison d’être di questo genere di titoli, nella forma di esseri dalle dimensioni, forme e abilità più disparate, capaci di infliggerci dei danni difficilmente mitigabili col solo equip. A seconda della nostra classe e della sua evoluzione, ibrida o canonica che sia, dovremo imparare a menadito tutte le mosse e le varianti durante il combattimento, cosa richiesta – in una forma meno complicata, talvolta anche relativamente semplice – pure dai tanti mob che costellano le ambientazioni, talvolta ostici come boss in virtù di trabocchetti, pattern inaspettati o numero di nemici. Matte risate, insomma.

Altra caratteristica peculiare è la natura “free roaming” dell’esplorazione, sostanzialmente vera anche per questo capitolo: non ci verranno mai date indicazioni precise sul dove andare o come fare qualcosa, dovremo capirlo da soli seguendo gli indizi che Miyazaki ci ha fornito attraverso scenari o NPC, in questo caso con un level design a spirale capace di ritornare quasi sempre nel nucleo dell’ambientazione, praticamente ineguagliato per maestria progettuale. A chi non l’ha mai provato potrà sembrare strano, ma parte del divertimento nei Souls risiede proprio nelle indagini fra detto e non detto, in quella interpretazione di segnali inizialmente incomprensibili che rende strettamente giocabile anche ciò che altri giochi comunicano senza indugio, e che trova in Dark Souls il più importante e insuperato esponente.

Anche in questa sua ultima incarnazione, Dark Souls rimane un capolavoro di game design. Nonostante i miglioramenti tecnici siano risibili, soprattutto su console, la direzione artistica riesce non solo a compensare le lacune, ma perfino a stupire a sette anni di distanza dalla sua uscita. La Remastered è dedicata ai fan duri e puri, per giocarlo a 60 fps e in Full HD (4K su PC, PS4 Pro e Xbox One X) per tutta la sua durata, o anche a chi, per un qualsiasi motivo, non avesse avuto occasione di provare l’originale in passato. Su computer, in particolare, è semplicemente il porting che avrebbe dovuto essere fin dall’inizio.

Condividi con gli amici










Inviare

Pro

  • Capolavoro di game design, per trovare qualcosa di paragonabile ci si può rivolgere al terzo capitolo o a Bloodborne.
  • Framerate solido in qualsiasi situazione.
  • Netcode e opzioni di matchmaking sensibilmente migliorati, bilanciamenti nel PvP.

Contro

  • Quasi una conversione con aggiustamenti essenziali, più che un “Remastered”.
  • Non è nemmeno rifinito come era lecito aspettarsi, specie per i glitch.
8.4

Più che buono

Password dimenticata