Dover giudicare un titolone come Star Wars Battlefront 2 in mezzo alle polemiche non è stata una bella cosa. DICE si è esibita in una grandiosità di contenuti che può anche essere analizzata con piglio severo, mettendo ben in evidenza dove si dimostra stucchevolmente commerciale, ma senza mai perdere di vista il suo pazzesco livello tecnico e la sua corposissima offerta. La sostanza è chiaramente rivolta ai giocatori di sparatutto che sono anche appassionati di Star Wars (o viceversa, cosa che talvolta fa arrabbiare qualcuno), e questo è proprio uno di quei casi in cui le accuse di eccessivo “fan service” avrebbero un senso prossimo allo zero, trattandosi di una logica (peraltro legittima, se il pubblico ha fame di Star Wars) prerogativa del progetto. Sono gli anni dei nuovi Episodi, della gestione Disney e degli spin-off ogni due anni; ergo, continuare a confrontare l’impianto messo in piedi da DICE con i Battlefront di Pandemic diventerebbe uno sterile esercizio. Tutto ciò, chiaramente, dando per scontato che il recensore si sforzi di far capire bene al lettore quali sono gli ingredienti del corso inaugurato due anni or sono, mediamente più leggeri ed estremamente larghi nella gamma di giocatori a cui sono rivolti, quasi al limite della “fruizione universale”.
Non sono questi, però, i crucci su cui si è concentrato il dibattito sul gioco di DICE: a mio modo di vedere, il punto inizialmente più chiacchierato è stato anche il meno rilevante, relativo alla elevatissima quantità di crediti guadagnati in gioco che il sistema richiedeva per gli eroi di alto livello, rispetto al prezzo pieno del titolo e al tempo necessario per procurarseli, con tanto di risposta del publisher, incontenibile pioggia di voti negativi al post e immediata decurtazione delle risorse necessarie da parte di EA (da 60.000 a 15.000, ad esempio, per Darth Vader; per averli tutti bastano oggi una ventina di ore). In altri casi, secondo me con più assennatezza, si è discusso ancora una volta della legittimità di microtransazioni “attive” sulla competizione del multiplayer, foss’anche con vantaggi microscopici, proposti al lancio da Star Wars: Battlefront 2 con grande disinvoltura. Si tratta di una materia spinosa (io e Claudio ne abbiamo parlato qui e qui), che riguarda una parte ormai rilevantissima di prodotti e relativi publisher, e che costringe a scindere il giudizio critico, scegliendo cosa privilegiare tra il lavoro degli sviluppatori e una pratica che viene attuata con modi e forme diverse, talvolta solo cosmetiche o quasi impercettibili nei vantaggi, connessa ad algoritmi di frequenza e casualità che non hanno nulla a che fare con il nocciolo del gioco. Spero solo di non dovermi trovare a decidere troppo spesso, e sono ovviamente contento che la scelta del publisher ci abbia dato ragione sulla scelta di aspettare il giusto tempo prima di tirare le somme.
IL CUORE DI IDEN VERSIO
La scelta di infiocchettare Battlefront 2 con una campagna a singolo giocatore si è dimostrata sostanzialmente fruttuosa, come già era nell’aria ai primi commenti della scorsa estate. La sceneggiatura è firmata, tra gli altri, da Walt Williams, uno degli autori del mai troppo lodato Spec Ops: The Line (davvero uno dei videogiochi più sottovalutati di questo decennio, ndKikko), ed è evidente la capacità di articolare ed elevare vicende che, in mano ad altri, avrebbero potuto rivelarsi la fiera delle ovvietà. Un pochino lo sono comunque, intendiamoci, e la durata dell’avventura non è poi stratosferica (cinque ore circa), ma senza uscire mai dal seminato di dialoghi ben scritti e personaggi azzeccati.
I momenti iniziali sono per emozione e bellezza qualcosa di difficile da descrivere
Sotto il profilo strutturale non c’è moltissimo da aggiungere, al di là del fatto che DICE ha giocato una delle sue carte migliori anche nel singolo, offrendo l’opportunità di guidare svariati camminatori e, soprattutto, di volare ripetutamente a bordo delle iconiche astronavi di Star Wars, perfettamente in linea con le capacità e le scelte di campo della specialista Iden Versio. Lo svolgimento della campagna è del tutto lineare, ma offre fra una missione e l’altra la facoltà di scegliere armi e poteri simili a quelli del multiplayer, acquisiti in particolari casse che fungono anche da postazioni per cambiare equipaggiamento, in caso siano vuote. Nemmeno in questi casi, però, si ha l’impressione che la campagna sia stata costruita con sudditanza al multigiocatore, grazie anche alla buona perizia tecnica con cui ogni componente narrativa è stata amalgamata, magari non ai livelli degli script della concorrenza (molti passaggi sono risolti con sequenze predefinite) ma con un ottimo uso dei larghi orizzonti di Battlefront, attraverso numerosi pianeti e panorami da togliere il fiato. Anche la possibilità di agire in silenzio per alcuni tratti è offerta in modo più che dignitoso, con dialoghi coerenti, reazioni piuttosto solerti e la naturale esaltazione del controllo della protagonista in terza persona, non obbligatorio ma sempre praticabile, o della possibilità di eliminare qualsiasi elemento dell’HUD per ammirare, quando una relativa calma lo consente, la magnificenza della messa in scena.
La campagna va affrontata senza troppe remore
LA POETICA DI UN’ALA-X
Per molti versi, l’esito di Star Wars Battlefront 2 è quello che ci aspettavamo dopo il materiale visto alle fiere, con una breve ma valida campagna e soprattutto con le avvolgenti battaglie spaziali che avevamo visto in azione e che, se possibile, sono risultate ancora più emozionanti. Di fatto, Assalto Caccia Stellari ha in qualche modo raccolto l’eredità della principale modalità del predecessore, con una serie di obiettivi asimmetrici attacco/difesa e una scansione dell’azione dal piglio quasi narrativo (un po’ come, in forma dimensionalmente più contenuta, ha provato a fare Sledgehammer con il War Mod di Call of Duty WWII), ulteriormente esaltato dai ricordi che, chi più chi meno, ci portiamo dietro dai ciclopici scontri tra le stelle della saga. Si trovano quindi tutte le “Ali” dei ribelli, i Tie-Fighter dell’impero e qualsiasi variazione vi venga in mente per le ere di Star Wars, comprese le navi degli Eroi, organizzate in classi di combattimento in modo simile alla controparte “appiedata”, ognuna con tre abilità di base che, nel caso dei velivoli, variano dalle contromisure ai missili a ricerca, dalle raffiche di raggi ai boost di velocità, ampliabili dalle controverse “Carte Stellari” di cui fra poco vi parlerò (vera e propria “pietra della scandalo, almeno fino a qualche giorno fa).
Molto divertente anche la più canonica Assalto Galattico, con diverse mappe interessanti nel disegno e sempre magnifiche nelle scenografie, che tuttavia mi hanno colpito meno nella struttura: un po’ è colpa del primo capitolo, della minor meraviglia nel trovarsi davanti agli attacchi dei Camminatori (o ad alcuni mitologici scenari, doverosamente riproposti) e anche nei dubbi molto simili che il bilanciamento delle partite può sollevare (comunque risolti dai doppi round); allo stesso tempo, però, gli obiettivi in attacco e in difesa sono diventati molto più leggibili, e le mappe presentano un maggior numero di intriganti invenzioni sul piano del level design, come la rete di gallerie parallele sotto la superficie di Hoth. Logica e intelligente, invece, la scelta di agganciare la disponibilità di mezzi o di eroi alla quantità di punti accumulati in partita, in modo da premiare (e far sfogare il ludibrio, come nelle killstreak di Call of Duty) i giocatori più forti. Idem per l’incremento di punteggio se si gioca vicini ai soldati dello stesso scaglione di respawn; molto meno condivisibile, invece, il fatto che non si possa scegliere il punto di ingresso sulla mappa, non dico su tutte ma almeno su una rosa di location “sensate”.
Come nel predecessore, non potevano mancare gli scontri puri e semplici con Eroi e soldati, senza mezzi, oppure le catene di missioni in singolo da affrontare con gli stessi, celebri personaggi, non imprescindibili ma indubbiamente ben gestite nei progressivi livelli di sfida. Al di fuori di questo, però, si entra nel vero argomento della discussione: fino alla recentissima decisione di EA era possibile acquistare con valuta reale i “Cristalli”, per procurarsi casse più o meno costose con contenuti semi-casuali, contenenti a loro volta le abilità già pronte delle Carte Stellari (migliorie prestazionali e particolari armi, stringendo al massimo), “pose eroiche” per fare gli smargiassi e un’ulteriore risorsa, i Punti Creazione, per decidere autonomamente quali potenziamenti sbloccare. I vantaggi pay-to-win erano tenuti a freno da una serie di Tier ben definiti, con le annesse richieste di “Livello Carta” (la normale crescita delle classi, valida per tipologie di soldati, eroi e velivoli) per non consentire l’immediata scalata alle massime soglie; il tentativo, però, è stato comunque recepito dai giocatori – e da una piccola porzione della stampa, di cui facciamo parte – come un’eccessiva mistificazione dell’impianto competitivo, non proponendo varianti estetiche ma solo poteri attivi sullo schema di gioco.
rimane il cruccio di un sistema di crescita eccessivamente casuale
Alla fine, la quadratura del cerchio su Star Wars: Battlefront 2 è quella che avrebbe dovuto essere dall’inizio, senza la complicazione del pay-to-win: un ottimo gioco con un sistema di crescita alquanto discutibile, nonché modaiolo. La campagna, pur se limitata in durata e originalità, è ben scritta e piena di sequenze da brividi, e le battaglie fra astronavi sono quanto di meglio il nuovo corso della serie potesse offrire, grazie al miglioramento dello schema a obiettivi e a uno spettacolo che magari non sarà il massimo della limpidezza competitiva, ma vale per divertimento ed emozioni la metà del prezzo del biglietto. Resta, appunto, un pochino di amarezza per la struttura di progressione eccessivamente fondata sulla casualità, fin troppo frequente nei blockbuster di ultima generazione, mitigata in questo caso da fattori graditi (i Tier di rarità, i Punti Creazione) ma non del tutto sufficienti. Per il resto, non credo di stupire nessuno se dico che Star Wars Battlefront 2 è diventato un gioco migliore senza microtransazioni… ma guarda un po’.